Plastiche e microplastiche in mare: aumentano nelle aree estreme e sono stabili sulle coste

Da dove vengono e come si degradano e si spostano in mare le plastiche e microplastiche?

[15 Marzo 2021]

Secondo lo studio “Are litter, plastic and microplastic quantities increasing in the ocean?”, pubblicato su Microplastics and Nanoplastics da un team di ricercatori guidato dal francese Francois Galgani di Ifremer e al quale hanno partecipato anche ricercatori italiani dell’Istituto di scienze polari del Cnr (Cnr-Isp), «I rifiuti di plastica e microplastica nell’oceano stanno aumentando nelle aree estreme mentre sono stabili sulle coste più antropizzate, nonostante le previsioni di aumento complessivo. Segno della necessità di studiare meglio i fenomeni di provenienza, degrado e spostamento di questi rifiuti, dovuti anche ad azioni in apparenza innocue, come il lavaggio di capi di abbigliamento».

Al Cnr-Isp  spiegano che «Il trend e il ciclo dei rifiuti di materiali plastici riversati nell’ambiente marino rimangono ancor oggi importanti domande senza risposta. Infatti, sebbene sia acclarato che vaste quantità di plastica entrano nell’oceano ogni anno, insieme ad altri rifiuti, rimane difficile valutare le tendenze effettive del loro flusso, poiché non ci sono stime affidabili né per la quantità sedimentata nel fondo marino, né per l’input di microplastiche che avviene attraverso la deposizione atmosferica. Inoltre, le fonti di provenienza sono troppo numerose e ancora non del tutto definite».

Uno degli autori dello studio, Maurizio Azzaro, responsabile della sede Cnr-Isp di Messina. Ricorda che «In mare le plastiche galleggianti si frammentano gradualmente in particelle più piccole. Particolarmente preoccupanti sono le microplastiche, particelle di dimensione tra 1 micron e 5 millimetri, il cui impatto sull’ecosistema marino è ancora oggetto di ricerca a uno stadio iniziale. E’ comunque confermato da diversi studi scientifici il passaggio nella rete alimentare delle microplastiche, ritenute una delle sei emergenze mondiali dell’ambiente, con forti ripercussioni sulla salute umana».

Ma da dove provengono le microplastiche che poi ritroviamo in mare? Azzaro risponde: «Basti considerare che ogni volta che laviamo un pile o qualunque indumento contenente fibre sintetiche, queste vengono veicolate dagli scarichi nell’ambiente marino. Questa azione che a noi risulta naturale provoca enormi danni all’ambiente, ancor più se commessa in ambienti estremi dove sono ubicate le basi scientifiche polari».

Infatti, dallo studio viene fuori che, mentre nelle zone costiere la quantità di rifiuti plastici è rimasta costante negli ultimi anni, fino al 2019, in aree remote se ne osserva un aumento.

Azzaro conclude: «Questo potrebbe essere interpretato come un trasferimento a lungo termine di rifiuti, dalle aree urbanizzate colpite più direttamente alle regioni in cui l’attività antropica è estremamente ridotta o assente. Tuttavia, mentre la quantità totale globale di rifiuti di plastica è prevista dai modelli in aumento, la situazione apparentemente stazionaria delle quantità nei sistemi costieri pone una sfida alla nostra capacità previsionale. Le domande sul destino dei rifiuti plastici, su come si degradano e si spostano in mare non hanno avuto una risposta completa e nel prossimo decennio, dedicato dalle Nazioni Unite alle scienze oceaniche, questa dovrebbe essere sicuramente una priorità».