La perdita di natura spinge i Paesi verso il declassamento del debito sovrano e il fallimento
Il primo rating sovrano che comprende la biodiversità avverte dell'incombente crisi del debito in 26 Paesi
[23 Giugno 2022]
Secondo il rapporto “Nature Loss and Sovereign Credit Ratings”, pubblicato dalla Finance for Biodiversity Initiative e realizzato da un team di economisti guidato dal Bennett Institute for Public Policy dell’università di Cambridge, «I primi rating sovrani al mondo adeguati per la biodiversità dimostrano come la distruzione ecologica influisca sulle finanze pubbliche, determinando declassamenti, crisi del debito e aumento dei costi dei prestiti».
Il team di ricerca è stato il primo a produrre rating sovrani “climate smart” utilizzando l’intelligenza artificiale, suggerendo un declassamento del riscaldamento globale già nel 2030.
Simon Zadek, presidente della Finance for Biodiversity Initiative, ricorda che «Il cambiamento climatico ha dominato la conversazione, ma dimostrare come il rischio biodiversità si traduca in rischio di mercato è la nuova frontiera della finanza ambientale e attualmente la sfida più grande. Questo studio unico nel suo genere avvia la ricerca per 26 Paesi».
I rating sovrani valutano l’affidabilità creditizia delle nazioni, coprendo oltre 66 trilioni di dollari di debito sovrano. Le agenzie che stanno dietro queste valutazioni agiscono come guardiani del capitale globale. Attualmente, agenzie come Moody’s e Standard & Poor’s valutano rischi finanziari difficili da quantificare come possibili eventi geopolitici, ma ignorano in gran parte le conseguenze economiche del degrado ecologico.
Però, il team di economisti delle università di Cambridge, East Anglia, Sheffield Hallam e SOAS University of London che ha realizzato il rapporto avverte che «La perdita di specie vegetali e animali potrebbe già essere destinata a causare importanti declassamenti sovrani, con Cina e Indonesia in procinto di scendere di due livelli già nel 2030 in uno scenario normale. Se parti del mondo dovessero assistere a un “crollo parziale degli ecosistemi” della pesca, della produzione di legname tropicale e dell’impollinazione selvatica – come simulato dalla Banca Mondiale -, più della metà delle 26 nazioni studiate andrebbe incontro a declassamenti, con l’India in calo di 4 livelli e la Cina in calo di 6 su una scala di 20 tacche».
In tutti i 26 Paesi esaminati, questi declassamenti aumenterebbero il pagamento annuale degli interessi sul debito fino a 53 miliardi di dollari l’anno, lasciando molti Paesi in via di sviluppo con n rischio significativo di insolvenza del debito sovrano, fino al fallimento.
E gli economisti dicono che le loro simulazioni, basate sull’intelligenza artificiale, sono prudenti: «Coprono solo la pesca, il legname e gli impollinatori, mentre in realtà la perdita della natura degrada tutto, dalla salute umana al suolo coltivabile, poiché il rischio della perdita di biodiversità è estremamente difficile da quantificare è considerato il “Santo Graal della finanza ambientale”».
Il team di ricercatori britannici siottolinea che «Degli investitori “non vedenti” non possono gestire il rischio in modo efficace e l’omissione della perdita di biodiversità dai calcoli potrebbe minare la stabilità del mercato».
Il principale autore del rapporto, Matthew Agarwala, del Bennett Institute for Public Policy dell’università di Cambridge. Ricorda che «Non sono solo i finanzieri a perdere. L’aumento del rischio sovrano vede i mercati richiedere premi di rischio più elevati, il che significa che i governi – e, in definitiva, i contribuenti – pagano di più per prendere in prestito. Poiché la perdita della natura riduce le prestazioni economiche, per i Paesi diventerà più difficile onorare il proprio debito, mettendo a dura prova i bilanci pubblici e costringendoli ad aumentare le tasse, tagliare la spesa o aumentare l’inflazione. Questo avrà gravi conseguenze per la gente comune”.
La natura e la biodiversità forniscono “servizi ecosistemici” che vanno dalle api che impollinano le colture alle piante che rigenerano il suolo e prevengono le inondazioni, la cui perdita comporta ingenti costi economici. Un altro autore del rapporto, Matt Burke, della Sheffield Hallam University, fa notare che «Le economie che dipendono dagli ecosistemi devono affrontare una scelta: pagare ora, investendo nella natura, o pagare in seguito attraverso costi di prestito più elevati e debiti in aumento. L’opzione “paga ora” genera rendimenti a lungo termine per le persone, le imprese e la natura. L’opzione “paga dopo” presenta notevoli rischi al ribasso, con un rialzo minimo o nullo».
