Ecco le prime immagini di un nuovo mondo. Le foto della barriera corallina amazzonica scattate da Greenpeace (VIDEO)

«Ecosistema unico ma minacciato dalle compagni petrolifere»

[30 Gennaio 2017]

La spedizione scientifica di Greenpeace imbarcata sull’Esperanza ha scattato le prime immagini sottomarine della barriera corallina amazzonica, un ecosistema unico scoperto solo nel 2016 e che si estende per 9.500 km2 in un’area che va dallo Stato brasiliano di Maranhão fino alla Guyana.

Greenpeace spiega che «L’area – dove vivono anche gorgonie, alghe rosse, 73 specie di pesci, aragoste, stelle marine, rodoliti e spugne alte fino a due metri – è minacciata da progetti di ricerca di idrocarburi che potrebbero partire qualora il governo brasiliano dovesse concedere le autorizzazioni richieste da compagnie come Total o BP».

Nils Asp, un ricercatore dell’università federale del Parà che partecipa alla spedizione, sottolinea che «Questo sistema corallino è importante per numerose ragioni, ad esempio possiede caratteristiche uniche rispetto alla disponibilità e all’uso di luce e alle caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua. Il nostro team vuole capire quali siano i meccanismi che regolano la vita di questo ecosistema, soprattutto vorremmo capire come funziona il processo di fotosintesi in presenza di così poca luce».

Secondo gli scienziati si tratta di un’area particolare: «Nessuno infatti immaginava che si potesse sviluppare un simile ecosistema in acque così torbide. L’area ha un grosso potenziale per la scoperta di nuove specie, ed è inoltre molto importante per il benessere economico della comunità di pescatori Quilombola che operano nella zona costiera amazzonica. Al momento meno del 5% di questo ecosistema è stato mappato, ma le ricerche in corso mirano ad aumentare questa percentuale».

Un ecosistema ignoto, delicatissimo ma già a rischio: «Alcune compagnie petrolifere, tra cui Total e Bp, vorrebbero avviare esplorazioni petrolifere nell’area in vista di potenziali trivellazioni – denuncia Greenpeace – Secondo alcune stime, sotto questi mari ci sarebbero approssimativamente tra i 15 e i 20 miliardi di barili di idrocarburi».

Thiago Almeida di Greenpeace Brasil, non ha dubbi: «Dobbiamo difendere il reef e l’intera regione alla bocca del bacino del Rio delle Amazzoni dall’avidità delle multinazionali che pongono i loro profitti prima dell’ambiente. Una delle aree in cui Total vorrebbe cercare idrocarburi si trova a soli otto chilometri dal reef, e l’iter burocratico per ottenere il via libera è già partito».

Secondo Greenpeace, «La ricerca di idrocarburi porrebbe questa area sotto un pericolo costante. Il punto più a nord dello Stato brasiliano di Amapà, il Cape Orange National Park, ospita il più grande ecosistema continuo di mangrovie e non c’è tecnologia capace di ripulire un tale ecosistema da eventuali sversamenti di petrolio. Inoltre, i rischi legati ad operazioni simili in un ambiente come la bocca del bacino del Rio delle Amazzoni sono accresciuti dalle forti correnti e dai detriti che il fiume porta con sé. In questa regione – casa di lamantini americani, tartarughe gialle, delfini e lontre di fiume – sono stati finora scavati 95 pozzi. Di questi, 27 sono stati abbandonati a causa di incidenti meccanici, il resto per scarsa convenienza economica».

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