L’inaspettata storia evolutiva dei pesci luna rivelata da un fossile di 48 milioni di anni fa

La scoperta fatta grazie a un fossile eccezionale trovato a Bolca, nei Monti Lessini

[30 Maggio 2022]

Lo studioSkin patterning and internal anatomy in a fossil moonfish from the Eocene Bolca Lagerstätte illuminate the ecology of ancient reef fish communities”, pubblicato su Palaeontology da un  team italo-irlandese guidato da Valentina Rossi della University College Cork e da Giorgio Carnevale dell’università di Torino, dà conto di un recente ritrovamento di un nuovo esemplare di pesce luna (Mene rhombea) nei depositi fossiliferi di Bolca nei Monti Lessini, in provincia di Verona e ne ricostruisce l’aspetto, determinandone anche la dieta e l’habitat. I ricercatori ricordano che «I sedimenti fossiliferi di Bolca si sono accumulati nell’Eocene (circa 48 milioni di anni fa) in un mare tropicale che un tempo esisteva dove oggi sorgono i Monti Lessini, e sono ora conosciuti in tutto il mondo, da esperti e appassionati di paleontologia, per la straordinaria preservazione dei fossili che in essi sono conservati».

Carnevale, esperto delle faune di Bolca, spiega che «I fossili rinvenuti dal sito della Pesciara sono definiti eccezionali in quanto presentano, oltre ai resti scheletrici, anche l’evidenza di tessuti non-mineralizzati come pelle, occhi, muscoli e organi interni. L’esemplare studiato appartiene alla famiglia dei menidi, comunemente chiamati pesci luna.  per via del loro corpo appiattito, che al giorno d’oggi è rappresentata dalla sola Mene maculata, una specie che vive in acque poco profonde nell’Oceano Indo-Pacifico»

Un altro autore dello studio, il paleontologo Roberto Zorzin del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, aggiunge che «Di esemplari di Mene rhombea ne sono stati trovati moltissimi, tanto che si può definire una vera e propria icona di questi giacimenti fossiliferi. Ma l’esemplare che abbiamo avuto l’opportunità di studiare è tra i meglio conservati mai rinvenuti».

Sin dalle prime osservazioni, per gli studiosi è stato chiaro che si trattasse di un esemplare eccezionale, Come spiega ancora Carnevale: «Tre prominenti strie longitudinali di colore scuro alternate ad altrettante di colore più chiaro erano ben evidenti ad occhio nudo sui resti della pelle dell’animale. Grazie all’utilizzo di un microscopio ci siamo accorti che nell’addome erano presenti non solo i resti del suo ultimo pasto ma anche le tracce dell’intestino e altro materiale organico». Ulteriori analisi morfologiche e chimiche di dettaglio hanno confermato la presenza di melanosomi nelle strie scure della pelle, nell’occhio e anche in alcune zone dell’addome. I melanosomi sono dei microscopici organelli cellulari contenti la melanina, il pigmento che dona il colore alla pelle, occhi, capelli e piume.

La Rossi sottolinea che «Oggi sappiamo che nei vertebrati i melanosomi possono essere anche interni, ovvero contenuti all’interno degli organi, per esempio nel cuore, nel fegato e nei reni, per citarne alcuni. Trovarli in un fossile ci permette di ricostruirne il colore della pelle e l’anatomia interna».

All’università di Torino dicono che «Lo studio comparativo con pesci attuali, la specifica distribuzione anatomica e la distinta geometria dei melanosomi nel fossile suggeriscono che questi organelli provengano da diversi tessuti, in particolare da pelle, rene, peritoneo e probabilmente cuore o fegato. L’analisi del contenuto dello stomaco invece ha rivelato la presenza di piccole ossa di pesce simili a quelle di una sardina, indicando che il M. rhombea avesse, almeno in parte, una dieta piscivora».  Carnevale aggiunge che «Una dieta piscivora nei pesci attuali è spesso associata ad una livrea striata, con strie longitudinali con toni alternati chiari e scuri e questa informazione corrisponde perfettamente con i dati ottenuti dal nostro fossile confermando che in passato i pesci luna di Bolca preferivano mangiare piccoli pesci a differenza della specie attuale che invece si ciba di piccoli invertebrati e plancton».

Un altro aspetto importante dello studio è la comparazione tra il pattern del colore della pelle osservabile nella specie vivente e quello rivenuto nel suo antenato fossile. Il primo è caratterizzato da una livrea maculata mentre il secondo da strie longitudinali e questo suggerisce che nel corso di quasi 50 milioni di anni la linea evolutiva dei menidi si sia diversificata e che le due specie avessero delle abitudini di vita diverseSecondo Carnevale, «Nel Mene rhombea, le strie del dorso suggeriscono che l’animale abitasse ambienti di mare aperto.E’ probabile che gli antichi pesci luna vivessero in banchi come gli attuali, ma preferissero nuotare in mare aperto, avvicinandosi alla costa solo per predare i piccoli pesci presenti in queste zone».

La Rossi conclude: «Diverse modificazioni ambientali e genetiche hanno avuto un ruolo fondamentale nel cambiamento del pattern del colore nella linea evolutiva dei menidi. Variazioni dei geni che controllano la formazione dei pattern della pelle possono avvenire molto rapidamente e sono osservabili nel giro di poche generazioni nei pesci; quindi, non è così strano ipotizzare gli stessi processi in due specie morfologicamente simili separate da ben 48 milioni di anni. La cosa incredibile è proprio che abbiamo potuto osservare direttamente un esemplare fossile così ben preservato da offrirci nuovi spunti per la ricerca dell’evoluzione del colore nelle specie ormai estinte. Rimango sempre affascinata dalla quantità di informazioni che possiamo estrarre dai fossili».