Le banche del pesce

Ecco come le Aree marine protette possono portare benefici alla pesca in tutto il mondo

[5 Novembre 2020]

Per nutrire una popolazione mondiale in crescita, nei prossimi anni ci sarà bisogno di più cibo e probabilmente i prodotti del mare di mare ne costituiranno una parte significativa, ma allo stesso tempo, dobbiamo preservare gli habitat naturali per garantire la salute dei nostri oceani. Sembra che un conflitto inevitabile. Reniel Cabral, dell’Environmental Market Solutions Lab dell’università della California Santa Barbara, sottolinea che «Le aree marine protette sono gli strumenti comunemente usati per conservare la biodiversità marina, chiudendo parti dell’oceano alla pesca. Questo crea un potenziale dilemma quando le chiusure fanno perdere ai pescatori l’accesso alle zone di pesca».

Ma lo studio “A global network of marine protected areas for food” pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team di ricercatori statunitensi guidato dallo stesso Cabral evidenzia che non necessariamente è così e delinea dove e come i vantaggi delle restrizioni alla pesca potrebbero consentire alla stessa attività di pesca di diventare più produttiva, anche con le chiusure di alcune aree. I ricercatori sono convinti che lo studio «Pone le basi per espandere la conservazione marina insieme alle catture ittiche.

Dallo studio pubblicato su PNAS emerge infatti che  un’Area marina protetta (Amp) ben progettata e gestita può aumentare la produttività delle attività di pesca circostanti, soprattutto quando viene istituita in aree dove la fauna marina e sovrasfruttata: «Il rifugio costituito dall’Amp consente alle popolazioni di pesci ricostruirsi e poi riversarsi nelle acque circostanti». Inoltre, la protezione di un’area consente inoltre ai pesci residenti di invecchiare e di crescere e gli scienziati hanno scoperto che «Questi pesci sono in proporzione più fertili dei loro omologhi più piccoli».

I ricercatori fanno anche notare che «Inoltre, la pesca in molte regioni non è ben regolamentata. L’attività può essere decentralizzata e mirare a molte specie diverse utilizzando una varietà di metodi. Gestire il settore può essere quasi impossibile, soprattutto per le agenzie che sono sottofinanziate e sottodimensionate. In questo contesto, l’istituzione di un’Amp è relativamente semplice, soprattutto rispetto ad altre strategie di gestione».

Cabral ricorda che «Studi passati hanno dimostrato che, se progettate bene e con le giuste condizioni di pesca, le Amp possono migliorare le catture.  Ci siamo chiesti come si potrebbe progettare una rete di Aree marine protette per migliorare la produttività della pesca e quali sarebbero i risultati».

Cabral ei suoi colleghi della UC Santa Barbara, dell’Hawai’i Institute of Marine Biology e della National Geographic Society hanno iniziato a costruire un modello di pesca globale che tenga conto di fattori sia biologici che economici e per farlo hanno utilizzato un database di 4.000 stock ittici, le loro caratteristiche ecologiche, lo stato di gestione e le distribuzioni globali, insieme a una vasta gamma di informazioni sulle catture e sul comportamento dei pescatori in risposta alle Aree marine protette ed evidenziano che «Il modello bioeconomico risultante prevede come le popolazioni ittiche risponderebbero alla creazione di nuove Amp sulla base di una varietà di fattori come l’ubicazione e lo stato delle attività di pesca e la mobilità e i tassi di crescita delle specie».

Questo ha consentito al team di ricercatori di proiettare i risultati ottenuti su una varietà di diversi modelli di Amp e hanno quindi potuto vedere dove le Aree marine protette porterebbero maggiori vantaggi.

Uno degli autori dello studio, Steve Gaines, decano della Bren School of Environmental Science & Management della UC Santa Barbara spiega: «Abbiamo scoperto che ci sono molti posti in cui è possibile ottenere benefici alimentar. Quindi, invece di avere questa tradizionale battaglia tra pesca e conservazione, ora possiamo identificare i luoghi strategici in cui possiamo potenzialmente ottenere vantaggi sia per la conservazione che per la pesca».

