Minuscoli organismi riescono a vivere nell’acido bollente grazie a “fili” ultra resistenti di proteine
La crio-microscopia elettronica rivela la struttura di un filamento arcaico che consente a Sulfolobus acidocaldarius di vivere in condizioni estreme
[22 Dicembre 2022]
Lo studio “Electron cryo-microscopy reveals the structure of the archaeal thread filament”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori dell’University of Exeter e dell’Albert-Ludwigs-Universität Freiburg, ha scoperto una nuova struttura a catena che aiuta gli organismi unicellulari a sopravvivere nelle calde sorgenti acide ricche di zolfo dello Yellowstone National Park, negli Stati Uniti d’America.
Il team di ricercatori britannici e tedeschi ricorda che «Mentre le sorgenti termali di Yellowstone sono famose attrazioni, il fatto che la vita possa sopravvivere nelle loro acque bollenti e altamente acide è altrettanto sbalorditivo». Per scoprire come sia possibile, gli scienziati hanno studiato il Sulfolobus acidocaldarius, una specie acidofila di archaea: utilizzando la crio-microscopia elettronica, una tecnica di imaging all’avanguardia, hanno esaminato i filamenti proteici simili a peli prodotti dalla specie e hanno trovato una proteina precedentemente sconosciuta che forma fibre simili a catene estremamente stabili.
L’autore senior dello studio, Bertram Daum del Living Systems Institute di Exeter, ricorda che «Le sorgenti termali di Yellowstone sono così corrosive che solo forme di vita molto speciali possono sopravvivere al loro interno. Di tutta la vita sulla Terra, le specie arcaiche si trovano più comunemente in condizioni così estreme, e S. acidocaldarius è un organismo tenace che prospera a circa 80° C e a valori di pH molto acidi. Attraverso l’ossidazione dello zolfo all’interno delle sorgenti che chiama casa, S. acidocaldarius crea persino l’acido solforico tossico in cui vive».
Il team di ricercatori ha cercato di capire come le cellule di S. acidocaldarius si uniscono per formare biofilm, comunità interconnesse sulle superfici e dice che «S. acidocaldarius produce quattro diversi filamenti proteici, ciascuno altamente stabile e con una funzione unica e la comprensione della loro struttura potrebbe non solo rivelare come sopravvive questa specie, ma potrebbe aiutare a sviluppare nanomateriali forti ma biodegradabili».
Daum. Conferma: «Abbiamo esaminato la struttura di uno di questi filamenti, chiamato “thread” (Filo). I nostri collaboratori in Germania hanno coltivato S. acidocaldarius in speciali incubatrici e hanno isolato i hread dalle cellule. Quindi, abbiamo quindi congelato i fili a temperature molto basse e li abbiamo fotografati utilizzando un microscopio elettronico a trasmissione. Utilizzando un sofisticato software di analisi delle immagini, abbiamo generato un’immagine tridimensionale altamente dettagliata del filo, che ci ha permesso di visualizzarlo a risoluzione atomica». Con sorpresa del team, ne è venuta fuori una classe mai vista prima di filamenti proteici arcaici.
Il principale autore dello studio, Matthew Gaines del Living Systems Institute dell’università di Exeter, conclude: «I fili sono costituiti da subunità proteiche a forma di girino, che sono concatenate come perline su un filo. Le subunità sono tenute insieme da legami estremamente forti; ogni subunità a forma di girino inserisce la sua coda nella testa della subunità successiva lungo la catena. Questi forti legami consentono alle cellule di unirsi e rimanere connesse nei biofilm, anche nelle condizioni più avverse».