L’istrice in Africa: la benedizione delle piogge e la maledizione del bracconaggio

Studio a guida italiana indaga per la prima volta sulla vita degli istrici nel loro continente originario

[22 Gennaio 2021]

Lo studio “Blessing the rains down in Africa: spatiotemporal behaviour of the crested porcupine Hystrix cristata (Mammalia: Rodentia) in the rainy and dry seasons, in the African savannah”, pubblicato su Tropical Zoology   dell’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Iret –Cnr), presenta i primi dati comportamentali da fototrappolaggio di istrice (Hystrix cristata) in Africa subsahariana.

Un lavoro realizzato grazie ad una collaborazione internazionale tra università di Pisa (Andrea Viviano), CNR – IRET (Emiliano Mori e Giovanni Amori), Rivers State University of Science and Technology – Port Harcourt Nigeria (Luca Luiselli) e il Program Transboundary Biosphere Reserve WAP Region, Benin – Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (Horst Oebel e Farid Bahleman) e i ricercatori avvertono che «E’ solo l’inizio, servono ancora tanti dati».

Il lockdown legato alla pandemia da SARS-CoV-2 ha limitato le possibilità dei ricercatori di fare attività sul campo. In questo contesto, le piattaforme online e i sistemi che funzionano anche in assenza di operatori come le fototrappole hanno consentito di rilevare dati anche durante l’assenza forzata di personale di ricerca in campo.

La ONG OeBenin – Organisation pour la promotion de l’éducation des filles au Bénin, che si occupa anche di conservazione della biodiversità, sta attuando un progetto di fototrappolaggio nelle aree  protette di Pesi dell’Africa Occidentale e in particolare nel Complexe W-Arly-Pendjari (Wap) un’area protetta transfrontaliera al confine tra Benin, Burkina Faso e Niger.  Mori spiega che «In questo contesto, abbiamo studiato per la prima volta ritmi di attività e selezione dell’habitat dell’istrice in Africa, il continente in cui questo roditore, presente anche in Italia, ha avuto origine. La valutazione della selezione degli habitat e dei pattern temporali dei ritmi di attività è fondamentale per la conservazione della fauna. Studi sull’ecologia comportamentale dei mammiferi selvatici sono particolarmente impegnativi nelle aree tropicali, soprattutto quando coinvolgono specie rare ed elusive».

Nonostante sia una specie comune in Italia, l’istrice è relativamente poco diffuso a sud del Sahara. Le informazioni sull’ecologia di questa specie prima di questo studio erano state  raccolte in Italia.

Mori spiega ancora: «In questo lavoro, abbiamo tentato di determinare la selezione degli habitat e i pattern temporali dei ritmi di attività dell’istrice nel Benin settentrionale e limitrofi paesi, attraverso fototrappolaggio intensivo. Abbiamo raccolto un totale di 146 registrazioni di file istrice, 91 nella stagione secca e 55 nella stagione delle piogge. Gli istrici utilizzavano la maggior parte degli habitat in proporzione alla loro disponibilità locale, mentre selezionano le formazioni rocciose affioranti (possibilmente usate come siti di rifugio) ed evitano aree aperte, zone umide e foreste a galleria. E’ stato confermato un comportamento prevalentemente notturno tutto l’anno, con qualche picco di attività diurna all’inizio e alla fine della stagione delle piogge. E’ stata anche confermata l’importanza delle piogge nel determinare il picco delle nascite, con giovani osservati sempre all’inizio e alla fine della stagione delle piogge».

Dalle osservazioni emerge che la luna piena ha sempre inibito l’attività di questo grande roditore, molto probabilmente un comportamento antipredatorio per limitare gli incontri con potenziali predatori con me il leopardo (Panthera pardus), la iena maculata (Crocuta crocuta), il tasso del miele (Mellivora capensis) e, naturalmente gli esseri umani. Infatti, come ricordano in conclusione i ricercatori, «La pressione di bracconaggio verso gli istrici in Africa occidentale è molto intensa. Gli istrici sono uccisi per la medicina tradizionale, per la loro carne e perché sono considerati di danno all’agricoltura. Questa valutazione dovrebbe quindi essere utilizzata come strumento di base per progettare piani di conservazione per preservare questa specie di roditori nel suo areale nativo».