Attualmente, è tutelato da riserve delle Aree marine protette solo il 2,5% dell’oceano ma lo studio ha scoperto che «Proteggere strategicamente un ulteriore 5% dell’oceano potrebbe aumentare le catture future del 20%, ovvero da 9 a 12 milioni di tonnellate di pesce».

Le località più promettenti per la realizzazione di Amp no-touch  tendono a raggrupparsi intorno al Pacifico meridionale, all’Africa sud-orientale e alle coste temperate del Nord e del Sud America. «Si tratta di regioni – spiegano ancora i ricercatori statunitensi – in cui, a causa dell’ecologia degli stock, della scarsa regolamentazione della pesca o di una combinazione delle due cose, delle Amp ben posizionate hanno il maggior potenziale per aumentare le catture locali. I risultati forniscono una griglia per determinare quali saranno le migliori strategie e quali regioni produrranno il miglior rendimento. E’ un gestalt look  all’interazione tra aree marine protette e pesca che può essere ulteriormente sviluppato in futuro».

Gaines evidenzia che «Le proiezioni provengono solo dagli stock per i quali gli scienziati dispongono di dati. Ci sono molte specie che per le quali non disponiamo di dati sufficienti per l’analisi e probabilmente saranno in condizioni di gran lunga peggiori di quelle su cui abbiamo una scheda». Per questi motivi, il team ritiene che i benefici per la pesca supererebbero probabilmente le previsioni del loro studio.

Il punto di forza del modello sviluppato sull’efficacia di Amp con aree particolarmente protette (la nuova direttiva biodiversità Ue chiede che si estendano sul 10% della superficie marina europea) risiede nella sua capacità di evidenziare aree in cui una riserva marina potrebbe avere elevati potenziali benefici per la pesca.

Cabral  fa notare che «Il nostro modello può identificare le aree in cui le Amp migliorerebbero davvero la produttività della pesca, ma la progettazione di quelle a livello locale dovrà essere specifica per il sito. Oltre ad essere uno strumento di gestione relativamente semplice, le Aree marine protette possono fornire un ottimo punto di partenza per coinvolgere le comunità nella gestione della pesca e incoraggiare la gestione degli oceani. Le AMP possono incoraggiare la partecipazione della comunità, il che aumenta l’attenzione che prestano al miglioramento della loro gestione per le attività di pesca non protette. Naturalmente, per ottenere questo effetto, i governi devono includere attivamente le comunità nel processo di pianificazione. Se fatto  bene, questi stakeholder diventano partecipanti attivi nel plasmare il futuro delle proprie risorse».

Attualmente, l’Environmental Market Solutions Lab dell’UC Santa Barbara sta applicando questo modello ai diversi Paesi e i risultati stabiliranno un quadro per le singole nazioni per comprendere i potenziali benefici delle loro Aree marine protette.

Il team ha anche applicato la sua ricerca alle Amp del mondo reale e Darcy Bradley, uno dei coautori dello studio e co-direttore del programma Ocean and Fisheries dell’Environmental Market Solutions Lab, conclude: «Stiamo lavorando con più Paesi in tutto il mondo per sostenere i loro sforzi per mettere sotto protezione centinaia di migliaia di chilometri quadrati di area oceanica. Il team aiuta con la definizione delle priorità spaziali, sfruttando studi come questo, come parte del processo di pianificazione. Collaboriamo  inoltre con le agenzie nazionali per progettare programmi di monitoraggio della pesca ed eseguire valutazioni della pesca. In ciascuno di questi impegni, il nostro obiettivo è prendere la migliore scienza disponibile sull’Amp e tradurla in risultati pratici per sostenere gli ecosistemi e delle economie oceaniche fiorenti».