Le balene franche nordatlantiche sono solo 336. È il numero più basso in quasi 20 anni

Continuano a nuotare verso l’estinzione, ma in passato hanno già dimostrato di essere molto resilienti

[26 Ottobre 2021]

Il North Atlantic Right Whale Consortium (NARWC) ha annunciato che nel 2020 la popolazione di balene franche nordatlantiche (Eubalaena glacialis)  era scesa a 336 individui, un calo dell’8% rispetto al 2019, il numero più basso per la specie in quasi 20 anni. Il NARWC è composto da 200 scienziati, organizzazioni, rappresentanti del  settore marittimo e agenzie governative degli Stati Uniti e del Canada che sono impegnate negli sforzi per la conservazione della balena franca.

Heather Pettis, del’Anderson Cabot Center for Ocean Life del New England Aquarium e amministratrice esecutiva del NARWC, ha commentato: «Siamo ovviamente scoraggiati da questa stima, ma francamente, non sorpresi. Le comunità di ricerca e conservazione della balena franca sanno che, sebbene siano stati intrapresi sforzi diffusi per cambiare la traiettoria della specie, non sono stati sufficienti».

Le balene franche nordatlantiche sono in calo dal 2011, quando la specie raggiunse i  481 esemplari. Negli ultimi 10 anni, la specie è diminuita del 30%. Gli impatti umani, in particolare gli impigliamenti negli attrezzi da pesca fissi e le collisioni con le navi, restano le maggiori minacce per la sopravvivenza di questa specie. Recenti ricerche hanno dimostrato che negli ultimi 40 anni la lunghezza del corpo delle balene franche è diminuita, con intrappolamenti potenzialmente letali che lasciano ai singoli animali meno energia da dedicare alla crescita e alla riproduzione. Una ricerca del New England Aquarium ha anche dimostrato che «L’86% delle balene franche identificate è rimasto impigliato una o più volte negli attrezzi da pesca».

Scott Kraus, presidente del NARWC. Sottolinea che «Non c’è dubbio che le attività umane stiano portando questa specie verso l’estinzione. Inoltre, non c’è dubbio che le balene franche nordatlantiche siano una specie incredibilmente resistente. Nessuno impegnato nel lavoro sulla balena franca crede che la specie non possa riprendersi da questo. Possono farlo assolutamente, se smettiamo di ucciderle e permettiamo loro di destinare energia alla ricerca di cibo, compagni e habitat che non sia contrassegnata da ostacoli mortali».

Il meeting del North Atlantic Right Whale Consortium, che si tiene oggi e domani e al quale partecipano quasi 500 ricercatori di Usa, Canada, Ue e Australia, pubblicherà anche i rapporti sulle nascite e le morti delle balene franche nordatlantiche. Nel 2021, gli scienziati hanno monitorato 18 coppie madre-cucciolo, un numero che è motivo di ottimismo ma ben al di sotto della media annuale di 23 coppie del decennio precedente. Inoltre, nel 2021 ci sono state due morti documentate: il cucciolo maschio partorito nel 2021 da “Infinity”  è stato colpito il 12 febbraio da un’imbarcazione di pescatori sportivi nelle zone di parto al largo della costa della Florida ed è morto poco dopo. Pochi giorni dopo, un maschio adulto di 11 anni, “Cottontail”, è stato trovato morto al largo di Myrtle Beach, South Carolina, dopo che era stato avvistato impigliato in una rete ed emaciato.

Al NARWC fanno notare che «Sebbene il numero relativamente basso di decessi sia incoraggiante, la ricerca ha dimostrato che solo il 36% dei decessi viene effettivamente rilevato, con decessi noti che rappresentano una frazione del vero bilancio delle vittime».

Philip Hamilton, scienziato senior del New England Aquarium e curatore del database di identificazione NARWC, evidenzia che «La combinazione di un minor numero di morti rilevate e un aumento delle nascite fornisce alcune rare buone notizie per questa specie. Stimiamo che siano rimaste meno di 100 femmine riproduttrici. Dobbiamo sperare che i parti continuino a migliorare, con molti altri anni positivi a venire, se vogliamo invertire il calo della specie».

Il lavoro collaborativo per ridurre gli impatti letali e sub-letali delle minacce causate dall’uomo alle balene franche nordatlantiche hanno coinvolto ambientalisti, scienziati, agenzie governative e industrie della pesca e dei trasporti marittimi. Eppure, nonostante queste misure significative, salvare questa specie dall’estinzione richiederà un’azione più audace, più decisa e immediata. Nonostante siano rimasti così pochi esemplari, la storia ha dimostrato che le balene franche sono una specie resiliente che può riprendersi se gli umani forniscono un habitat oceanico adatto a far prosperare queste balene.

La Pettis conclude; «Noi come esseri umani abbiamo messo queste balene nella situazione in cui si trovano e abbiamo la capacità di aiutarle a uscirne. E’ necessaria un’ampia collaborazione e un impegno a lungo termine per garantire la sopravvivenza di questa specie e devono essere attuate azioni urgenti per prevenire impigliamenti e collisioni con le navi».