La Nasa mappa la diminuzione e il degrado globale delle paludi salmastre e il loro impatto sul carbonio

Il blue carbon delle paludi salmastre è stato sottovalutato ed è importante per gli NDC dell’Accordo di Parigi

[9 Dicembre 2022]

Secondo lo studio “Global hotspots of salt marsh change and carbon emissions”, pubblicato recentemente su Nature da  Anthony Campbell,  Lola Fatoyinbo e Liza Goldberg,  del Biospheric Sciences Laboratory del Goddard Space Flight Cente della National Aeronautics and Space Administration (NASA), e da David Lagomasino dell’Integrated Coastal Programs dell’East Carolina University, «Negli ultimi 20 anni il mondo ha perso 561 miglia quadrate (1.453 chilometri quadrati) di paludi salmastre». 

Lo studio rappresenta il primo conteggio globale coerente delle aree e dei cambiamenti delle paludi salmastre. Un lavoro che ha anche permesso loro di iniziare a stimare la quantità di anidride carbonica emessa nell’atmosfera quando le paludi vengono degradate o perse.

Alla Nasa spiegano che «Le paludi salmastre sono piane costiere che vengono regolarmente inondate dall’acqua salata del mare e sono sia un indicatore che una protezione contro il cambiamento climatico. Proteggono le comunità costiere da forti impatti di tempeste e dall’innalzamento del livello del mare. Forniscono habitat vitali e nurseries per specie di piante, animali e uccelli costieri e aree ricreative per gli esseri umani. Inoltre, le paludi sequestrano carbonio nella loro vegetazione, nei fanghi torbosi e in altri detriti organici».

Campbell aggiunge che «Le paludi salmastre immagazzinano una quantità significativa di carbonio e, poiché quel carbonio viene emesso nell’atmosfera a causa del degrado delle zone umide, fa progredire il cambiamento climatico. Prima di questo, non avevamo mappe di come e dove le paludi stanno cambiando. Questo studio ci dà un’idea di quanto carbonio è stato emesso negli ultimi 20 anni».

Mentre in alcune aree del mondo le paludi hanno guadagnato terreno negli ultimi due decenni, gli scienziati hanno registrato «Una perdita globale complessiva equivalente a due campi da calcio ogni ora: una perdita significativa, sebbene inferiore ad alcune stime precedenti basate sul campionamento a terra da siti limitati». Da soli, gli Stati Uniti d’America e la Russia rappresentano il 64% delle perdite totali di paludi nell’arco del periodo di studio.

Per realizzare lo studio, gli scienziati della NASA hanno condotto un’analisi globale e sistematica dei cambiamenti delle immagini satellitari raccolte dal 2000 al 2019, quantificando perdite, guadagni e recuperi degli ecosistemi delle paludi salmastre. Analizzando i dati di Landsat 5, 7 e 8 – una missione congiunta della NASA e dell’US Geological Survey –  in Google Earth Engine, gli scienziati hanno identificato il cambiamento delle paludi e i driver del cambiamento, inclusi tempeste,  urbanizzazione e cambiamento locale del livello del mare. Questi dati globali sul cambiamento delle paludi salmastre sono ora ad accesso libero.

Dopo aver analizzato i cambiamenti nella forma e nell’area delle paludi, Campbell e il suo team hanno sintetizzato le stime globali del carbonio organico immagazzinato fuori terra (nella biomassa come erbe e arbusti) e sepolto nei suoli e nei sedimenti paludosi. Hanno quindi ricavato la quantità di carbonio rilasciata attraverso la perdita di paludi e hanno stimato «Emissioni globali nette di 16,3 terragrammi di anidride carbonica durante il periodo di studio, l’equivalente annuo delle emissioni di circa 3,5 milioni di veicoli a motore».

La Fatoyinbo, esperta di paludi e mangrovie al Goddard Space Flight Center della NASA, ricorda che «Storicamente, le paludi salmastre non erano considerate ecosistemi importanti per lo stoccaggio e le emissioni di carbonio, quindi non sono stati fatti tanti sforzi per rintracciarle, ha affermato Lola,. Ma in realtà, questo “blue carbon” – il carbonio organico immagazzinato negli ecosistemi costieri e marini come le paludi e le mangrovie – è una parte importante del bilancio del carbonio della Terra. L’inclusione degli ecosistemi di blue carbon nel processo decisionale internazionale sarà fondamentale per raggiungere gli obiettivi climatici nei Nationally Determined Contribution (NDC) dell’Accordo di Parigi».

In tutto il mondo, le zone umide e le paludi stanno cambiando a causa di molti fattori legati al clima e allo sviluppo costiero, dall’innalzamento del livello del mare, alle tempeste sempre più forti, all’interruzione dell’approvvigionamento di sedimenti e alla siccità.

La Fatoyinbo conclude: «Le saline sono ecosistemi costieri davvero importanti e le loro perdite possono portare a elevate emissioni di anidride carbonica, metano e altri gas serra dal suolo nell’atmosfera. Per i Paesi, la protezione e il ripristino degli ecosistemi del blue carbon sonodei modi per raggiungere il loro NDC. La nuova mappa globale delle perdite e dei guadagni delle zone umide potrebbe aiutare i Paesi a dirigere meglio la gestione, la protezione e il ripristino di questi ecosistemi».