Piante marine e costiere: quando la vicinanza non è concorrenza, ma aiuta la crescita
Due studi dell’università di Pisa: proteggere l’ambiente marino e costiero con soluzioni ottimali “secondo natura” che massimizzano le interazioni positive tra piante e riducono quelle negative
[29 Novembre 2021]
Lo studio “Managing biotic interactions during early seagrass life stages to improve seed-based restoration” pubblicato sul Journal of Applied Ecology” e il nuovo studio “Harnessing spatial nutrient distribution and facilitative intraspecific interactions in soft eco-engineering projects to enhance coastal dune restoration” pubblicato su Ecological Engineering e realizzati entrambi da un team di ricercatori dell’università di Pisa, hanno riguardato la Posidonia oceanica, una specie chiave dell’ecosistema marino costiero, e lo sparto della sabbia (Ammophila arenaria) e la gramigna delle spiagge (Agropyron junceum), specie utili per il ripristino dei sistemi dunali degradati.
Gli scienziati pisani ricordano che «Aiutare l’ambiente secondo natura, capire con che strategie gli ecosistemi si preservano e intervenire di conseguenza. La nuova frontiera della ricerca per proteggere gli habitat a rischio sono le cosiddette ‘Nature-based solutions’». I due nuovi studi, che si sono ispirati a questi principi hanno fatto emergere che «Per esempio che la vicinanza fra piante non sempre genera concorrenza, ma può essere una buona strategia per aumentarne crescita e sopravvivenza».
Gli esperimenti sono stati condotti in nella zona costiera di Vada (Livorno) e in un vivaio marino sperimentale allestito presso l’INVE Aquaculture Reserch Center di Rosignano Solvay e i ricercatori hanno utilizzato un sistema che hanno appositamente sviluppato e brevettato come università di Pisa per la coltivazione di piante marine. Hanno collaborato ai due studi i dipartimenti di biologia e di scienze della Terra, e il Centro per l’integrazione della strumentazione scientifica (CISUP) e il Centro interdipartimentale di ricerca per lo studio degli effetti del cambiamento climatico (CIRSEC).
I ricercatori evidenziano che «Nel caso della Posidonia, le piantine coltivate in gruppi ad elevata densità su un substrato precedentemente colonizzato da Cymodocea nodosa, una pianta marina pioniera “benefattrice”, hanno dimostrato tassi di sopravvivenza fino a tre volte superiori rispetto a quelle cresciute da sole su substrato non colonizzato. Per quanto riguarda i sistemi dunali, per ridurre poi l’elevato tasso di mortalità che caratterizza gli interventi di ripristino, sparto e gramigna sono stati piantati in gruppo ottenendo però risultati opposti in base alla distribuzione spaziale del fertilizzante, omogenea o eterogenea. Infatti se piantate in gruppi con fertilizzante distribuito omogeneamente, le piante di sparto mostravano una crescita fino a quattro volte maggiore mentre quelle di gramigna mostravano una crescita ridotta di circa la metà rispetto a quelle piantate da sole».
Uno degli autori dello studio, Claudio Lardicci, sottolinea che «Questi studi mirano a risolvere le criticità degli interventi di ripristino ambientale attraverso l’adozione di approcci sostenibili basati su processi ecologici naturali come le interazioni positive pianta-pianta», e un’altra autrice, Elena Balestri, conclude: «E’ fondamentale in ogni caso valutare sia la distribuzione spaziale dei nutrienti che le caratteristiche delle specie utilizzate, individuando in ogni caso la soluzione ottimale che massimizzi le interazioni positive tra piante e riduca quelle negative».