Greenpeace: Morte e desolazione. Pesci, crostacei, uccelli e mammiferi marini galleggiano sull’acqua
Marea rossa e salmoni più El Niño: in Cile disatro ambientale senza precedenti (VIDEO)
I biologi: «Risultato di una storia basata sull’estrattivismo puro»
[17 Maggio 2016]
Il ministro dell’economia del Cile, Luis Felipe Céspedes, ha convalidato gli accordi raggiunti con 7 località dell’isola di Chiloé, nella Regione de Los Lagos, e spera che si aggiungano anche le altre comunità che ancora protestano. Intanto il governo ha cominciato a dare i contributi per la marea rossa che ha paralizzato la pesca e l’economia del Chiloé.
Ma tre comunità, Ancud, Quemchi e Quellón, non mollano e continuano la mobilitazione e chiedono che il bono solidario offerto dal governo venga portato a 900 mila pesos.
Julio Cárdenas, presidente della Mesa Comunal de Pescadores de Ancud, che riunisce 70 organizzazioni ha detto: «Noi proseguiamo la mobilitazione. Stiamo lottando per il bonus, non per i soldi che sono andati a persone che non c’entrano nulla con tutto questo» La verità tuttavia è che il ministro npon lo conosciamo, supponevamo che sabato lo avremmo incontrato, però non c’era. Il problema è che non vogliono dare più soldi di quelli che hanno già stanziato. I 7 comuni che hanno raggiunto un accordo col governo non erano così colpiti dalla marea rossa e i loro negoziati si sono svolti intorno allo sviluppo del turismo. Gli altri Comuni stavano combattendo per un’altra cosa, non avevano la marea rossa, stavano negoziando sul turismo e su cose personali».
Se non si arriverà a un accordo le comnità ribelli minacciano una marcia fino al Palazzo presidenziale della Moneda a Santiago e azoni cngiunte con i camionisti, che hanno già manifestato il loro appoggio alla gente di mare.
Intanto, a più di due settimane dalla marea rossa e dall’inizio dello scontro tra pescatori e governo, secondo un sondaggio di Cadem, il 76% dei cileni si dichiara d’accordo con la mobilitazione dei pescatori e solo il 18% la disapprova. Ma il 60% dice no ai blocchi e alle barricate che impediscono l’accesso all’isola di la de Chiloé, mentre il 35% li appoggia. I cilni sono divisi anche sulle proteste di piazza contro il governo: il 48% non è d’accordo e il 47% le approva. Ma il 63% degli intervistati respinge le accuse di chi dice che i leader della protesta stanno approfittando della situazione per chiedere cose che non hanno niente a che vedere con il problema della pesca. Solo il 28% accusa i pescatori di incoerenza.
La verità è che il Cile sta subendo uno dei peggiori disastri ambientali e sociali della sua storia. Come spiega Greenpeace Chile, «Varie specie di molluschi, oltre a granchi, uccelli e otarie sono state trvate morte sulle spiagge di Chiloé. Anche se esiste un consenso scientifico rispetto al fatto che stiamo affronbtando un gravissimo episodio di marea rossa, questo è avvenuto dopo che sonmo state scaricate in mare 9.000 tonnellate di salmone in decomposizione».
Si tratta di una crisi ambientale di dimensioni senza precedenti: il mare è la fonte di lavoro, sussistenza e sviluppo culturale dei pescatori dell’isola di Chiloé e dei dintorni. Greenpeace Chile sottolinea che però «Il governo cileno non solo ha autorizzato lo scarico di un totale di 9.000 tonellate di scarti di pesce in uno stato di decomposizione che li rende pericolosi. Non ha nemmeno informato in maniera trasparente e sufficiente la comunità chilota e il resto del Paese sull’impatto potenziale e le cause reali. A questo si aggiungono le molteplici dnunce di quest’area su altri scarichi illegali nella zona. Il mare non è una discarica. Lo sversamento deve fermarsi immediatamente. Il governo cileno dovrebbe controllare, coinvolgere e informare la comunità e garantire con piani concreti che eventi come questi non si ripetano più».
Greenpeace invita i cittadini cileni a scrivere alla presidente Michelle Bachelet per chiederle che «prenda in maniera urgente le misure necessarie per frenare questa catastrofe».
Intanto gli attivisti di Greenpeace Chile sono andati sulle isole colpite per documentare il disastro e dicono che «Il panorama è devastante: è pieno di morte e desolazione. Pesci, crostacei, uccelli e mammiferi marini galleggiano sull’acqua e arrivano con la mare sul bagnasciuga delle spiagge. A questo si aggiungono centinaia di famiglie senza risorse nella totale incertezza rispetto a quel che succederà p alla loro fonte di lavoro e di svbiluppo sociale e culturale».
