L’azione globale per salvare le foreste non è sufficiente: a rischio gli obiettivi climatici
I progressi non bastano per soddisfare gli impegni urgenti in materia di deforestazione e ripristino entro il 2030. Ci vorrebbero finanziamenti 200 volte quelli attuali
[26 Ottobre 2022]
Secondo il Forest Declaration Assessment pubblicato dalla Florest Declaration Platform – una coalizione di società civile e organizzazioni di ricerca – «Nel 2021 la deforestazione globale è diminuita leggermente del 6,3%, non raggiungendo gli obiettivi internazionali per fermare la perdita e il degrado delle foreste entro il 2030 e limitare il cambiamento climatico a 1,5 gradi Centigradi». Nel 2021 La deforestazione lorda globale è stata di 6,8 milioni di ettari, un’area grande quanto la Repubblica d’Irlanda, e ha prodotto 2,8 giga tonnellate equivalenti di CO2 (GtCO2e) di emissioni di gas serra.
La Forest Declaration Assessment è un’iniziativa indipendente della società civile per valutare i progressi verso gli obiettivi globali di fermare la deforestazione e ripristinare 350 milioni di ettari di terreno degradato entro il 2030, come stabilito in dichiarazioni internazionali come la New York Declaration on Forests (2014) and the Glasgow Leaders’ Declaration on Forests and Land Use (2021) e le associazioni che ne fanno parte ricordano che «Un anno fa, i colloqui delle Nazioni Unite (Onu) sui cambiamenti climatici (COP26) a Glasgow hanno visto una serie di ambiziosi impegni per le foreste: in particolare, 145 governi hanno firmato la Glasgow Leaders’ Declaration con l’obiettivo di fermare e invertire la perdita di foreste e il degrado del suolo al 2030. Ma un anno dopo, la mancanza di trasparenza sul modo in cui vengono rispettati i relativi impegni, come la riduzione dell’impatto sulle foreste del commercio internazionale e il rafforzamento dei diritti di proprietà delle popolazioni indigene e delle comunità locali, ostacola sia l’accountability che il progresso reale»
In nuovo assessment (l’ex New York Declaration on Forests Progress Assessment), fornisce un quadro realistico ullo stato e sul destino elle foreste e ne emerge che «Nessun indicatore globale è sulla buona strada per soddisfare gli Obiettivi 2030 per fermare la perdita e il degrado delle foreste e ripristinare 350 milioni di ettari di territorio forestale». Secondo la Florest Declaration Platform, «Per raggiungere gli obiettivi forestali, ifinanziamenti per la protezione e il ripristino delle foreste devono aumentare di 200 volte rispetto ai livelli attuali e i migliori gestori di terreni boschivi – Popoli Indigeni e comunità locali – rimangono esclusi dal processo decisionale e da molte opportunità di finanziamento e tutele che garantiscano i loro diritti territoriali».
David Gibbs, ricercatore GIS del GIS di Global Forest Watch del World Resources Institute, evidenzia che «Diversi flussi di dati mostrano che il mondo non è sulla buona strada per realizzare i nostri impegni di protezione delle foreste. Stiamo andando rapidamente verso un altro giro di impegni vuoti e foreste svanite». Franziska Haupt, managing partner di Climate Focus, aggiunge: «Il mondo non può lasciare che il 2030 passi come il traguardo fallito del 2020 della New York Declaration of Forests. I governi e il settore privato devono adottare riforme coraggiose per valutare le foreste viventi in proporzione al loro valore. E devono collaborare con la società civile per accelerare l’azione forestale, supportata da trasparenza e responsabilità».
Utilizzando i dati sulla deforestazione dal 2018 al 2020 per creare una linea di riferimento, la valutazione ha rilevato che «La diminuzione della deforestazione globale nel 2021 non corrispondeva al ritmo necessario per raggiungere l’obiettivo del 2030 di eliminare la deforestazione stabilito nel Glasgow pledge». Ma ci sono stati progressi eccezionali da parte di alcuni Paesi «L’Asia tropicale è l’unica regione attualmente sulla buona strada per fermare la deforestazione entro il 2030, in gran parte sulla base dei progressi in Indonesia (l’unico Paese ad aver abbassato il tasso di deforestazione in ciascuno degli ultimi 5 anni) e nella vicina Malaysia».
