Riceviamo e pubblichiamo come contributo al dibattito
L’Intesa sul Parco nazionale dello Stelvio è illegittima
[22 Luglio 2015]
Il dibattito sull’Intesa tra il Ministero dell’ambiente, la Regione Lombardia e le Province autonome di Trento e Bolzano per trasferire alla Regione e alle due Province “tutte le funzioni di tutela e di gestione del Parco nazionale dello Stelvio” si è incentrato sugli aspetti sostanziali, legati cioè alla conservazione di un territorio di grandissimo valore naturalistico e paesaggistico, e su quelli politici. Si è così rilevata l’assurdità dello “smembramento” di un territorio che dal punto di vista ambientale è unitario; si sono sottolineate le inevitabili conseguenze negative di gestioni separate; sono emerse le accuse di cedimenti e di strumentalizzazioni; si sono delineati i rischi a cui vanno incontro alcune delle risorse più importanti del Parco; si è denunciato il fatto che l’Intesa ha alla base una norma introdotta quasi di soppiatto in uno delle centinaia di commi (il comma 515) della legge di stabilità 2014.
Si tratta di argomentazioni che, pur essendo valide e fondate, sono state completamente disattese da chi non ha saputo svolgere il proprio ruolo istituzionale di tutore dell’ambiente e che comunque rischiano di infrangersi contro il prevalere degli interessi forti.
E’ stato invece tralasciato, o comunque è rimasto al margine, l’aspetto che in questa fase può essere decisivo per arrestare il percorso finale dell’Intesa – che deve passare ancora all’approvazione del Consiglio dei Ministri e alla firma del Presidente della Repubblica – e cioè l’aspetto della sua illegittimità.
Il dato di partenza è che l’Intesa non sopprime il Parco dello Stelvio come parco nazionale – solo una legge statale potrebbe farlo – ma anzi ribadisce espressamente la natura nazionale che a esso è stata attribuita dalla legge istitutiva del 1935 e che è stata confermata dalla normativa successiva: in particolare prevede la costituzione di un Comitato di coordinamento e indirizzo proprio per assicurare quella “configurazione unitaria” che fin dal 1974 le norme di attuazione dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige avevano provveduto a stabilire. Pertanto non ha senso – e anzi è controproducente – parlare, come spesso si fa, di “denazionalizzazione” del Parco dello Stelvio.
Anche nel quadro dell’Intesa, dunque, il Parco non perde la sua unitarietà sia come territorio, anche se viene diviso quanto alla gestione e alla tutela, sia come istituzione e in quanto tale come persona giuridica pubblica, cioè soggetto dotato di capacità giuridica al quale pertanto devono potersi riferire situazioni giuridiche. La conseguenza è che il Parco-persona deve avvalersi di organi adeguati per esercitare i poteri che a esso necessariamente spettano: poteri che sono strumentali al perseguimento delle finalità generali (in particolare di quelle previste dalla legge istitutiva e dalla legge quadro 394 del 1991); poteri che riguardano, ad esempio, divieti e sanzioni (che, a parte il versante penale comunque di competenza statale, devono rivestire una loro uniformità) oppure il collegamento ai programmi nazionali e alle politiche di sistema (in particolare al sistema dei parchi dell’arco alpino) o anche l’accettazione di finanziamenti pubblici e privati (tra cui donazioni e lasciti testamentari); poteri relativi alle relazioni internazionali che, come prevede espressamente il citato comma 515, non rientrano tra le funzioni statali trasferite, con la conseguenza che il Parco, solo in quanto nazionale, può allacciare rapporti con aree protette di altri paesi (finalizzati ad esempio all’elaborazione di progetti da presentare all’Unione Europea); infine nuovi poteri che derivano proprio dal fatto che le funzioni di gestione e di tutela vengono trasferite alle Province e alla Regione e che esigono per un verso l’indirizzo e il coordinamento e per altro verso la sostituzione in caso di inerzia dei soggetti gestori, il controllo e la vigilanza: quest’ultimo aspetto è di particolare rilevanza, anche se di notevole problematicità, e coinvolge sia il Parco in quanto nazionale sia il Ministero dell’ambiente che deve essere messo concretamente in condizione di vigilare e di verificare (attraverso l’invio degli atti, le ispezioni, ecc.) se e come il Parco, in tutto il suo territorio, venga gestito e tutelato e in particolare se la gestione si svolga in armonia con la normativa statale ed europea.
Alla luce di queste considerazioni emergono alcuni evidenti profili di illegittimità.