Basandosi sul rapporto “The Economic Case for Nature : A Global Earth-Economy Model to Assess Development Policy Pathways”, pubblicato nel 2021 dalla Banca Mondiale, il nuovo “Nature Loss and Sovereign Credit Ratings” traccia i rating creditizi di 26 Paesi in3 diversi scenari: arresto della perdita di biodiversità; “business as usual” nel quale la natura diminuisce ai ritmi attuali, inclusa la perdita di 46 milioni di ettari di natura selvatica entro il 2030; “tipping point” nel quale gli ecosistemi subiscono un collasso parziale, creando una riduzione del 90% dei servizi relativi alla pesca marina, all’impollinazione selvatica e al rifornimento di legname dalle regioni tropicali, dove la perdita di foresta naturale è più acuta.
I ricercatori sottolineano che «Anche senza tipping point” , i trend attuali, da soli, vedono quattro nazioni affrontare rating del credito declassati nei prossimi 8anni: India e Bangladesh di una tacca e Cina e Indonesia di due tacche. Se gli ecosistemi in difficoltà compresi nell’analisi iniziassero davvero a collassare, più della metà dei Paesi oggetto dello studio perde almeno una tacca, con un terzo che scende di tre o più tacche. Il rating del credito della Cina scende di 6i livelli, creando pagamenti di interessi annuali aggiuntivi fino a 18 miliardi di dollari, mentre il settore aziendale già indebitato incorre in un debito aggiuntivo di 20 – 30 miliardi di dollari. La Malaysia scende di quasi 7 livelli, con pagamenti di interessi aggiuntivi fino a 2,6 miliardi di dollari ogni anno. Il declassamento di 4 livelli colpirebbe India, Bangladesh e Indonesia, insieme a miliardi di interessi, e 12 Paesi dei 26 nello studio aumenterebbero il rischio di fallimento di oltre il 10%, in modo più drammatico per il Bangladesh (41%), l’Etiopia (38 %) e India (29%). 6 Paesi compresi nello studio, tra cui Pakistan e Madagascar, diventerebbero più propensi a fallire se colpiti da un improvviso collasso degli ecosistemi naturali».
La coautrice Patrycja Klusak, del Bennett Institute di Cambridge dell’università dell’East Anglia, ricorda a sua volta che «I Paesi in via di sviluppo sono già gravati da oneri paralizzanti del debito causati dal Covid-19 e dall’aumento dei prezzi, e la perdita della natura spingerà queste nazioni più vicine al limite. C’è un urgente bisogno di innovazione nei mercati del debito sovrano. Le priorità includono l’integrazione della scienza nelle valutazioni del rischio lungimiranti, il sostegno immediato ai Paesi in via di sviluppo per evitare insolvenze sovrane e l’utilizzo dei mercati del debito per sostenere gli investimenti nella conservazione».
I ricercatori sostengono che «I Paesi che proteggono le risorse biologiche potrebbero vedere un miglioramento del merito creditizio».
E un altro autore dello studio, Moritz Kraemer, ex direttore del credito sovrano di S&P ora Senior Fellow al Center for Sustainable Finance della SOAS University di Londra, aggiunge: «Come ovunque, anche qui si applicano le leggi della domanda e dell’offerta. La diminuzione dell’offerta altrove aumenterà la scarsità e, di conseguenza, il valore delle risorse naturali conservate. Incorporare il rischio della natura nei rating del debito sovrano creerebbe un forte incentivo per i governi a migliorare la protezione ambientale».
Il coautore Ulrich Volz, direttore del SOAS Centre for Sustainable Finance, conclude: «I rischi legati alla biodiversità sono un rischio materiale per l’attività economica e le finanze pubbliche. La protezione dell’habitat naturale non è solo importante per il bene della natura, ma è anche fondamentale per salvaguardare la stabilità macroeconomica. La perdita di biodiversità è ben compresa dagli ecologisti. La sorveglianza satellitare significa che è possibile monitorare i cambiamenti nell’uso del suolo e quantificare la perdita della natura. Data l’entità dei rischi economici, l’inclusione della natura nei rating del debito sovrano è inevitabile».