La capacità riproduttiva degli alberi diminuisce con l’età

Studio con la partecipazione dell’università Statale di Milano e dell’università di Torino per comprendere la vita degli alberi e gestire i programmi di rigenerazione delle foreste

[17 Agosto 2021]

Secondo quanto emerge dallo studio “Is there tree senescence? The fecundity evidence”, pubblicato su Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS) da un folto tem di ricercatori internazionale «La fecondità degli alberi non cresce di pari passo con la loro crescita di dimensione, ma raggiunge un picco quando gli alberi hanno raggiunto una dimensione intermedia, per poi decrescere».

Allo studio, che ha visto impegnati 59 ricercatori provenienti da Cile, Italia, Canada, Polonia, Francia, Spagna, Svizzera, Giappone, Slovenia, Germania, Panama, Porto Rico e Stati Uniti coordinati dalla Duke University, hanno  partecipazione le università Statale di Milano e dell’università di Torino ed è stato condotto in tutto il mondo su 585.670 singoli alberi appartenenti a quasi 600 specie e «Fornisce un importante contributo per prevenire cali di fecondità nella produzione di frutti e semi, vitali per molti animali e per la rigenerazione delle foreste».

Infatti, la ricerca internazionale rivela che «Nell’80% delle specie esaminate la fecondità degli alberi, cioè il potenziale biologico di riproduzione, ha raggiunto un picco quando gli alberi hanno raggiunto una dimensione intermedia, dopodiché è diminuita.  Il restante 20% delle specie non possiede necessariamente un “elisir” di giovinezza per scongiurare questo deterioramento: anche queste piante, probabilmente, sperimentano un declino della fecondità oltre una certa età e dimensione, ma non esistono ancora abbastanza dati sugli alberi più vecchi e più grandi di queste specie per saperlo con certezza».

Il principale autore dello studio, Tong Qiu della Nicholas School of the environment della Duke University, spiega che «I frutti freschi o secchi degli alberi costituiscono il 3% della dieta umana e sono importanti anche per molti uccelli e piccoli mammiferi, mentre i semi   sono vitali per la rigenerazione delle foreste. Per gestire e conservare efficacemente queste risorse, dobbiamo poter prevedere eventuali cali di fecondità e sapere a quale dimensione o età potrebbero verificarsi».

Un altro autore dello studio  James S. Clark, docente di scienze ambientali alla Duke University, aggiunge: «Da un lato, è poco plausibile che la fecondità negli alberi aumenti indefinitamente con l’età e le dimensioni, dato ciò che sappiamo sui processi di invecchiamento negli esseri umani e in tutti gli altri organismi multicellulari».

All’università Statale di Milano ricordano che «Gli alberi da frutto vengono spesso sostituiti a venti o trent’anni di età, quando la produzione inizia a diminuire, mentre è molto difficile monitorare la produzione di semi negli alberi che crescono in foreste naturali. Questo significa che la maggior parte degli studi sulla fecondità degli alberi fino ad ora si è basata su dati sbilanciati verso gli alberi più giovani e di piccole o medie dimensioni. In mancanza di dati sufficienti sulla produzione di semi nelle fasi successive dello sviluppo di una specie, finora gli scienziati hanno approssimato questi numeri sulla base di quanto osservavano nelle fasi precedenti con il rischio di sopravvalutare il potenziale effettivo di un albero».

Il nuovo studio evita questa “trappola”, sintetizzando i dati sulla produzione di semi da parte delle circa 600 specie monitorate attraverso la rete di siti di ricerca a lungo termine Masting Inference and Forecasting (MASTIF), progetto elaborato da una collaborazione con decine di partner scientifici in tutto il mondo, tra cui i due atenei di Milano e Torino. Ulteriori osservazioni, ottenibili tramite trappole per semi o conteggi della produzione totale di semi e frutti, possono essere facilmente inserite nel database per aggiungerle alla base di conoscenze disponibile. I ricercatori italiani evidenziano che «L’accesso a un archivio così vasto di dati ha consentito a Qiu, Clark e ai loro colleghi di sviluppare un modello per calcolare la fecondità a lungo termine in modo più accurato».

Giorgio Vacchiano,  docente del Dipartimento di scienze agrarie e ambientali – Produzione, territorio, agroenergia della Statale e co-autore della ricerca, conclude: «Saper prevedere accuratamente quanti semi produrrà un albero in un certo anno è fondamentale per migliorare la nostra capacità di gestire, conservare e ripristinare le foreste del mondo. Questi modelli matematici ci aiuteranno a capire quanto rapidamente una foresta sarà in grado di rigenerarsi dopo un incendio o un danno da vento, e dove sarà più urgente concentrare le risorse per accelerare il processo di riforestazione».