Land grabbing contro gli scimpanzé più rari. L’agribusiness e la biodiversità nelle foreste dell’Africa

Uno studio di Greenpeace: «In Camerun stanno distruggendo gli habitat delle grandi scimmie»

[24 Febbraio 2015]

Gli scimpanzé sono tra i nostri parenti più stretti, ma per la grande impresa agroindustriale in Africa sembrano solo una fastidiosa presenza, anche se appartengono alla sottospecie più rara.

Irene Wabiwa-Betoko, a capo della campagna foreste di Greenpeace Africa, spiega che «Gli scimpanzé ed altri primati in Africa devono affrontare un numero crescente di minacce per la loro stessa esistenza. Vengono commerciati e mangiati come carne di selvaggina, il loro habitat viene distrutto dai taglialegna illegali, rischiano di essere fortemente influenzati dai cambiamenti climatici e ci sono rapporti che dicono che il loro numero sia calato molto a causa di Ebola, Al culmine di tutto questo, stanno anche vedendo il loro territorio distrutto dalle companies senza scrupoli dell’agribusiness – molte di proprietà straniera – che stanno rasando al suolo vaste aree di foresta pluviale in tutta l’Africa occidentale e centrale per far posto alle piantagioni che producono olio di palma, gomma e altre materie prime».

Greenpeace presenta nuove prove di questo land grabbing ai danni degli scimpanzé (e delle comunità tribali umane) nel rapporto “Forest Cover Change Assessment Case Study: Sud Hevea in Cameroon” realizzato da Anna Komarova ed Ilona Zhuravleva, del GIS Center di  Greenpeace Russia, che  rivela che diversi progetti dell’agro-industria  in Camerun stanno distruggendo e minacciando gli habitat delle grandi scimmie. Le immagini satellitari mostrano che il progetto della multinazionale cinese Hevea Sud per realizzare piantagioni di gomma e palma da olio nella regione del sud del Camerun ha già distrutto oltre 3.000 ettari di foresta pluviali e si sta preparando a spianarne altre migliaia.

Wabiwa-Betoko sottolinea che «La concessione confina con la riserva faunistica di Dja un sito patrimonio mondiale dell’Unesco, che pullula di specie rare e minacciate della fauna selvatica tra cui lo scimpanzé, il gorilla di pianura occidentale e l’elefante di foresta». L’Unesco chiede da tempo al governo del Camerun indagini per verificare se la foresta protetta sia influenzata da queste operazioni, ma le autorità locali hanno respinto le sollecitazioni dell’Agenzia Onu, per «motivi di sicurezza».

Ma all’opera non ci sono solo i cinesi, anche la statunitense Herakles Farm ha sen minato distruzione per realizzare piantagioni di palme da olio nel sud-ovest del Camerun  e secondo Greenpeace Africa la deforestazione realizzata dalla multinazionale Usa è in gran parte illegale ed «Ha  distrutto corridoi di foresta  vitali utilizzati da scimpanzé e altri mammiferi per muoversi tra le quattro aree protette in cui la concessione è inserita».

Questo tipo di progetti al confine tra l’illegale e l’illegale, con forti danni per gli habitat, secondo gli ambientalisti «Sono sempre più in tutto il bacino del Congo e in tutta l’Africa occidentale e centrale».

Joshua Linder, un antropologo statunitense della James Madison University, è convinto che «Gli sviluppi agroindustriali presto emergeranno come la minaccia al top per la biodiversità nell’area della foresta tropicale africana Se non saranno presto implementate le strategie proattive per mitigare gli effetti su larga scala della conversione dei suoli sugli  habitat, possiamo aspettarci un rapido declino della biodiversità dei primati africani».

La Wabiwa-Betoko spera di poter ancora fermare un grosso progetto della società camerunense Azur. Un’indagine realizzata da Greenpeace Africa nel dicembre 2014 dimostra che la Azur vorrebbe mettere le mani su una fitta foresta vicino alla Ebo Forest, dove dovrebbe essere istituito un Parco nazionale e dove vivono sia gli scimpanzé della Nigeria-Camerun (Pan troglodytes ellioti) , la sottospecie più rara del mondo, che altri primati minacciati di estinzione come i mandrilli. La Wabiwa-Betoko spiega che «Greenpeace ha scritto all’Azur in diverse occasioni, chiedendo che fornisca le prove per dissipare le crescenti preoccupazioni ambientali sul loro progetto. Non c’è stata alcuna risposta».

E’ anche difficile credere che le autorità del Camerun siano inconsapevoli delle polemiche che questo tipo di progetti stanno causando: la concessione di Hevea Sud si trova nel distretto di cui è originario il presidente del Paese, Paul Biya. Secondo Greenpeace Africa, «E’ più credibile è che questa polemica sia volutamente trascurata, minimizzata o ignorata. Mentre è facile capire come uno scimpanzé o un gorilla possono non essere consultati sul futuro della loro casa, meno lo è come questo possa essere fatto con una comunità umana. Ma in tutto il Camerun e nella regione in generale ci sono numerosi casi in cui siano stati avviati nelle foreste progetti distrutti con poca o nessuna consultazione con i residenti, per non parlare il loro previo consenso. Spesso vengono pagati una frazione di quello che è il reale valore della loro terra e molte persone vengono private ​​della foresta e della terra che non sono solo la loro casa, ma il loro sostentamento».

La Wabiwa-Betoko è molto preoccupata per quello che sta succedendo in Camerun e in altri Paesi dell’Africa occidentale e centrale –  dove i governi magari hanno firmato accordi con l’Ue per la forestazione responsabile e, dopo aver incassato i finanziamenti europei, continuano a fare come prima e peggio di prima – e conclude: «I governi, prima dell’assegnazione di concessioni industriali, devono sviluppare con urgenza un processo partecipativo di pianificazione dell’uso del suolo. Ai progetti che si stanno sviluppando senza un’adeguata consultazione della comunità e si trovano in zone di alto valore ecologico non dovrebbe essere permesso di continuare e di rischiare il conflitto sociale e ulteriori danni ambientali. Poi, se non vengono introdotte ed efficacemente attuate le misure necessarie, le foreste, le comunità e la fauna di una delle regioni più ricche di biodiversità in tutto il pianeta continueranno ad essere in pericolo».