Le piante cercano rifugio in un pianeta che cambia dinamicamente

Alcune piante sono più brave di altre a spostarsi di fronte al cambiamento climatico

[9 Febbraio 2023]

I ricercatori ricordano che «Le piante, come gli animali e le persone, cercano rifugio dai cambiamenti climatici. E quando si muovono, portano con sé interi ecosistemi. Per capire perché e come le piante hanno percorso e trasformato i territori nel tempo, i ricercatori chiedono di realizzare un nuovo quadro e dicono che: «La chiave per proteggere la biodiversità in futuro potrebbe essere attraverso la comprensione del passato».

Jenny McGuire della School of Biological Sciences e della School of Earth and Atmospheric Sciences del  Georgia Institute of Technology ha guidato il team che ha realizzato  l’edizione  speciale “The past as a lens for biodiversity conservation on a dynamically changing planet”, pubblicata su The Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)insieme ad A. Michelle Lawing (Texas A&M University), Sandra Díaz (Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas e Universidad Nacional de Córdoba) e Nils Chr. Stenseth (Universitetet i Oslo e International Union of Biological Sciences, e nella quale evidenziano che, perché abbiano successo le iniziative conservazionistiche, devono essere affrontate le questioni in sospeso. Questo articolo su PNAS riunisce la ricerca sulla conservazione che fa luce sulle dinamiche complesse e in continua evoluzione causate dai cambiamenti climatici e i modi in continua evoluzione di utilizzare la terra da parte degli esseri umani. «Questi fattori – ha evidenziato la McGuire – interagiscono nel tempo per creare cambiamenti dinamici e ci mostrano la necessità di incorporare prospettive temporali nelle strategie di conservazione, guardando in profondità nel passato.

Un esempio di questo lavoro evidenziato nello speciale di PNAS è  lo studio “Plants maintain climate fidelity in the face of dynamic climate change” pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da Yue Wang (Sun Yat-sen University e del Georgia Institute of Technology), Silvia Pineda-Muno (Georgia Institute of Technology, Amazon Conservation Association, Indiana University)  e dalla McGuire, che ha  cercato di capire come  alberi si sono spostati nel territorio nel tempo, dove si stanno dirigendo e perché è importante.

La McGuire evidenzia che «Le piante stanno spostando le loro aree geografiche, e questo sta accadendo che ce ne rendiamo conto o no. Man mano che i semi cadono o vengono trasportati in luoghi lontani, la probabilità che il seme della pianta sia in grado di sopravvivere e crescere sta cambiando con il cambiamento climatico. Studiare le dinamiche di nicchia delle piante nel corso di migliaia di anni può aiutarci a capire come le specie si adattano ai cambiamenti climatici e può insegnarci come proteggere e mantenere la biodiversità di fronte ai rapidi cambiamenti climatici in arrivo».

Il primo passo per farlo è capire quali tipo di piante mostrano quella che la McGuire definisce «Fedeltà climatica» e quali no. «Se una pianta è fedele al clima – dicono al Georgia Institute of Technology  – significa che rimane fedele alla sua nicchia climatica preferita, spesso migrando attraverso le aree geografiche per migliaia di anni per stare al passo con il suo habitat ideale. Le piante che non mostrano fedeltà climatica tendono ad adattarsi localmente di fronte al cambiamento climatico». Ma gli scienziati fanno notare che essere fedeli al proprio clima non significa necessariamente essere fedeli a un luogo particolare.

Per indagare sul caso degli alberi, la McGuire e Wang hanno studiato i dati sui pollini del Neotoma Paleoecology Database, che contiene i dati sui fossili di polline presenti nelle carote di sedimenti estratte in tutto il Nord America. Ogni nucleo di sedimento viene campionato, strato per strato, producendo una serie di dati sui pollini di epoche diverse nel corso della storia. I dati contengono anche scomposizioni dell’abbondanza relativa dei diversi tipi di piante rappresentate dai tipi di polline – pino, quercia erba… – tracciando così un quadro di quali tipi di piante erano presenti in un dato sito e quando.

