L’attuale modello agricolo distrugge le popolazioni di scarabei stercorari del Mediterraneo

I pericoli maggiori: scomparsa delle pratiche agricole tradizionali, abbandono delle aree rurali e prodotti medici veterinari. Ma gli scarabei stercorari hanno scarse tutele

[18 Gennaio 2021]

Dal rapporto “The conservation and distribution of Mediterranean dung beetles”, realizzato in collaborazione tra  International Union for Conservation of Nature  (IUCN) Species Survival Commission, IUCN Global Species Programme e IUCN Centre for Mediterranean Cooperation emerge che gli scarabei stercorari stanno attualmente affrontando una significativa perdita del loro habitat e che «Questo è dovuto in particolare alla scomparsa delle pratiche agricole tradizionali, all’abbandono delle aree rurali e alla contaminazione chimica tramite prodotti medici veterinari».

La prima valutazione della Lista Rossa dello scarabeo stercorario IUCN, alla quale hanno collaborato anche Mattia Tonelli dell’università di Urbino “Carlo Bo”, Marco Dellacasa dell’università di Pisa e Stefano Ziani di GeoLab, raccoglie i risultati di una valutazione di 200 taxa di scarabei stercorari, 150 dei quali sono endemici della regione mediterranea e lancia un forte allarme: «Il 20% delle specie valutate potrebbe essere in pericolo di estinzione, tra cui 21 sono specie endemiche».  Il nuovo rapporto evidenzia anche la mancanza di informazioni disponibili per valutare il rischio di estinzione di 74 specie, che sono state quindi classificate come “Data Deficient” (DD).

Gli scarabei stercorari forniscono una vasta gamma di vantaggi ambientali, aiutano il ciclo dei nutrienti, favoriscono l’aerazione del suolo e la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e metano, tengono sotto controllo i parassiti e la dispersione secondaria dei semi. Sono anche importanti nelle reti alimentari, non solo come decompositori, ma anche come prede di uccelli, pipistrelli e altri animali insettivori.

Antonio Troya, direttore del Centro IUCN per la cooperazione nel Mediterraneo, conferma: «Il risultato di questa valutazione della Lista Rossa conferma che gli sforzi per arrestare la perdita di biodiversità nella regione devono essere intensificati negli anni a venire per mantenere sani gli ecosistemi e proteggere il nostro capitale naturale per le generazioni future. La conversione delle praterie all’agricoltura o alla silvicoltura, il pascolo intensivo, l’uso indiscriminato di medicinali veterinari e l’abbandono della zootecnia sono minacce significative per queste specie. Sono necessari approcci più innovativi e integrati per un’agricoltura più sostenibile nella regione».

Il pascolo eccessivo, che provoca la compattazione del suolo e modifica la struttura della vegetazione, così come l’abbandono del bestiame – che riduce la quantità di risorse trofiche (feci), – sono tra le peggiori minacce per gli scarabei stercorari del Mediterraneo. «In particolare – fanno notare i ricercatori – è probabile che il declino delle pratiche agricole culturali come la transumanza in tutta Europa aumenti la pressione sugli scarabei stercorari. Inoltre, l’uso diffuso di prodotti medici veterinari provoca la contaminazione delle feci del bestiame. La difficoltà di questi ultimi nel metabolizzare la maggior parte di queste sostanze fa sì che vengano rilasciate allo stato naturale e colpiscano specie non bersaglio come gli scarabei stercorari. Pertanto, è necessario migliorare la legislazione esistente regolamentando l’uso di prodotti medici veterinari utilizzati contro i parassiti e attuare misure per prevenire l’uso improprio che potrebbe portare alla contaminazione».

Lo spagnolo Jorge Lobo, del Dipartimento di biodiversità e cambiamenti climatici del Museo Nacional de Ciencias Naturales, ricorda che «La biodiversità degli scarabei stercorari nella regione mediterranea è in gran parte legata all’eterogeneità del territorio, alla varietà di mammiferi presenti e alla disponibilità di escrementi di erbivori incontaminati. Una migliore gestione dei pascoli coltivati e naturali nei territori naturali e agricoli è essenziale per preservare la biodiversità del suolo e garantire ecosistemi sani in futuro».

Ana Nieto, direttrice dell’Unità per la conservazione delle specie dell’IUCN Global Species Programme, aggiunge che «Gruppi iper-diversificati di invertebrati, come gli scarabei stercorari, possono servire come indicatori dello stato di salute dei territori naturali disturbati e della loro biodiversità. Aumentare la conoscenza di queste specie ci aiuterà a capire dove agire per ripristinare la salute dell’ecosistema e i benefici associati. Quest’ultimo rapporto dell’IUCN mostra la relazione tra la biodiversità dei coleotteri e i cambiamenti indotti dall’uomo. In particolare, questo rapporto indica l’importanza di interessarsi a questo carismatico gruppo di specie al fine di ampliare la prospettiva e la rappresentatività della Lista Rossa della biodiversità mediterranea».

Il rapporto IUCN sugli scarabei stercorari del Mediterraneo evidenzia anche «La completa mancanza di protezione legale per questo gruppo di specie». Gli scarabei stercorari sono infatti esclusi dai principali strumenti e quadri giuridici come la Direttiva Habitat dell’Ue, la Convenzione sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali in Europa, CITES e altri regolamenti dell’Ue sull’utilizzo di farmaci antiparassitari.

Molti scarabei stercorari con densità di popolazione moderate sono legati ad habitat naturali aperti e ai territori agricoli tradizionali, quindi ci sono molte aree in cui una notevole biodiversità di scarabei stercorari si verifica al di fuori delle aree protette.

Anche il loro status di protezione varia da Paese a Paese.  I ricercatori concludono: «Sebbene esistano misure per proteggere le specie o gli ecosistemi, queste generalmente si concentrano sulla conservazione delle popolazioni di poche specie o di determinate aree naturali in vari modi. E’ necessaria l’attuazione di politiche specifiche per sottolineare l’importanza di preservarli  o introdurre pratiche agricole e sistemi di pascolo del bestiame che garantiscano una distribuzione eterogenea di habitat agricoli e naturali sani in tutto il territorio».