La mortalità di massa dei mammiferi marini sta aumentando e il cambiamento climatico peggiora la situazione

Il riscaldamento dei mari e lo scioglimento dei ghiacci potrebbero creare la tempesta perfetta per la trasmissione di malattie

[17 Agosto 2020]

Mentre la pandemia di Covid-19 si è diffusa in tutto il mondo, le persone stanno iniziando a capire, a un livello molto personale, i modi in cui le malattie infettive possono devastare la loro vita. Ma i focolai di malattie non si limitano solo agli esseri umani o alla vita sulla terra ferma ed è proprio su questo che ha indagato lo studio “Unchartered waters: Climate change likely to intensify infectious disease outbreaks causing mass mortality events in marine mammals”, pubblicato su Global Change da Claire Sanderson e Kathleen Alexander del Department of Fish and Wildlife Conservation del  Virginia Polytechnic Institute and State University (Virginia Tech) e del Blacksburg e del Center for African Resources: Animals, Communities and Land use (CARACAL),

La Sanderson sottolinea che «Siamo forse più attenti che mai agli impatti catastrofici delle malattie infettive sia negli esseri umani che negli animali. Il nostro compito ora è iniziare a capire cosa porta a questi eventi, in particolare in specie come i mammiferi marini, dove la nostra conoscenza è ancora più limitata.

Nel 2000, in soli 4 mesi sono morte 10.000 foche del Mar Caspio (Pusa caspica) in pericolo di estinzione e dopo i ricercatori hanno scoperto che il colpevole di questa mortalità di massa era il virus del cimurro canino.

Al virginia Tech ricordano che «E’ noto che gli eventi di mortalità di massa indotti da malattie infettive colpiscono una varietà di specie, inclusi invertebrati, uccelli, pesci e mammiferi terrestri e acquatici. Tuttavia, questi eventi nei mammiferi acquatici sono poco studiati rispetto alle loro controparti terrestri. Per contribuire a colmare queste lacune di conoscenza, Sanderson e Alexander hanno valutato  i fattori che influenzano il verificarsi di questi eventi di mortalità di massa nei mammiferi marini, che definiscono come un «numero devastante di vittime all’interno della stessa specie in un breve periodo di tempo», eventi che dipendono anche dallo stato di conservazione della specie e dalle dimensioni della popolazione. «Al di là della morte di singoli animali – dicono le due scienziate – gli eventi di mortalità di massa possono dare inizio a una cascata di eventi con gravi ripercussioni ecologiche. Le popolazioni colpite sono spesso a maggior rischio di estinzione locale e i cambiamenti nella struttura della comunità possono sconvolgere l’equilibrio di un ecosistema».

Sanderson e Alexander hanno scoperto che, tra il 1955 e il 2018, eventi di mortalità di massa indotti da malattie infettive si sono verificati nel 14% delle specie di mammiferi marini e che i virus sono stati responsabili del 72% di questi eventi e hanno causato un numero di morti 20 volte superiore a quelli dei focolai batterici. A essere particolarmente comuni sono stati i focolai di morbillivirus e influenza A e le ricercatrici spiegano che «A causa del loro ciclo di vita, entrambi i virus possono infettare più ospiti poiché hanno il potenziale per essere trasmessi tra varie specie».

Per determinare quali fattori hanno influenzato il verificarsi di eventi di mortalità di massa indotti da malattie infettive nei mammiferi marini, Sanderson e Alexander hanno valutato le variabili ambientali e i tratti essenziali della life history delle diverse specie, concentrandosi sulla socialità, il livello trofico (la posizione di una specie nella catena alimentare) e l’ampiezza dell’habitat e dicono che « Mentre la socialità e il livello trofico non sembravano essere associati a eventi di mortalità di massa nei mammiferi marini, l’ampiezza dell’habitat sì. Più della metà delle specie che hanno subito eventi di mortalità di massa erano pinnipedi, un ordine di specie semi-acquatiche che include foche, leoni marini e trichechi».

La Sanderson avidenzia che «I pinnipedi collegano le interfacce terrestre e acquatica e possono avere una maggiore esposizione agli agenti patogeni che si verificano in questi tipi di territori. Ad esempio, foche e leoni marini vengono spesso osservati su spiagge, coste rocciose e moli, ma trascorrono anche una parte significativa della loro vita in acqua».

Invece, le variabili ambientali, come le anomalie stagionali e della temperatura della superficie del mare, erano significativamente associate a focolai di malattie nei mammiferi marini. Una delle misure più indicative del cambiamento climatico è la fluttuazione delle temperature della superficie del mare. Sanderson e Alexander hanno scoperto che «Il 61% degli eventi di mortalità di massa nei mammiferi marini si è verificato durante i periodi in cui si sono verificate anomalie della temperatura della superficie marina regionale». Lo studio suggerisce che «Il tasso di incidenza di un evento di mortalità di massa indotto da una malattia infettiva aumenta di quasi il 12% per ogni unità di aumento delle anomalie della temperatura globale della superficie del mare».

La Alexander fa notare che «Con l’intensificarsi del cambiamento climatico, questo potrebbe innescare una complessa catena di eventi che alterano drasticamente questi ecosistemi, colpendo le popolazioni marine che vivono in questi ambient.  Anche gli effetti del cambiamento climatico sul ghiaccio marino e sulla salinità degli oceani hanno implicazioni sulla diffusione delle malattie. Nelle regioni polari, il ghiaccio marino si sta sciogliendo più rapidamente a causa dell’aumento della temperatura dell’aria, ma varie specie di pinnipedi hanno bisogno del ghiaccio marino per partorire, riposare, accoppiarsi, sfuggire ai predatori e fare la muta. Quando il ghiaccio si scioglie, i pinnipedi sono costretti a riunirsi su lastre di ghiaccio più piccole e che diventano sempre più piccole. A densità più elevate, un maggiore contatto tra gli individui può consentire la trasmissione più rapida dei patogeni attraverso una popolazione e una regione».

Come se non bastasse, sta cambiando anche l’equilibrio chimico dell’oceano: nelle regioni polari, lo scioglimento del ghiaccio marino diluisce l’acqua salata dell’oceano e, dato che specie come pesci, molluschi e crostacei sono sensibili ai piccoli cambiamenti nell’ambiente, questo può comportare una diminuzione dell’abbondanza di prede. Con meno cibo di cui nutrirsi, i mammiferi marini possono patire uno stress nutrizionale, con conseguente diminuzione della funzione immunitaria e una maggiore suscettibilità alle malattie.

La Sanderson  ricorda che «I mammiferi marini rappresentano importanti sentinelle della salute acquatica, fornendo informazioni essenziali per la gestione delle minacce a questi ecosistemi vulnerabili. Affrontare le cause profonde del cambiamento climatico sarà di fondamentale importanza mentre tracciamo un percorso per progredire nella gestione di queste specie».

Tra tutte le specie di mammiferi marini che hanno subito un evento di mortalità di massa indotto da malattie infettive, lo studio ha rilevato che il 37% era elencato come in pericolo o vulnerabile all’estinzione e la Alexander conclude: «Questo lavoro sottolinea la minaccia critica che le malattie infettive possono rappresentare per le specie marine e la potenziale importanza del cambiamento climatico come driver di ampia portata di questo processo. In questo quadro, il nostro ruolo è complesso in quanto contribuiamo direttamente al cambiamento del nostro clima, aumentando l’inquinamento da patogeni e degrado dell’habitat. Ma abbiamo anche il potere di cambiare le cose, di affrontare il cambiamento climatico, di proteggere le specie e gli ambienti con il lavoro e e l’innovazione: l’umanità al suo meglio».