Nuova modifica per l'organizzazione della 5esima Conferenza delle parti della Convention on biological diversity
Rapporto Wwf: 39 milioni di nuovi posti di lavoro se i governi la smettono con i sussidi dannosi per l’ambiente
Riorientare questa spesa verso pratiche sostenibili ridurrà l'impatto sulla biodiversità e aiuterebbe a passare a un'economia nature-positive
[19 Agosto 2021]
In vista dell’Open-Ended Working Group (OEWG-3) che si terrà dal 23 agosto al 3 settembre e che preparerà la 15esima Conferenza delle parti della Convention on biological diversity (COP15 Cbd) che dovrebbe approvare il Post-2020 global biodiversity framework, il nuovo rapporto “Halve Humanity’s Footprint on Nature to Safeguard our Future” commissionato dal Wwf a Dalberg Advisors, dimostra con un modello come «39 milioni di posti di lavoro potrebbero essere creati se i 500 miliardi di dollari, che i governi spendono ogni anno in sussidi dannosi, venissero dirottati verso un impiego positivo per la natura, che migliori le condizioni in cui sono i sistemi naturali».
Causa Covid, l’organizzazione della COP15 Cbd ha subito una nuova modifica e ora è prevista in due parti: virtualmente dall’11 al 15 ottobre prossimi e di persona dal 25 aprile all’8 maggio 2022 a Kunming, in Cina. I meeting finali del Subsidiary Body on Scientific, Technical and Technological Advice (SBSTTA), del Subsidiary Body on Implementation (SBI) e dell’Open Ended Working Group (OEWG) si terranno di persona nel gennaio 2022 in Svizzera.
Il direttore generale del Wwf International, Marco Lambertini, sottolinea che «Agire per evitare il collasso degli ecosistemi e l’aggravarsi della crisi climatica è l’imperativo dei nostri tempi, ma i governi spendono almeno 500 miliardi di dollari l’anno in sussidi per attività come l’agricoltura insostenibile o la pesca eccessiva che danneggiano la natura, con conseguenze disastrose per la società, l’economia e il nostro stesso benessere. Non solo riorientare questa spesa verso pratiche sostenibili aiuterebbe a ridurre l’impatto sulla biodiversità, ma ci aiuterebbe anche a passare a un’economia nature-positive, positiva per la natura e a cambiare i nostri attuali modelli di produzione e consumo assolutamente insostenibili. Reindirizzando queste risorse – e il mondo con la sua risposta alla crisi da Covid-19 ha mostrato che sono possibili significativi cambiamenti finanziari – potremmo innescare, inoltre, un circolo virtuoso in grado di produrre 10.000 miliardi di dollari di valore annuale e 400 milioni di posti di lavoro dedicati a una nuova economia nature positive».
Nel 2020, il Future of Nature and Business Report del World economic forum ha previsto che le soluzioni “nature-positive” potrebbero creare 395 milioni di posti di lavoro entro il 2030 e 10.100 miliardi di dollari in opportunità commerciali. Diversi paesi hanno già intrapreso giuste transizioni verso un’economia positiva per la natura che offrono preziose lezioni e sono di ispirazione.
Il nuovo rapporto del Wwf prevede che «Distribuire questo stimolo tra i Paesi in modo equo – cioè in base alla popolazione, non alla loro forza economica – creerebbe quasi il doppio dei posti di lavoro se invece si agisse altrimenti (39 milioni contro 20 milioni). Uno stimolo equo contribuirebbe a proteggere maggiormente la biodiversità e aiuterebbe a creare percorsi di crescita verde per i paesi meno sviluppati».
Il Wwf ricorda che la COp15 Cbd dovrebbe tenersi a ottobre a Kunming, in Cina, ma che «Si prevede che la fine dei negoziati e l’adozione degli accordi sia rimandata a quando saranno possibili le riunioni in presenza, auspicabilmente entro il 2022. La necessità di raggiungere un accordo per fermare e invertire la perdita di natura entro il 2030 non è mai stata così urgente». Ma il Panda internazionale è preoccupato perché pensa che «Il mondo non stia riuscendo a rispondere adeguatamente alla crisi dei sistemi naturali, pregiudicando anche la nostra capacità di affrontare l’emergenza climatica e mettendo in pericolo le risorse da cui tutti dipendiamo, nonché la nostra stessa sopravvivenza.
