La rana e la salamandra che producono alcol e glicerina per sopravvivere sottozero

Durante l’inverno, la rana siberiana è in grado di sopravvivere per mesi immersa acque praticamente prive di ossigeno

[5 Settembre 2022]

Un team di ricercatori dell’Istituto di citologia e genetica del ramo siberiano dell’Accademia delle scienze russa e dell’Istituto dei problemi biologici del nord, ramo dell’Estremo Oriente dell’Accademia delle scienze russa, ha pubblicato su Наука в Сибири (Science in Siberia) i primi risultati di uno studio sui meccanismi di resistenza degli anfibi all’ipossia, cioè il basso contenuto di ossigeno nei tessuti.

I ricercatori dell’Accademia delle scienze russa spiegano che «Gli anfibi provengono dalle regioni meridionali, ma alcuni di loro, adattati alla vita al nord, hanno adattamenti per tollerare le temperature gelide. Alcuni resistono al congelamento, altri vanno in bacini non congelati per passarvi l’inverno». Fino a poco tempo, gli anfibi erano considerati meno resistenti all’ipossia, ma nel 2019 i biologi di Magadan hanno dimostrato che la rana siberiana (Rana amurensis) sopravvive in acqua in assenza quasi completa di ossigeno fino a 6 mesi e mantiene la capacità di muoversi. La rana arvale (Rana arvalis) e la salamandra siberiana (Salamandrella keyerlingii) rimangono sotto terra nei 10-15 cm superiori del terreno e, una volta congelate, subiscono una grave ipossia dovuta all’interruzione della circolazione sanguigna, che fornisce ossigeno ai tessuti.

Uno degli autori della ricerca, Sergey Viktorovich Shekhovtsov, ricorda che «Nel 2021 abbiamo ricevuto una borsa di studio dalla Fondazione delle scienze russa per studiare la resistenza della rana siberiana all’ipossia, ma abbiamo ampliato l’argomento studiando altri tipi di anfibi che tollerano il congelamento e l’ipossia. Il problema con il congelamento è che l’acqua può cristallizzare all’interno delle cellule e romperle, il che porterebbe alla morte dell’animale. Il compito dell’organismo è creare condizioni fisiche e chimiche nelle quali il ghiaccio si forma in quantità minime nello spazio extracellulare»

Gli anfibi che svernano sotto terra gelano a valori negativi non estremi, ma poi resistono a temperature molto basse. Ad esempio, la rana arvale è in grado di tollerare il raffreddamento fino a -16° C, la salamandra siberiana – fino a -55° C. Allo stesso tempo, gli anfibi accumulano crioprotettori, sostanze che proteggono il corpo dagli effetti distruttivi del freddo. Secondo i ricercatori, «La maggior parte degli anfibi sopravvive quando viene raffreddata a -1 – 1,5 ° C, dopo muore. La rana arvale e la salamandra siberiana si adattano alla vita in condizioni invernali estreme e prendono vita in primavera senza alcun danno corporeo. La rana siberiana è fortemente resistente all’ipossia, ma non tollera il raffreddamento a lungo termine al di sotto di -2,5° C, quindi non può svernare sulla terraferma. Nel periodo gelido, sceglie uno stagno non ghiacciato. La rana sta sott’acqua praticamente senza ossigeno. In condizioni di laboratorio, Rana amurensis è riuscita a sopravvivere in contenitori ermeticamente chiusi in acqua con un contenuto minimo di ossigeno inferiore a 0,2 mg/l O2 per 97 giorni, rimanendo attiva e ha reagito agli irritanti esterni. L’adattamento della rana siberiana all’ipossia estrema prolungata è il primo caso noto nella classe degli anfibi».

In  laboratorio, i biologi, insieme ai colleghi del Centro internazionale di tomografia del ramo siberiano dell’Accademia delle scienze russa, hanno studiato il metaboloma (un insieme di piccole molecole presenti nel corpo) di tutti e tre gli anfibi e ne è emerso che «Entro l’autunno, gli animali accumulano glicogeno nel fegato, un polisaccaride che in inverno si scompone in glucosio e glicerolo. Questi composti forniscono energia alle cellule del corpo prima del congelamento e quindi agiscono come antigelo. L’analisi metabolica ha rivelato l’accumulo di prodotti della glicolisi: lattato e alanina. Questo significa che, trovandosi in acqua senza ossigeno o in fase di congelamento, gli animali passano al metabolismo anaerobico».

Nelle rane e salamandre In uno stato di ipossia/congelamento, gli scienziati hanno trovato etanolo in quantità tali che non era mai state osservate prima nei vertebrati terrestri.  In tutte le specie è stato trovato il glicerolo, che funge da crioprotettore in molti animali resistenti al gelo. I ricercatori russi sottolineano che «La sua presenza nella rana arvale  è inaspettata, poiché si credeva che utilizzasse glucosio e urea come antigelo».  Ma i ricercatori considerano ancora più interessante il contenuto di glicerolo nel corpo della rana siberiana, visto che il suo ruolo non è chiaro, perché questo anfibio non tollera il congelamento. La presenza negli organismi animali di molte sostanze che prima sembravano atipiche per queste specie consente agli scienziati di ipotizzare la loro resistenza a condizioni estreme.

Shekhovtsov aggiunge: «Il congelamento e l’ipossia sono un grave stress per l’organismo di un anfibio. Grazie alle peculiarità del metabolismo e dei crioprotettori, gli anfibi hanno un margine di sicurezza sufficiente per riprendere vita in primavera. Nell’ambito della sovvenzione, prevediamo di studiare questi meccanismi».

I ricercatori concludono: «I risultati dello studio aiuteranno a trovare percorsi genetici per l’adattamento dei vertebrati alla fame di ossigeno e a sviluppare nuovi metodi per la crioconservazione degli organi»