Oceani: la biogeografia del plancton eucariotico che produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo

Ricercatori italiani e francesi svelano il lato nascosto delle mappe del plancton eucariotico

[2 Novembre 2021]

Lo studio  “Global drivers of eukaryotic plankton biogeography in the sunlit ocean”, effettuato sulla base dei dati del DNA dei campioni raccolti dalla goletta di esplorazione oceanica tra il 2009 e il 2013 e pubblicato su Science da un team di ricercatori dell’Istituto di Biologia dell’École Normale Supérieure de Paris e della Stazione Zoologica Anton Dohrn – Istituto Nazionale di Biologia Ecologia e Biotecnologie Marine (SZN), ha ricostruito la biogeografia del plancton eucariotico su scala globale.

Alla SZN spiegano che «Il plancton oceanico eucariotico produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo, costituisce la base delle catene alimentari oceaniche e svolge un ruolo chiave nei flussi biogeochimici come il sequestro della CO2 atmosferica negli oceani. Tuttavia, la sua distribuzione geografica (la sua “biogeografia”) rimane poco conosciuta a causa della grande diversità del plancton eucariotico e della difficoltà di accesso al suo habitat. Il plancton eucariotico è infatti notevolmente diversificato sia dal punto di vista tassonomico (diversità delle specie), sia dal punto di vista filogenetico (diversità evolutiva) che ecologico (diversità funzionale). Lo studio della biogeografia del plancton e dei suoi determinanti è complicato anche dal fatto che il plancton è costantemente in movimento, trasportato passivamente dalle correnti oceaniche».

Nei campini raccolti dalla spedizione Tara  si possono distinguere circa 250.000 specie di plancton eucariotico, «O più precisamente “taxa molecolari” – spiegano ancora gli scienziati – sulla base di una breve sequenza di DNA che riflette la loro distanza evolutiva». Utilizzando un modello probabilistico, l’analisi dei dati sulla presenza di questi taxa in tutto il mondo ha rivelato «Una grande differenza nella composizione delle comunità tra le regioni al di sopra dei 45° di latitudine nord e sud e il resto dell’oceano globale, dove molti taxa sono onnipresenti. Su una scala più fine, sono state evidenziate anche differenze all’interno di queste tre grandi regioni in base alla latitudine e al bacino oceanico».

Per tenere conto della grande diversità del plancton eucariotico, i ricercatori hanno quindi esaminato le variazioni nella biogeografia tra i gruppi planctonici in base alla loro ecologia e, confrontando la biogeografia dei 70 gruppi principali di plancton eucariotico, hanno rivelato una variabilità significativa lungo due assi principali: «Lungo il primo asse, i gruppi con la maggiore diversità di specie sono più strutturati spazialmente su scala globale. Lungo il secondo asse, i gruppi composti da organismi più grandi (fino a diversi millimetri) e più alti nella catena alimentare sono strutturati per bacino oceanico e su scala spaziale maggiore, mentre quelli composti da organismi di dimensioni inferiori (fino a pochi micrometri) e inferiori nella catena alimentare sono strutturati per latitudine e su una scala spaziale più piccola».

Infinie, per comprendere i meccanismi alla base di queste variazioni, i ricercatori hanno confrontato la biogeografia di diversi gruppi planctonici con i dati ambientali e un modello di circolazione oceanica. I risultati di questo confronto suggeriscono che «Le correnti oceaniche influenzano fortemente la biogeografia del plancton eucariotico e che le variazioni sul secondo asse tra gruppi di diverse dimensioni possono essere spiegate da una più o meno forte influenza relativa delle condizioni ambientali locali, i piccoli produttori primari sono più sensibile ad esso rispetto al grande zooplancton».

Per Hélène Morlon, dell’École Normale Supérieure de Paris e che ha diretto lo studio, «E’ l’uso sistematico di approcci genetici e genomici nel corso della spedizione Tara Oceans che ha permesso di raggiungere questo risultato. Resta ancora molto da fare per prevedere, per esempio, come questi patterns geografici cambieranno con il cambiamento climatico».

Il team di ricerca franco-italiano sottolinea che «L’avvento di approcci automatizzati alla misurazione della biodiversità, basati sulla genetica o sulle immagini satellitari, sta ora consentendo l’accumulo di dati su una scala senza precedenti. Rivelando la struttura geografica del plancton eucariotico in tutta la sua diversità e su scala globale, questo studio illustra le possibilità aperte dalla combinazione di tali dati con nuovi approcci di modellazione statistica adattata. L’aumento di questo tipo di sforzo interdisciplinare dovrebbe consentire lo sviluppo di modelli più realistici di biodiversità e della interazione con il clima e i flussi biogeochimici».

Daniele Iudicone, della Stazione Zoologica Anton Dohrn, co-coordinatore della spedizione e coautore dello studio, conclude: «Tara Oceans è stato un grande successo. Ora con la stessa barca ma con approcci ancora più avanzati e il supporto dell’Unione Europea, stiamo esplorandola la diversità dell’Atlantico Sud, poco conosciuto. Sarebbe ora importante introdurre questi approcci innovativi nel monitoraggio permanente della salute dei nostri mari, come stiamo iniziando a fare con l’osservatorio avanzato del Golfo di Napoli, Nerea, che sfrutta gli stessi principi e protocolli innovativi di Tara Oceans.