Nell’Africa tropicale, nel 2021 Ghana e Costa d’Avorio hanno ridotto significativamente la deforestazione causata dall’estrazione di materie, mentre l’Uganda e la Tanzania hanno ridotto in generale la deforestazione. Il rapporto però avverte che «Sebbene i tassi di deforestazione nell’Africa tropicale e in America Latina siano diminuiti negli ultimi anni, tali riduzioni sono ancora insufficienti per raggiungere l’obiettivo del 2030» e che «Laddove sono stati compiuti progressi, il merito può essere condiviso tra i mandati dei governi e la loro applicazione efficace, l’azione aziendale coraggiosa e collaborativa e gli sforzi innovativi guidati dalla società civile e dalle iniziative di base. Aumentare l’azione collaborativa e obbligatoria sulle foreste può essere fatto ed è stato efficace nell’invertire la tendenza alla deforestazione».
L’Assessment ribadisce che «I popoli indigeni e le comunità locali (IP e LC) sono in prima linea nella protezione e nella salvaguardia delle foreste, nonostante i rischi significativi che corrono per farlo. Garantire i loro diritti e garantire l’accesso diretto ai finanziamenti è una delle soluzioni climatiche più efficaci che deve essere adottata più ampiamente. Le terre gestite da IP e LC registrano risultati ambientali e sociali complessivamente migliori rispetto a quando le organizzazioni esterne hanno il controllo delle foreste. Tuttavia, IP e LC non sono adeguatamente inclusi nella politica e il riconoscimento e l’applicazione dei loro diritti rimangono deboli».
Il rapporto evidenzia un apparente paradosso: «Mentre la deforestazione globale è proseguita rapidamente, anche la copertura forestale è aumentata di circa 130,9 milioni di ettari dal 2000 al 2020, un’area leggermente più grande di quella del Perù, con guadagni netti in 36 Paesi. Tuttavia, i guadagni di copertura forestale non compenseranno mai la perdita di foreste in termini di stoccaggio del carbonio, biodiversità e servizi ecosistemici. La perdita di foreste primarie non può essere sostituita semplicemente da attività di rimboschimento o riforestazione. Le foreste che sono attualmente intatte devono rimanere vergini».
E il Forest Declaration Assessment ricorda che «Le foreste sono fondamentali per regolare e ristabilire il clima globale, con le foreste tropicali che svolgono un ruolo sproporzionato in questo senso. L’eliminazione della deforestazione entro il 2030 è una pietra miliare per l’obiettivo di Parigi, perché i cambiamenti nell’uso del suolo, inclusi la deforestazione e il degrado, rappresentano circa il 10-12% delle emissioni globali».
Per affermato Fran Price, global forest practice lead del World Wildlife Fund, «Il Forest Declaration Assessment. invia un altro segnale di allarme sul fatto che gli sforzi per fermare la deforestazione non sono sufficienti e non siamo sulla buona strada per raggiungere i nostri obiettivi per il 2030. Senza fermare la deforestazione e la conversione, non esiste un percorso per raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi stabilito nell’Accordo di Parigi o invertire la perdita di biodiversità. E’ tempo di una leadership audace e di soluzioni audaci per invertire questa tendenza allarmante»
Il problema colossale è che attualmente sono disponibili meno dell’1% dei finanziamenti necessari per proteggere e ripristinare le foreste: i finanziamenti nazionali e internazionali per la mitigazione delle foreste ammontano in media a 2,3 miliardi di dollari l’anno, mentre l’intero totale richiesto è di 460 miliardi di dollari all’anno. Popoli indigeni e comunità locali ricevono finanziamenti molto inferiori rispetto alle loro esigenze stimate per garantire i diritti di proprietà e preservare gli ecosistemi nei loro territori: solo il 3% del loro fabbisogno viene soddisfatto ogni anno. Ma la Florest Declaration Platform non perde la speranza: «Gli impegni presi nel 2021 dimostrano una maggiore ambizione. Se pienamente attuati, quadruplicherebbero i finanziamenti annuali per le foreste, portandoli a 9,5 miliardi di dollari all’anno tra il 2021 e il 25. Tuttavia, questo è ancora lontano da ciò che è necessario e non sono ancora disponibili informazioni su come verranno rispettati questi impegni». Erin Matson, consulente senior di Climate Focus, sottolinea che «Governi, istituzioni finanziarie, aziende e filantropi che prendono impegni finanziari devono abbinare i loro sforzi di marketing su questi impegni con la trasparenza. In questo momento, il progresso climatico rimane illusorio quanto i finanziamenti per il clima, ma la trasparenza può fornire una comprensione di quanto lontano dobbiamo andare per raggiungere la giusta traiettoria e di quanto velocemente dobbiamo muoverci».
