La perdita globale di biodiversità è molto più allarmante di quanto si sospettasse in precedenza

Quasi la metà delle specie sta subendo un calo delle dimensioni della popolazione, meno del 3% sta aumentando

[23 Maggio 2023]

Il nuovo studio “More losers than winners: investigating Anthropocene defaunation through the diversity of population trends”, pubblicato su Biological Reviews da Catherine Finn e Daniel Pincheira-Donoso, del MacroBiodiversity Lab della School of Biological Sciences della Queen’s University Belfast, e da Florencia Grattarola, della Fakulta životního prostředí Česká zemědělská univerzita v Praze, ha dimostrato che la perdita globale di biodiversità causata dall’industrializzazione umana è molto più allarmante di quanto si pensasse in precedenza.

Alla Queen’s University Belfast ricordano che «L’erosione globale della biodiversità è stata ampiamente identificata tra le sfide più urgenti per l’umanità nei prossimi decenni, minacciando il funzionamento degli ecosistemi da cui dipende la vita, la produzione alimentare, la diffusione di malattie e persino la stabilità dell’economia globale. Per decenni, la portata di questa “crisi di estinzione” è stata misurata con le tradizionali “threat conservation categories” che l’International Union for the Conservation of Nature (IUCN) assegna alle specie previa valutazione. Attualmente, sulla base di questo metodo tradizionale, è noto che circa il 28% della vita sulla terra è minacciata di estinzione».

Il nuovo studio. il più completo nel suo genere fino ad oggi, ha esaminato nel tempo i cambiamenti nella densità di popolazione di oltre 70.000 specie di animali in tutto il mondo. Le scoperte fatte dimostrano che «Quasi la metà delle specie sulla Terra sta attualmente subendo un calo delle dimensioni della popolazione, mentre meno del 3% sta aumentando la dimensione della popolazione».

Per condurre il loro studio, i ricercatori hanno intrapreso un’analisi su scala globale di una diversa misura del rischio di estinzione: i “population trends” (se le dimensioni della popolazione delle specie stanno diminuendo, rimangono stabili o migliorano nel tempo). Utilizzando questo approccio, hanno scoperto che «L’entità della crisi di estinzione è considerevolmente più grave di quanto mostrato dalla misurazioni tradizionale basata sulle categorie di minaccia, con un allarmante 48% delle specie in declino verso l’estinzione e solo il 3% che mostra segnali di ripresa».

Finn, Pincheira-Donoso e Grattarola  sottolineano che «Questi risultati mostrano che la crisi globale dell’estinzione della biodiversità non riesce a compensare le specie perdute con l’evoluzione di altre specie che potrebbero prendere il loro posto (“nicchie”) in natura».

Lo studio ha anche scoperto che il 33% delle specie attualmente considerate “sicure” dalle categorie di conservazione IUCN sta di fatto declinando verso il rischio di estinzione.

Commentando l’importanza dei risultati, Pincheira-Donoso, docente senior di biologia evolutiva e macroecologia e ricercatore principale del progetto, ha evidenziato che «Questo nuovo metodo di studio e analisi su scala globale fornisce un quadro più chiaro sulla reale portata dell’erosione globale della biodiversità che l’approccio tradizionale non può offrire. Il nostro lavoro è un drastico allarme sull’attuale portata di questa crisi che ha già impatti devastanti sulla stabilità della natura nel suo insieme e sulla salute e il benessere umaniz.

La Finn conclude: «Quasi la metà degli animali sulla Terra per i quali sono disponibili valutazioni sono attualmente in declino. A peggiorare le cose, molte delle specie animali che si pensa non siano a rischio di estinzione, in realtà stanno progressivamente diminuendo».