La guerra delle scimmie a Saint kitts e Nevis

Un programma Unep per tentare di far convivere cercopitechi gialloverdi, esseri umni e specie autoctone dei Caraibi

[6 Luglio 2020]

A Saint Kitts e Nevis vivono più di 60.000 cercopitechi gialloverdi e (Chlorocebus sabaeus) trasportati nel XVII secolo dall’Africa dai coloni europei e ormai diventati un’icona turistica – come le spiagge e i boschi tropicali – di questo piccolissimo Stato Insulare caraibico di 261 km2 (poco più dell’Isola d’Elba). Ma le scimmie sono ormai più dei 54.000 abitanti umani delle due isole e sono una minaccia sempre più grande per le specie autoctone e per le coltivazioni, che invadono costantemente, non appena hanno capito come rendere inefficaci i metodi che gli uomini escogitano per tenere le scimmie lontani dai frutteti.

Melvin James, direttore del Dipartimento agricoltura di Saint Kitts e Nevis ha detto all’agenzia IPS che «Gli animali selvatici, in particolare le scimmie e i maiali selvatici, causano ogni anno una perdita considerevole di reddito per la produzione di alimenti. Nel 2018, le stime grezze indicarono che era stato impossibile commercializzare un totale di 90 tonnellate di alimenti, equivalente alla produzione di un mese, a causa degli effetti dell’invasione di animali selvatici solo nei frutteti di Saint Kitts».

Le isole della Federazione di Saint Kitts e Nevis sono ricche di biodiversità come le altre isole dei Caraibi orientali, però molte specie autoctone sono fragili e vulnerabili alle minacce esterne, come le specie invasive.

L’united Natoins environmen programme (Unep) e i suoi partner stanno lavorando con il governo di Basseterre per capire  quale sia l’impatto dei cercopitechi gialloverdi  sulla biodiversità, l’agricoltura, il turismo e le risorse ambientali. Il progetto Preventing COSTS of Invasive Alien Species in Barbados and the OECS Countries finanziato dalla Global Environment Facility (Gef) sta sviluppando un piano sostenibile per gestire le popolazioni di scimmie africane, ma Naitram Ramnanan, rappresentante regionale del the Centre for Agriculture and Biosciences International (CABI), che partecipa al progetto, sottolinea che «La specie sta diventando sempre più problematica nella regione. Pe esempio, anche a  Barbados sono un parassita agricolo importante, Sebbene siano presenti in natura in altre isole, non sono ancora un parassita pericoloso ma è altamente probabile che lo diventino». Per questo il piano di gestione sostenibile in attuazione a Saint Kitts e Nevis verrà replicato a Barbados e in altre isole.

La leader del team di ricerca, l’antropologa biologica Kerry Dore, esperta in interazioni tra esseri umani e altri primati, sta monitorando le perdite in 65 fattorie selezionate casualmente a St. Kitts e attualmente sta monitorando le perdite in 26 fattorie e 22 orti, oltre a condurre sondaggi per valutare il bilancio economico delle scimmie gialloverdi sull’agricoltura.

Il team ha già scoperto che i primati si cibano di una vasta gamma di fauna autoctona, tra cui felci arboree delle Indie occidentali, cactus opuntia, bromeliacee, heliconie e filodendro, e i ricercatori stanno ora pianificando di valutare il bilancio delle scimmie sulla popolazione di uccelli di Saint Kitts e Nevis. Imitando il comportamento riproduttivo delle specie di uccelli autoctone in una vasta gamma di habitat con uova di quaglia poste in nidi finti, il team spera di capire l’impatto e il modello della predazione di uova delle scimmie.

La Dore sottolinea che «In generale, sappiamo che le specie invasive sono la minaccia numero uno per la biodiversità nelle isole. Il nostro obiettivo per questa parte del progetto è ottenere le informazioni di cui il governo ha bisogno per prendere decisioni di gestione informate a beneficio della salute ambientale della Federazione».

Negli ultimi anni molti frutteti sono stati devastati dagli uragani e le scimmie si sono spostate verso le aree residenziali, adattando le loro abitudini alimentari alla disponibilità di cibo e al comportamento degli esseri umani. Alcini contadini stanno utilizzando spaventapasseri per spaventare i cercopitechi gialloverdi, ma le scimmie imparano presto che quei finti uomini sono innocui. Alcuni coltivatori usano i cani per spaventare le scimmie, ma dopo un po’ i cercopitechi riescono a fare amicizia con i cani da guardia che smettono di inseguirli.

La collaborazione regionale con Barbados include un’iniziativa di citizen science per determinare l’areale delle scimmie e la densità di popolazione su quell’isola. »L’obiettivo finale del programma – spiega l’Unep – è quello di creare una strategia scientificamente informata per gestire le scimmie gialloverdi e limitare il loro impatto sull’agricoltura, la biodiversità, il turismo e le famiglie nei Caraibi.

Christopher Cox, espero di biodiversità dell’Unep, conclude: «La diffusione di specie invasive, insieme al degrado degli ecosistemi dovuto all’attività umana, è una delle maggiori minacce alla flora e alla fauna della regione. Con il sempre crescente commercio e movimento delle persone attraverso le frontiere, il rischio di introduzione di specie esotiche dannose rimarrà elevato. Ma lavorando insieme su un approccio umano e basato sulla scienza, speriamo che scimmie, le persone e le specie autoctone possano coesistere e la straordinaria biodiversità di questa regione possa continuare a prosperare».