Probiotici per i coralli: aumentano la resilienza e prevengono la mortalità da sbiancamento

«I microbi governino il mondo perché forniscono il ciclo di nutrienti da cui dipendono tutte le forme di vita per la loro sopravvivenza»

[19 Agosto 2021]

A causa del riscaldamento degli oceani e del cambiamento climatico, in tutto il mondo sempre più barriere coralline soffrono di sbiancamento e mortalità di massa, ma il nuovo studioCoral microbiome manipulation elicits metabolic and genetic restructuring to mitigate heat stress and evade mortality”, pubblicato su Science Advances  da un team internazionale di ricercatori guidato da Raquel Peixoto ed Helena Villela della King Abdullah University of Science and Technology (KAUST), rappresenta una buona notizia perché dimostra che «I probiotici sono utili protagonisti nel migliorare la salute dei coralli e prevenire la mortalità di fronte a fattori di stress ambientali».

In fatti, lo studio rileva che «I Beneficial Microorganisms for Corals (BMC) aiutano i coralli a riprendersi dallo stress termico in diversi modi, principalmente stimolando i processi immunitari che li aiutano a ricostruire il loro microbioma ambientale e a compensare i sintomi del disturbo da stress (PHSD) post-caldo guidati dallo stress termico».

Gli autori dello studio spiegano che «Le alghe fotosintetiche che vivono nei polipi dei coralli producono oltre l’80% dei composti di carbonio che i coralli usano come fonte di energia. Danno ai coralli anche il loro colore caratteristico. In cambio, i coralli forniscono protezione e nutrienti. Questa relazione simbiotica è il fondamento degli ecosistemi della barriera corallina e aiuta a mantenere le barriere coralline in equilibrio. Lo sbiancamento dei coralli è un fenomeno terribile che affligge le barriere coralline di tutto il mondo. Gli scienziati teorizzano che le alte temperature e la luce danneggiano l’apparato fotosintetico delle alghe, inducendole a produrre elevate quantità di specie reattive dell’ossigeno (ROS), che sono altamente reattive e tossiche sia per le alghe che per i coralli ospiti. In queste circostanze, i coralli possono espellere le alghe. Se lo fanno, l’energia (e il colore) dei coralli si esaurisce e, se le condizioni persistono, muoiono lentamente di fame. Lo sbiancamento è un segnale di questo processo. A seconda della durata dell’evento termico e del miglioramento delle condizioni, le alghe ritorneranno o meno».

Il nuovo studio descrive dettagliatamente la ricerca condotta all’Universidade Federal do Rio de Janeiro (UFRJ), dove prima lavoravano la Peixoto e la Villela, e comprende i dati analitici prodotti da test successivi al effettuati al KAUST Red Sea Research Center ed è il primo del suo genere a dimostrare che «La “medicina” probiotica può proteggere i coralli sbiancati dalla morte».

Anna Marsden, amministratrice delegata della Great Barrier Reef Foundation che ha finanziato in parte la ricerca, ha sottolineato che «La scienza pionieristica come questa fornisce speranza per il futuro della Grande Barriera Corallina e delle barriere coralline a livello globale, che stanno subendo una crescente pressione da parte dei cambiamenti climatici».

La Peixoto ritiene che I probiotici facciano guadagnare ai coralli il tempo di riprendersi, in modo che le alghe rimangano per un periodo di tempo più lungo o ritornino più rapidamente dopo un evento di sbiancamento». Per prima cosa ha concepito l’idea di utilizzare i probiotici per proteggere i coralli sulla base dei risultati della ricerca di un precedente progetto in Brasile, guidato da Alexandre Rosado  (anche lui ora alla KAUST), il dottor, che prevedeva “aiuti” agli ecosistemi di mangrovie per riprendersi dalle maree nere di  petrolio e che ha sviluppato pillole probiotiche da batteri vegetali che degradano il petrolio e che le radici delle piante potrebbero assorbire attraverso il sedimento. Con  grande sorpresa di Rosado, la formula non solo distrusse il petrolio, ma fece crescere le piante più forti e più velocemente: «Sapevo che le pillole che abbiamo selezionato potevano degradare il petrolio, ma sono rimasto stupito dalla misura in cui hanno anche promosso la crescita ormonale e le risposte immunitarie nelle piante. Sulla base del recupero delle piante, mi sono chiesto se i probiotici potessero fare lo stesso per i coralli. All’epoca non esisteva alcuna letteratura su come manipolare i batteri benefici dei coralli, che sono diversi da quelli delle piante. Non esisteva una ricetta per seguirmi. Quando non riuscivo a trovarlo in letteratura, ho deciso di crearlo».