Estefanía González, che ha partecipato alla spedizione di Greenpeace a Chiloé, dice che «La gente ha paura di toccare l’acqua di mare. Dato che non si conosce nessun dettaglio su come sia avvenuto lo scarico salmone (…) Quel che è successo, è che ancora una volta il governo ha finito per favorire le salmoneras e per danneggiare i pescatori artigianali».
Il viaggio di Greenpeace Chile è iniziato dall’Isla Tenglo, vicino a Puerto Montt, dove i pescatori dicono che un mese fa delle balene sono arrivate molto vicine alla costa, apparentemente in cerca di cibo perché il loro habitat era già stato contaminato. Poi gli ambientalisti si sono spostati a Carelmapu, dove c’erano state diverse segnalazioni di una sostanza vischiosa in mare e di barche che di notte gettavano in mare residui vicino alla costa. L’ultima tappa è stata proprio a Chiloé, dove i volontari di Greenpeace hanno scoperto centinaia di cirripedi, granchi, molluschi e piures (tunicati) spiaggiati. Poi la corrente ha portato sulla costa dei cuccioli di leoni marini morti.
Greenpeace sottolinea che «E’ necessario l’appoggio di tutti i cittadini per esigere trasparenza e la cura reale di questo fragile ecosistema». I pescatori dell’isola stanno protestando per la mancanza di informazioni e la mancanza di assistenza da parte del governo. La pesca a Chiloé è stata bloccata e i pescatori chiedono un risarcimento per aver perso il loro sostentamento. Andrés, un venditore di crostacei locale, ha spiegato a Greenpeace: «in questo momento, viviamo molti sentimenti contrastanti: tristezza, amarezza, impotenza […] Qui, dove sono state scaricate tonnellate di salmone, sono state usate sostanze chimiche per eliminare l’odore. Come possiamo escludere che questo non causi danni?».
Greenpeace Italia rilancia l’allarme: «In base a quanto emerso nelle prime ore, sembra che gli effetti negativi causati dal settore dell’allevamento del salmone (come ad esempio l’elevata presenza di antibiotici e sostanze chimiche) siano evidenti in questa faccenda. La comunità locale e Greenpeace Cile sono ancora in attesa di una risposta ufficiale e di un piano a lungo termine per uscire da questa crisi».
Nonostante la marea rossa sia stata probabilmente innescata dalle alte temperature del mare portate dal super El Niño, il rapporto “La Industria Salmonera como eje central de la crisis socioambiental en el sur de Chile”, presentato il 10 maggio da Nicolás Araya e Paula Cárcamo, biologi marini dlla Fundación Crea, rivela come l’inarrestabile crescita delle salmoneras abbia portato al collasso ecologico del 2016: «La crisi sociale e ambientale che colpisce il sud del Cile ha un’origine strutturale strisciante da decenni. Le esplosioni sociali e le intense mobilitazini che si sono sviluppate più di una settimana fa nella Regione de Los Lagos,che si sono estese ad altre zone del Paese, sono il riflesso di un’area saturata per mano dell’uomo, risultato di una storia basata sull’estrattivismo puro».
Il rapporto evidenzia che «La mortalità e gli spiaggiamenti di varie specie di organismi marini in diverse località della costa occidentale di Chiloe hanno generato molte domande e incertezze da parte del pubblico e della comunità scientifica. Le agenzie governative hanno dichiarato categoricamente che la morte degli organismi di diversi taxa è solo il prodotto della marea rossa, escludendo priori la possibilità che ci sia qualche relazione tra questi eventi e lo scarico di salmoni in putrefazione mare. Dato quanto sopra, va notato che non vi è alcuna traccia di grandi morie e/o spoiaggiamenti di invertebrati marini a causa di una marea rossa in Cile (…) Le condizioni ambientali che favoriscono la fioritura di alghe sono alte, ma è anche importante notare che le nuove condizioni ambientali sono parte della moderna attività umana che si è sovrapposta, in pochi decenni, ai cicli naturali climatici globali».
I biologi cileni concludono con una considerazione di politica ambientale e sociale: «L’attuale conflitto non solo rivela il rapporto delle comunità e dei territori con l’industria del salmone, ma apre anche un fronte di battaglia per molti anni è si è mantenuto in maniera sotterranea all’interno dei movimenti sociali, che è la lotta dei territori contro i modelli produttivi obsoleti, aprendo la possibilità di sollevare nuove alternative socialmente responsabili, economicamente solidali e ambientalmente sostenibili».