Rapporto Ispra: in Italia transizione ecologica aperta. Dove è già cominciata e dove no

Wwf: conferma il primato dell’impatto ambientale dell’agricoltura nel nostro Paese

[14 Dicembre 2021]

L’Immagine dell’Italia che emerge dal Il rapporto  “Dove va l’ambiente italiano” presentato ieri alla Camera dei deputati  dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale è «La fotografia di un Paese in movimento, tra passato e futuro, Un paese coperto quasi al 40% da foreste, più di Germania e Svizzera, e che ha visto crescere le aree protette di terra e di mare fino al 20% del territorio nazionale. Si riducono le emissioni di gas serra, calate del 19% negli ultimi 30 anni, come anche le principali fonti di inquinamento atmosferico. Preoccupano però l’ozono, la situazione dei grandi centri urbani e la Pianura Padana. Non dà tregua l’aumento delle temperature dal 1985, si aggravano le isole di calore nelle città».

Avanza la transizione energetica: «In 15 anni diminuito del 18% il fabbisogno di energia rispetto al picco del 2005 e più che raddoppiati i consumi da fonti rinnovabili (19%), ma se l’industria è avanti, c’è ancora tanto da fare per trasporti e usi residenziali». Passi avanti anche per l’economica circolare: «L’economia usa sempre meno risorse naturali, la raccolta differenziata continua ad aumentare e si riduce sempre più il conferimento in discarica».

La transizione è invece all’anno zero per il consumo di suolo: «60 chilometri quadrati ancora perduti ogni anno ovvero 15 ettari al giorno. Italia paese ricco di acqua, ma tra Valle d’Aosta e Puglia oltre 1000 mm/anno di differenza nelle precipitazioni. Il mare tra le matrici ambientali più sotto stress: costoso da monitorare e controllare, eccessivo lo sfruttamento della pesca, invaso dalla plastica. Biodiversità italiana sotto attacco delle specie aliene, aumentate del 96% in 30 anni (la media UE è 76%)».

Il Wwf è rimasto colpito soprattutto dal capitolo che va da pagina 75 a pagina 107 del rapporto  che  confermerebbe che «L’agricoltura e l’allevamento sono la più forte pressione sull’ambiente nel nostro Paese, oltre che la prima minaccia alla nostra biodiversità»

Infatti, secondo il rapporto Ispra «Il grande problema della produzione del cibo è la competizione con la natura selvatica per una risorsa fondamentale: il territorio. Per fare agricoltura bisogna infatti eliminare un ecosistema naturale, con le sue piante e i suoi animali, e sostituirlo con un ambiente artificiale, semplificato, che va poi difeso dai tentativi della natura di riprenderne possesso con l’aratura e l’uso di pesticidi ed erbicidi. Dopo il raccolto, viene ripristinata la fertilità del suolo con i fertilizzanti». Tutto questo richiede energia da fonti fossili che contribuiscono al cambiamento climatico.

Il Wwf evidenzia che il rapporto Ispra non lascia dubbi: «In passato, un’agricoltura poco produttiva ha costretto a sottrarre alla natura gran parte dei nostri boschi e quasi tutti gli ambienti umidi, come le grandi paludi nella Pianura Padana e lungo le coste. Oggi l’agricoltura intensiva è in grado di produrre molto più cibo sulla stessa terra e ha già restituito molti territori al bosco, soprattutto in collina e in montagna, ma dove viene praticata ha spesso un impatto molto forte sull’ambiente. La stessa cosa è avvenuta con l’allevamento intensivo: da una parte i pascoli abbandonati sono tornati al bosco, ma dall’altra gli allevamenti intensivi sono molto inquinanti, mentre la produzione di mangimi richiede che moltissima terra coltivabile venga dedicata a questo scopo».

Il Panda italiano ricorda che «In Italia si usano 114.000 tonnellate l’anno di pesticidi, che rappresentano circa 400 sostanze diverse. Gli indicatori europei che misurano l’uso e il rischio dei pesticidi mostrano continui progressi, a partire dal 2011 la riduzione complessiva del rischio in Europa è stata del 21%, mentre in Italia si è fermata al 15%.

Se da una parte continua la diminuzione dei residui di pesticidi nel cibo che mangiamo (nel rapporto del Ministero della Salute del 2020, su dati del 2018, solo nello 0,8% dei 12.000 campioni effettuati sono stati trovati residui superiori alla norma, contro il 2,5% della media europea) dall’altra aumenta in modo significativo l’inquinamento da pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee. Nel 2019 le concentrazioni misurate di pesticidi hanno superato i limiti previsti dalle normative nel 25% dei siti di monitoraggio per le acque superficiali e nel 5% di quelli per le acque sotterranee. Ma ISPRA sottolinea che la contaminazione rilevata è ancora sottostimata, a causa delle difficoltà tecniche e metodologiche, anche se negli anni l’efficacia del monitoraggio sta migliorando in relazione alla copertura territoriale, al numero di campioni analizzati e alle sostanze cercate».

Ma per il Wwf Parlamento e Governo «Non sembrano in grado di fornire strumenti adeguati per trovare efficaci soluzioni a questa grave situazione, con l’agricoltura ancora una volta sotto accusa per il suo elevato impatto sull’ambiente e sulla biodiversità. Il nuovo Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari è praticamente scomparso, dopo la scadenza nel febbraio 2019 del Piano precedente, la Legge nazionale sull’agricoltura biologica è ferma alla Camera dei Deputati e rischia di non essere approvata prima del termine della Legislatura, il Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022 con il quale il nostro Governo e le Regioni devono programmare l’utilizzo di 51 miliardi di euro fino al 2027 è assolutamente inadeguato per sostenere una vera transizione ecologica della nostra agricoltura. A fronte dei dati preoccupanti presentati dal rapporto Ispra è evidente l’assenza di volontà dei nostri decisori politici a mettere in campo soluzioni efficaci per risolvere i problemi causati da una agricoltura sempre meno sostenibile».

L’associazione ambientalista chiede alla politica «Un maggiore impegno per rendere la nostra agricoltura davvero più sostenibile e non fare solo greenwashing».

Presentando il rapporto Stefano Laporta, presidente Ispra ed Snpa, ha detto che è «Un’edizione pensata per poter raggiungere tutti, con un linguaggio ed una veste grafica facilmente fruibili e facilmente comprensibili. Siamo convinti che la transizione ecologica, così come il PNRR, sia un percorso complesso che ha bisogno del coinvolgimento di tutti, e per far questo tutti devono poter disporre di dati solidi che consentono di conoscere lo stato del nostro ambiente e gli scenari che si prospettano. Il confronto con l’Europa ci vede virtuosi in alcuni settori, meno virtuosi su altri; dobbiamo continuare a lavorare per migliorare gli ambiti per noi più sotto pressione, come il mare e le coste, avendo come costante riferimento l’Europa, in linea con l’European Green Deal adottato dalla Commissione».

Alessandro Bratti, direttore generale dell’Ispra, ha concluso: «Dall’ultimo rapporto Ispra emerge un quadro che ci indica come il Paese sia già sulla strada per raggiungere obiettivi per uno sviluppo più sostenibile Oggi assistiamo ad un’accelerazione di questo percorso. Emergono anche situazioni quale il consumo di suolo, dissesto idrogeologico, inquinamento delle matrici ambientali che devono continuare ad essere continuamente monitorate anche attraverso le nuove tecnologie per l’osservazione della terra».