Lo studio si è concentrato sulla Mussismilia hispida, una specie di corallo endemica del Brasile, e ha dimostrato che «I coralli cambiano la loro associazione batterica quando sono esposti a diverse condizioni ambientali». Sulla base delle loro scoperte, i ricercatori hanno creato un potente probiotico utilizzando il corallo stesso e i microbi associati. Per farlo, hanno macinato i frammenti di corallo e li hanno immersi in una soluzione di acqua di mare, un processo che ha rilasciato i batteri che vivono nei tessuti, nello scheletro e in altri compartimenti del corallo. Da questo “succo di corallo”, hanno isolato e studiato centinaia di ceppi di batteri per capire il loro potenziale genetico e metabolico per fungere da BMC. Il team ha quindi selezionato 6 di questi ceppi con i tratti ritenuti migliori per attivare le risposte immunitarie naturali dei coralli. »Ad esempio – spiegano alla KAUST – alcuni batteri sono antagonisti naturali dei patogeni; altri, sono in grado di eliminare e degradare i ROS, riciclare l’azoto o generare nutrienti per i coralli. Questi tratti sono vantaggiosi in una formula BMC. I migliori ceppi di batteri comprendono la formula probiotica, così come funghi e lieviti, anch’essi parte del microbioma del corallo». Secondo la Peixoto «Una formula olistica fornisce ai coralli tratti sostanziosi per tamponare i traumi da caldo e sopravvivere».

Lavorando in acquari controllati con due gruppi di coralli – quelli inoculati con probiotici e quelli con un placebo – gli scienziati hanno esposto i coralli allo stesso grado di stress termico. All’inizio, tutti i coralli inizialmente si sono sbiancati e hanno mostrato segni di infiammazione, ma «Quelli con BMC sono sopravvissuti e si sono ripresi; quelli senza, sono morti».

La Peixoto ha commentato: «C’era una differenza significativa nell’espressione di tratti genetici specifici quando abbiamo confrontato i due gruppi. Dalla risposta fisiologica, abbiamo potuto vedere che tutti i coralli hanno subito un certo grado di stress termico, ma quelli inoculati con BMC si sono ripresi e sono tornati al loro stato originale, con risultati simili ai coralli che non erano stati affatto esposti. I coralli che non hanno ricevuto BMC hanno subito gravi danni o alla fine sono morti. Questi risultati indicano che i probiotici dei coralli aumentano il recupero dei coralli e la loro probabilità di sopravvivere allo stress da caldo».

Mappando e confrontando i cambiamenti tra i due gruppi di coralli, i ricercatori hanno potuto vedere anche cambiamenti a livello cellulare, come il modo in cui hanno risposto i lipidi, le membrane e altre strutture coralline. La Peixoto  fa notare che «In questo modo, il metabolita risulta allineato ai dati fisiologici. I probiotici hanno aumentato di oltre il 40% la stabilità complessiva e la sopravvivenza nella relazione simbiotica tra alghe e corallo ospite».

E secondo un altro autore dello studio, Christian Voolstra dell’Universität Konstanz –  che ha sviluppato i quadri analitici per lo studio e ha contribuito all’interpretazione dei dati –  «E’ questo allineamento dei dati su tutti il livelli che rende lo studio fondamentale. Lo studio è notevole per dimostrare ciò che chiamiamo riprogrammazione genetica. Con questo non intendo dire che stiamo modificando i geni, al contrario. Piuttosto, stiamo prendendo in prestito microbi benefici che si sono evoluti in armonia con la barriera corallina e li stiamo offrendo ai coralli. I microbi selezionati non stanno sovrapponendo le loro funzioni a quelle dell’ospite; stanno spingendo il corallo ad apportare cambiamenti benefici a livello genetico. Questa è una comprensione chiave dei  meccanismi alla base dei probiotici dei coralli che prima non era nota».