Più della metà del PIL mondiale – 44 mila miliardi di dollari – dipendente in qualche modo dalla natura. Il cambiamento ambientale globale mette a rischio quasi 10.000 miliardi di dollari entro il 2050 e potrebbe provocare un aumento dei prezzi su larga scala per le principali materie prime come, tra le altre, il legno e il cotone. Per esempio, la deforestazione delle foreste tropicali rischia di alterare significativamente il ciclo delle piogge, aumentando drasticamente la scarsità d’acqua nelle regioni colpite. Allo stesso modo, la distruzione delle barriere coralline (per esempio, attraverso la pesca a strascico e il riscaldamento degli oceani) mette a rischio habitat cruciali per la rigenerazione degli stock ittici globali».
Secondo Lin Li, direttrice politica globale e advocacy del Wwf International, «I prossimi negoziati offrono l’opportunità ai leader mondiali – ottantanove dei quali, tra cui l’Italia, hanno approvato il Leaders’ Pledge for Nature che si impegna a invertire la perdita di biodiversità entro il 2030 – di fare un passo avanti e mantenere i loro impegni, incaricando i loro negoziatori di assicurare un risultato veramente trasformativoLa bozza su cui si sta lavorando contiene molti degli elementi necessari per un accordo di successo a favore della natura, ma non riesce ad affrontare adeguatamente gli aspetti più rilevanti della perdita di biodiversità, soprattutto quelli derivanti dai nostri sistemi alimentari distruttivi. Le misure di conservazione da sole non ci daranno un mondo nature-positive. Per questo il Wwf chiede ai Paesi di compiere un passo decisivo dimezzando l’impronta della produzione e del consumo entro il 2030 e garantendo in questo modo un futuro in cui si limiti a contenere i danni alla natura, ma che la salvaguardi attivamente e ne migliori lo stato per le generazioni future».
E il nostro Paese è particolarmente interessato, visto che l’ultimo “Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia” presentato ad aprile dal ministero della Transizione ecologica dimostra che «Il valore complessivo dei sussidi favorevoli alla biodiversità ammonta a 12,5 miliardi di euro», mentre i sussidi dannosi alla biodiversità arrivano a «28,8 miliardi di euro». Quindi, l’Italia destina ai sussidi dannosi per il capitale naturale oltre il doppio dei sussidi per tutelarlo e di questi sussidi dannosi «l’84,3% (86 su 102) favorisce l’inquinamento e l’eutrofizzazione, come nel caso degli incentivi ai trasporti, ai fertilizzanti e fitosanitari, all’agricoltura intensiva e allo smaltimento dei rifiuti; il 76,5% (78 su 102) è climalterante poiché incentiva le fonti fossili di energia e i trasporti privati; il 51% (52 su 102) incentiva il consumo di suolo e la frammentazione ed è causa di perdita di habitat come, ad esempio, nel caso della coltivazione delle biomasse o della nuova edilizia; il 33,4% (33 su 102) sostiene il sovrasfruttamento delle risorse, come nel caso degli incentivi alle attività di estrazione delle materie prime, le agevolazioni fiscali sul canone dell’acqua e il sostegno alla pesca; infine, il 19,6% (20 su 102) è potenzialmente impattante per la diffusione di specie invasive aliene come gli incentivi al commercio internazionale e l’agricoltura intensiva».
Il Wwf ritiene che «Dimezzare l’impronta dell’umanità sugli ecosistemi e le risorse naturali sia un passo cruciale per permettere di ridurre la domanda di capitale naturali. Questo permetterebbe di costruire una nuova economia globale dove possano prosperare sia l’umanità sia la natura».
Per raggiungere questo traguardo entro il 2030, il nuovo rapporto raccomanda che i governi realizzino politiche catalizzatrici in tre grandi aree: 1. Riconoscere il valore del capitale naturale e fermare lo sfruttamento eccessivo. 2. Rendere sostenibili e sane la produzione alimentare e le diete, creando un sistema alimentare a spreco zero. 3. Integrare modelli di business circolari e rigenerativi.
Oltre a chiedere un passo decisivo per dimezzare l’impronta della produzione e del consumo entro il 2030, il Wwf sta chiedendo ai Paesi di tutto il mondo di «Aumentare drasticamente le loro ambizioni e nel perseguire l’obiettivo di un’inversione della perdita di biodiversità in modo da garantire un mondo nature-positive nel prossimo decennio».
Il Wwf International «Accoglie con favore l’inclusione di un obiettivo di tutela del 30% delle aree terrestri e marine entro il 2030, presente nell’attuale bozza di testo del nuovo accordo globale sulla biodiversità – che deve essere affiancato da un approccio che rispetti e garantisca i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali – ma nel contempo chiede ai negoziatori di porre l’accento sul rafforzamento significativo dei meccanismi di attuazione contenuti nella bozza di accordo, affinché questo. una volta adottato, sia veramente efficace».