Per salvaguardare il 30% del pianeta, il numero di ranger e lavoratori delle aree protette deve aumentare di 5 volte

L'efficace protezione e gestione del 30% del pianeta richiederà almeno 2,9 milioni di persone, inclusi 1,53 milioni di ranger in più

[25 Ottobre 2022]

In vista della seconda parte della 15esima Conferenza delle parti della Convention on biological diversity (COP15 CBD) che si terrà dal 7 dicembre al 15 dicembre a Montréal per decidere i nuovi obiettivi per la protezione della natura, Il nuovo studio “Protected area personnel and ranger numbers are insufficient to deliver global expectations”. pubblicato su Nature Sustainability da un team internazionale di scienziati  guidato da Michael Appleton di Re:wild e dell’IUCN World Commission on Protected Areas, è il primo in assoluto a delineare l’urgente necessità di un numero maggiore e di personale (e meglio finanziato e supportato) per difendere e gestire  le aree protette e garantire la salute dei vita sulla Terra.

Lo studio sostiene che «Nel mondo, non ci sono abbastanza ranger e altro personale per gestire anche le attuali aree protette» e gli autori esortano i governi, i donatori, i proprietari terrieri privati ​​e le ONG ad «Aumentare di 5 volte il numero di ranger e altro personale al fine di raggiungere gli obiettivi globali di conservazione della biodiversità che hanno vantaggi economici, culturali ed ecosistemici».

Dalla COP15 CBD in Canada dovrebbe uscire l’impegno a proteggere il 30% di Terra e oceano entro il 2030 (“30X30”), la nuova indagine scientifica evidenzia che «Da nessuna parte ci sono abbastanza ranger e altro personale per gestire e salvaguardare efficacemente anche le attuali aree protette». Appleton ricorda che «Il nostro sistema di aree protette è il supporto vitale del pianeta, fornendo alle persone acqua e aria pulita, immagazzinando carbonio e prevenendo la perdita di biodiversità. Eppure negli Stati Uniti ci sono più persone impiegate nei campi da golf e nei country club di quante  siano i ranger nel mondo. L’obiettivo 30 per 30 è un obiettivo importante. Diventa privo di significato se non siamo anche disposti a investire nelle persone per gestire in modo efficace ed equo questi luoghi».

Il coautore dello studio Andrew Tilker, responsabile delle specie asiatiche di Re:wild e del Leibniz-Institut für Zoo- und Wildtierforschung (IZW), aggiunge: «Il mondo ha bisogno di ranger per proteggere la biodiversità, mantenere i servizi ecosistemici essenziali e assicurarsi che le aree selvatiche rimangano selvagge. Le nostre scoperte dovrebbero servire da campanello d’allarme per il mondo. E’ essenziale aumentare la forza lavoro dei ranger per garantire la salute delle aree protette in tutto il mondo».

Utilizzando i dati di 176 Paesi e territori, lo studio stima che  nel mondo ci siano solo 555.000 addetti alle aree protette. responsabili della salvaguardia del 17% della superficie terrestre mondiale (oltre 20 milioni di Km2). Solo 286.000 di loro sono ranger, che gestiscono direttamente le aree protette, fanno rispettare le leggi, lavorano con i visitatori e le comunità locali e controllano la fauna selvatica». Secondo lo studio «I ranger fungono da guide turistiche, vigili del fuoco, difensori ambientali e svolgono molti altri ruoli».

Le aree protette prese in esame dallo studio includono parchi nazionali, riserve naturali, riserve paesaggistiche, aree di conservazione, monumenti naturali, parchi statali e alcune aree sotto una gestione indigena e tradizionale sostenibile.

Un altro autore dello studio, Alexandre Courtiol del Leibniz-IZW, che ha condotto le analisi statistiche, spiega che «L’analisi dei dati è stata impegnativa, eccitante, ma anche deprimente. I nostri risultati hanno rivelato la deplorevole inadeguatezza della situazione attuale. Ma la buona notizia è che ora abbiamo stabilito una linea di base da cui partire per andare avanti». Courtiol e il team di scienziati hanno calcolato che «L’efficace protezione e gestione del 30% della superficie terrestre del pianeta entro il 2030 richiederà una forza lavoro di almeno 2,9 milioni di persone, inclusi 1,53 milioni di ranger in più».

Accanto alle aree protette governative, dovranno essere tutelate nuove tipologie di aree da personale del settore privato e di ONG e, soprattutto, da comunità indigene e locali che gestiscono i loro territori.

Lo studio è la prima stima del numero globale del personale delle aree protette dal 1999 e la prima in assoluto a includere specificamente i ranger. L’indagine scientifica è stata guidata da una collaborazione tra Re:wild, IUCN World Commission on Protected Areas, Leibniz-IZW, WWF, Game Rangers Association of Africa, International Ranger Federation e Ranger Federation of Asia.

Madhu Rao, presidente della IUCN World Commission on Protected Areas  ha detto che «Questo lavoro fondamentale è tempestivo poiché la nostra esistenza su questo pianeta sta diventando sempre più fragile a causa delle crisi indotte dall’uomo, dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità. Affinché qualsiasi Paese o regione abbia la possibilità di raggiungere gli ambiziosi obiettivi globali che vengono fissati per mitigare questi effetti dannosi, è necessario un investimento significativo nelle persone incaricate di proteggere la fauna selvatica, gli ecosistemi naturali, le risorse naturali e le comunità e culture che li hanno sostenuti per millenni. Affinché gli ambiziosi obiettivi globali siano significativi ed efficaci, abbiamo bisogno di personale più impegnato, competente e ben supportato sul campo».

Inoltre, l’analisi sottolinea la necessità non solo di rafforzare la forza lavoro, ma di «Riconoscere la gestione delle aree protette come un servizio professionale vitale, simile a quello del personale medico e del primi soccorritori». Altri studi hanno invece dimostrato che in molti Paesi il personale delle aree protette è sottopagato, non supportato, non addestrato e sopporta condizioni di lavoro inadeguate.

Chris Galliers, presidente dell’International Ranger Federation, ha fatto notare che «L’efficacia del sistema di supporto vitale del pianeta non riguarda solo il numero di ettari protetti, ma anche l’investimento in persone brave e qualificate. Mentre stiamo lavorando duramente per garantire che la nostra forza lavoro globale dei ranger sia più rappresentativa, professionale e responsabile, come rispettati amministratori della nostra fauna selvatica e dei luoghi selvaggi, hanno bisogno di capacità e supporto molto maggiori. I ranger possono svolgere e svolgono un ruolo chiave nel ridurre le minacce ai territori e ai mezzi di sussistenza delle comunità locali e indigene, compresa la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, è urgente un impegno fermo che metta i ranger al centro del raggiungimento di qualsiasi obiettivo globale, incluso l’obiettivo 30X30».

Per lo studio, oltre a proteggere la biodiversità e le culture indigene e locali, il personale dell’area protetta sostiene servizi ecosistemici vitali e offre sostanziali benefici economici alla popolazione locale e all’economia in generale: «Ogni nuovo membro del personale dei un’area protetta potrebbe generare benefici economici per un valore di almeno 28.800 dollari».

Wes Sechrest, chief scientist e CEO di Re:wild, conclude: «La società deve riconoscere gli ampi benefici economici che le aree protette apportano alle comunità, alle economie e al nostro pianeta vivente. Quando lo facciamo, possiamo pagare i modesti costi di assunzione e supporto delle persone per proteggere il nostro pianeta, le comunità possono trarre vantaggio dalle aree che gestiscono e i Paesi possono spostarsi rapidamente verso pratiche ambientali positive e sostenibili per la natura».