E il rapporto fa rimettere i piedi sulla terra della politica e delle politiche: «L’azione volontaria non è sufficiente; sono necessarie politiche per livellare il campo di gioco per le imprese. Solo un quarto delle principali compagnie globali del settore agricolo ha annunciato una politica chiara, completa e ambiziosa per eliminare la deforestazione dalle proprie catene di approvvigionamento. Di queste compagnie, meno del 20% è vicino a rispettare i propri impegni. L’industria mineraria ha recentemente compiuto passi da gigante adottando politiche e standard che affrontano gli impatti sulla biodiversità, ma nel complesso è ancora notevolmente indietro rispetto al settore agricolo. Strumenti legali e politici solidi, come moratorie, capacità di applicazione rafforzata, politiche di conservazione intelligenti e maggiore trasparenza e responsabilità, proteggono le foreste».
Il rapporto porta gli esempi delle notevoli riduzioni della deforestazione in vari periodi dal 2004 a oggi, quando questi strumenti sono stati impiegati in Indonesia, Ghana, Costa d’Avorio, Gabon, Guyana e Brasile, ma fa presente che «Alcuni di questi risultati sono stati annullati, in particolare in Brasile, o rischiano di farlo, poiché i Paesi eliminano gradualmente o annullano i risultati delle politiche attraverso emendamenti recenti e proposti». Le recenti riforme legali nei principali Paesi forestali come la Repubblica del Congo, la Repubblica democratica del Congo (RDC) e il Perù hanno rafforzato il riconoscimento e la protezione dei diritti di popoli indigeni e comunità locali ma molti dei principali Paesi forestali hanno anche indebolito la protezione legale dei diritti di IP e LC attraverso modifiche normative e legislative, e IP e LC devono ancora combattere contro violazioni dei loro diritti e territori, nonché violenza ed emarginazione.
Secondo Thomas Maddox, direttore globale, foreste e territorio del CDP, «“Questo rapporto è un altro duro promemoria del fatto che rimangono solo 8 anni per raggiungere gli obiettivi forestali globali del 2030 di fermare la deforestazione e ripristinare le terre degradate. L’azione delle imprese non sta avvenendo alla velocità e alla scala necessarie per fermare e invertire la perdita della natura e limitare il riscaldamento globale in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Costruire lo slancio richiede una maggiore e migliore divulgazione da parte delle imprese e i giusti segnali e incentivi da parte dei governi, degli investitori e dei consumatori».
La Haupt. Ha concluso: «Dalla nostra prima valutazione nel 2016, abbiamo visto pochi progressi nella rimozione della deforestazione dalle catene di approvvigionamento aziendali. Il potenziale dell’azione volontaria dell’impresa non è stato ancora realizzato, ma abbiamo riscontrato il successo laddove una forte governance incontra un autentico sforzo aziendale attraverso un’azione allineata, inclusiva e collaborativa. E’ qui che la ruota incontra la strada e possiamo finalmente cambiare la traiettoria globale verso gli obiettivi forestali del 2030».