La McGuire e Wang hanno esaminato i dati di 13.240 campioni di polline fossile prelevati da 337 località in tutto il Nord America. Per ciascuno dei 16 principali taxa di piante del Nord America, hanno suddiviso i dati del polline in 6 blocchi distinti, o ” bins”, di 4.000 anni, a partire da 18.000 anni fa fino ai giorni nostri. Wang ha utilizzato i dati per identificare tutti i siti climatici contenenti polline fossile per ogni singolo tipo di albero, come ad esempio la quercia, per ogni periodo. Quindi, ha osservato come cambiava il clima adatto ad ogni albero da un periodo all’altro. Lo ha fatto confrontando le posizioni dei tipi di polline tra periodi di tempo adiacenti, il che ha permesso al team di identificare come e perché il clima di ogni tipo di albero è cambiato nel tempo.

Wng sottolinea che «Questo processo ci ha permesso di vedere la fedeltà climatica di questi diversi taxa di piante, dimostrando che alcune piante mantengono nicchie climatiche molto coerenti, anche quando il clima sta cambiando rapidamente». Ad esempio, le nuovescoperte hanno dimostrato che «Quando i ghiacciai nordamericani si stavano ritirando 18.000 anni fa, gli abeti rossi e gli ontani si spostarono verso nord per mantenere le fresche temperature dei loro habitat».

Fondamentalmente, la McGuire e Wang hanno scoperto che «La maggior parte delle specie vegetali del Nord America ha mostrato fedeltà climatica a lungo termine negli ultimi 18.000 anni» e che «Le piante che sono migrate più lontano hanno svolto un lavoro migliore nel tracciare il clima durante i periodi di cambiamento».

Ma alcune piante ci sono riuscite meglio di altre. «Ad esempio – spiegano ancora i ricercatori – i piccoli semi dei salici possono volare su lunghe distanze, consentendo loro di seguire i loro climi preferiti in modo molto efficace. Ma i grandi semi dei frassini, ad esempio, possono essere dispersi solo a breve distanza dagli alberi genitori, ostacolando la loro capacità di seguire il clima. Le interruzioni dell’habitat da parte dell’uomo potrebbero rendere ancora più difficile per i frassini riuscire a prendere piede in nuove regioni. Se non ci sono habitat adiacenti per i frassini, i loro semi sono sotto pressione devono spostarsi ancora più lontano: una sfida particolare per i frassini, che rallenta ancora di più i loro movimenti migratori».

Il lato positivo è che, identificando quali piante sono state storicamente più sensibili ai cambiamenti climatici, lo studio guidato dalla McGuire e da Wang può aiutare le organizzazioni ambientaliste come The Nature Conservancy a dare la priorità ai territori in cui la biodiversità è più vulnerabile ai cambiamenti climatici.

La McGuire e Wang hanno anche  identificato i “climate fidelity hotspots”, le regioni che storicamente hanno mostrato una forte fedeltà climatica e le cui piante avranno urgentemente bisogno di spostarsi man mano che il loro clima cambia. Poi hanno confrontato questi hotspot con regioni resilienti al clima identificate da The Nature Conservancy che potrebbero fungere da aree di rifugio per quelle piante e  dicono che «Mentre le piante in queste regioni resilienti possono inizialmente adattarsi all’imminente cambiamento climatico spostando i loro areali a livello locale, le piante dovranno probabilmente affrontare grandi sfide quando la capacità di adattarsi al cambiamento climatico di una regione viene superata a causa della mancanza di connettività e delle interruzioni dell’habitat da parte dell’uomo. Il perfezionamento di queste priorità aiuta gli stakeholders  a identificare strategie efficienti per consentire al tessuto della vita di prosperare».

La McGuire conclude: «Penso che comprendere la fedeltà climatica, sebbene sia un’idea nuova e diversa, sarà molto importante in futuro, soprattutto quando si pensa a come dare la priorità alla protezione di diverse piante di fronte al cambiamento climatico. E’ importante poter vedere che alcune piante e animali sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici e queste informazioni possono aiutare a costruire strategie più forti per proteggere la biodiversità del pianeta».