Il primo profilo riguarda il Comitato di coordinamento e di indirizzo. Esso innanzi tutto, per come è stato previsto, non appare dotato di soggettività e non sembra neppure che possa essere considerato organo del Parco-persona: è semplicemente – al pari di tanti altri comitati, paritetici o non paritetici – un organo della pubblica amministrazione di mero “raccordo istituzionale”che non è in grado di porre in essere attività che producano effetti giuridici direttamente all’esterno, cioè nei confronti dei terzi. In questo caso il raccordo, secondo l’Intesa, si instaura tra le Province autonome, la Regione Lombardia, il Ministero dell’ambiente e i Comuni interessati e si svolge in collegamento con le associazioni di protezione ambientale e con l’Ispra, ma comunque non è in grado di instaurare rapporti con i terzi. L’Intesa pertanto contiene al suo interno questa contraddizione: da un lato conferma la persistenza del Parco-persona, dall’altro impedisce al Parco-persona di operare e perciò di esercitare i poteri che gli competono come parco nazionale. Questa contraddizione inficia gravemente l’impianto generale.
Vi sono poi altri specifici aspetti che riguardano il Comitato e che ne minano la legittimità. Innanzi tutto lo squilibrio della composizione: la netta prevalenza dei rappresentanti locali – il Comitato non è certo un organo paritetico – non è assolutamente in grado di assicurare quella “configurazione unitaria” per cui esso viene istituito.
Inoltre il Comitato è composto da rappresentanti e da designati in rappresentanza: i componenti cioè formano l’organo non in quanto nominati, ma in quanto rappresentanti. Non essendo prevista la nomina, la partecipazione di rappresentanti comporta inevitabilmente la mutabilità dei soggetti: il soggetto rappresentato può di volta in volta indicare un nuovo rappresentante. Ciò inficia gravemente la continuità dell’azione dell’organo: d’altra parte la prevista durata quinquennale della carica di componente, che dovrebbe garantire tale continuità, non ha alcun senso logico proprio perché si tratta di rappresentanti. Si tratta pertanto di un’evidente contraddittorietà che, come tale, non si sottrae alla censura di illegittimità.
Altro aspetto specifico riguarda i compiti attribuiti al Comitato la cui elencazione viene demandata dall’Intesa al regolamento allegato. Il Comitato è di coordinamento e di indirizzo: i compiti previsti dal regolamento sono però soltanto quelli di indirizzo. La mancanza del coordinamento – che è attività ben diversa dall’indirizzo – in una situazione così complessa è di particolare gravità; un esempio per tutti: in caso di finanziamento attribuito al Parco viene meno la possibilità di coordinare gli interventi.
Ancora. Non è previsto alcun criteri in ordine all’assegnazione delle risorse finanziarie per i compiti che il Comitato deve svolgere e pertanto l’assegnazione è rimessa alla più lata discrezionalità delle due Province che sono i soggetti finanziatori. Non si comprende pertanto come il Comitato possa svolgere il suo ruolo sia pure solo di indirizzo in materie complesse e di così alta specializzazione senza risorse certe, senza personale proprio, senza esperti di cui potersi avvalere, con riunioni che, in mancanza di compensi di alcun genere, espressamente esclusi, si svolgeranno solo ogni due mesi, come è prescritto , e per di più prevalentemente in videoconferenza, come è possibile e come di fatto diventerebbe necessario per la difficoltà – si pensi ai piccoli comuni e alle associazioni – di reperire fondi per rimborso spese e oneri di missione che sono a carico degli enti rappresentati.
In conclusione, per quanto riguarda la disciplina del Comitato di coordinamento e indirizzo, appare evidente l’illegittimità dell’Intesa. Emergono però, nel contempo, almeno a altri due profili di illegittimità ai quali occorre accennare sia pure molto brevemente.
La legge di stabilità 2014 stabilisce che l’Intesa debba individuare “gli standard minimi di servizio e di attività che lo Stato, per ciascuna delle funzioni trasferite o delegate, si impegna a garantire sul territorio provinciale o regionale con riferimento alle funzioni i cui oneri sono sostenuti dalle Province o dalla Regione, nonché i parametri e le modalità per la quantificazione e l’assunzione degli oneri”: nulla di tutto questo è stato previsto e tale lacuna rappresenta un ulteriore profilo di illegittimità dell’Intesa.
L’ultimo profilo riguarda il finanziamento pubblico che, secondo l’Intesa, è a carico delle sole Province autonome. Questa previsione pone un duplice problema: un problema politico – se si vuole di stile – perché una previsione siffatta appare come il frutto di trattative sotterranee; ma anche un complesso problema di legittimità perché per un verso pone il territorio lombardo del Parco in soggezione nei confronti delle Province finanziatrici e per altro verso manifesta, con il pretesto del risparmio della spesa pubblica, una rinunzia dello Stato a interessarsi di un Parco nazionale (uno dei più importanti parchi nazionali italiani) e nello stesso tempo introduce un’evidente disparità nei confronti degli altri parchi nazionali che godono del finanziamento statale il quale è anche garanzia di imparzialità.
di Carlo Alberto Graziani per greenreport.it