Al KAUST, incoraggiati dai dati dello studio brasiliano, la Peixoto e il suo team hanno esteso l’esperimento per includeno la Pocillopora verrucosa, una specie di corallo duro comune nel Mar Rosso e in altre barriere coralline del mondo e spiegano che hanno scelto questa specie per una serie di motivi: «La sua sequenza genomica è già nota; abbiamo precedentemente lavorato su questa specie in esperimenti in vasca; cresce velocemente ed è abbondante nel Mar Rosso;  la letteratura su di lei è ampiamente disponibile. A questo proposito, Pocillopora è un organismo modello da studiare. Il processo di creazione dei probiotici per la Pocillopora del Mar Rosso è lo stesso di quello utilizzato per M. hispida , solo che provengono dai  microrganismi della Pocillopora  e da materiale isolato dal Mar Rosso».

Il KAUST ha completato la fase sperimentale e gli scienziati si stanno preparando a testare i probiotici sui coralli viventi nel Mar Rosso utilizzando approcci pilota controllati ed evidenziano che «Sarà la prima volta che verrà condotto un esperimento di questo tipo nel laboratorio naturale del mare».

La principale autrice dello studio, la microbiologa dell’ UFRJ Erika Santoro, ha una notevole esperienza nelle interazioni ospite-microbioma e il suo contributo alla ricerca si è concentrato sull’analisi e sulla selezione dei ceppi da utilizzare nel probiotico e, successivamente, sulla valutazione del comportamento dei coralli. Ora spiega: «Lavorare con i sistemi biologici è impegnativo e talvolta porta risultati inaspettati; le cose possono andar male, ma le cose possono anche andar bene. Quando vedi dagli esperimenti che il nostro duro lavoro ha effettivamente aiutato i coralli a sopravvivere, è la sensazione migliore e vale tutte le lunghe ore spese. Ecco perché sono diventata una scienziata».

La Peixoto ha selezionato un sito marino vicino al KAUST dove Pocillopora è la specie corallina dominante e con qualità adatte a replicarsi nei controlli: piccole macchie di coralli, o mini reef, per controllare meglio l’inoculazione e monitorarla nel tempo. I probiotici batterici verranno inoculati sotto forma di pillole, o perline, con i batteri sani imprigionati all’interno. Gli scienziati distribuiranno le perline ai coralli designati. Si dissolveranno lentamente nel mare salato, rilasciando i microrganismi in una nuvola di probiotici che poi i coralli assorbiranno. Il trattamento è previsto per i prossimi giorni.

La Villela, che ha lavorato con la Peixoto in Brasile sul progetto di degradazione del petrolio e sui successivi studi sui coralli, è ottimista: «Portare la nostra ricerca in mare è un passo enorme per noi e siamo preparati. Il sito sperimentale è ben documentato, ben controllato e tutti i coralli sono stati etichettati. Entrambi i  nostri approcci di misurazione del trattamento e post-trattamento sono unici perché tengono conto più della salute del corallo; considerano l’olobionte totale:  i microrganismi in associazione con il corallo, cioè le alghe, i funghi, i batteri e altri microbi che ci vivono. Un microbioma sano indica un olobionte sano, il che probabilmente si rifletterà in una barriera corallina sana».

Attualmente, la frequenza con cui i coralli dovranno essere inoculati dopo l’esposizione iniziale è sconosciuta e la Peixoto conclude: «Stiamo studiando se le vaccinazioni possono promuovere un cambiamento epigenetico o un qualche tipo di adattamento che potrebbe essere permanente e trasmesso alla generazione successiva. Qualora gli approcci pilota si dimostrassero sicuri ed efficienti, spero di espandere il progetto su scala più ampia alle barriere coralline del Mar Rosso e anche a quelle di altre parti del mondo. Se i batteri di una specie di corallo nell’ambiente del Mar Rosso agiranno o meno sullo stesso corallo in un ambiente diverso è una domanda alla quale io e il team speriamo  di rispondere. E’ un’area esplorativa non sviluppata, ma è possibile. Abbiamo l’obiettivo di selezionare i probiotici che possono essere utilizzati in luoghi diversi con specie diverse, ma dobbiamo iniziare lentamente, comprendendo prima gli effetti dei probiotici sulla barriera corallina locale e sul suo microbioma. Fa parte del nostro quadro di sviluppo di tecniche sostenibili e intelligenti per muoversi in modo sicuro e responsabile. Se funziona, allora partiamo da qui. Penso davvero che i microbi governino il mondo perché forniscono il ciclo di nutrienti da cui dipendono tutte le forme di vita per la loro sopravvivenza».