La biodiversità della fauna selvatica fa bene alla nostra salute

Per prevenire future pandemie, dobbiamo ripristinare e proteggere la natura

[12 Aprile 2021]

Il nuovo studio “Impacts of biodiversity and biodiversity loss on zoonotic diseases”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da Felicia Keesing del Program in Biology del Bard College, Annandale e Richard S. Ostfeld del Cary Institute dell’Ecosystem Studies di Millbrook,  che sintetizza le attuali conoscenze su come la biodiversità influisce sulla salute umana e fornisce raccomandazioni per la ricerca futura per guidare la gestione, conferma che «Un numero crescente di prove suggerisce che la perdita di biodiversità aumenta la nostra esposizione a patogeni zoonotici sia nuovi che consolidati. Ripristinare e proteggere la natura è essenziale per prevenire future pandemie».

La Keesing, che è anche visiting scientist al Cary Institute of Ecosystem Studies, sottolinea chè «C’è un mito persistente che le aree selvagge con alti livelli di biodiversità siano hot spot per le malattie. Una maggiore diversità animale deve essere uguale a più agenti patogeni pericolosi. Ma questo risulta essere sbagliato. Per noi, la biodiversità non è una minaccia, in realtà ci protegge dalle specie che è più probabile che ci faranno ammalare».

Le malattie zoonotiche come COVID-19, SARS ed Ebola sono causate da agenti patogeni condivisi tra l’uomo e altri animali vertebrati. Ma le specie animali differiscono nella loro capacità di trasmettere agenti patogeni che ci fanno ammalare. Ostfeld, un ecologo esperto di malattie animali:  «La ricerca sta aumentando le conoscenze sul fatto che le specie che prosperano in territori sviluppati e degradati sono spesso molto più efficienti nell’ospitare i patogeni e nel trasmetterli alle persone. In territori meno disturbati con una maggiore diversità animale, questi rischiosi serbatoi sono meno abbondanti e la biodiversità ha un effetto protettivo».

Roditori, pipistrelli, primati, ungulati come pecore e cervi e i carnivori sono stati segnalati come i taxa dei mammiferi con maggiori probabilità di trasmettere agenti patogeni all’uomo. Keesing e Ostfeld fanno notare che «E’ molto più probabile che il prossimo agente patogeno emergente provenga da un topo che da un rinoceronte». E la Keesing aggiunge: «Questo perché gli animali con life histories veloci tendono ad essere più efficienti nel trasmettere gli agenti patogeni. Gli animali che vivono velocemente, muoiono giovani e hanno una maturità sessuale precoce con molti figli, tendono a investire meno nelle loro risposte immunitarie adattative. Spesso sono più bravi a trasmettere malattie, rispetto agli animali a vita più lunga con un’immunità adattativa più forte».

Quando dalle comunità ecologiche viene persa la biodiversità, le specie  con il corpo più grande e longeve tendono a scomparire per prime, mentre le specie fisicamente più piccole con life histories veloci tendono a proliferare. La ricerca ha scoperto che «I mammiferi ospiti di virus zoonotici hanno meno probabilità di essere specie di interesse per la conservazione (cioè sono più comuni), e che sia per i mammiferi che per gli uccelli, lo sviluppo umano tende ad aumentare l’abbondanza di specie ospiti zoonotiche, portando persone e animali rischiosamente più vicini gli uni agli altri».

Ostfeld osserva che «Quando erodiamo la biodiversità, privilegiamo le specie che hanno maggiori probabilità di essere ospiti zoonotici, aumentando il nostro rischio di eventi di spillover. La gestione di questo rischio richiederà una migliore comprensione di come cose come la conversione dell’habitat, i cambiamenti climatici e il sovrasfruttamento influenzano gli ospiti zoonotici e come il ripristino della biodiversità nelle aree degradate potrebbe ridurne l’abbondanza».

Per prevedere e prevenire lo spillover, Keesing e Ostfeld sottolineano la necessità di «Concentrarsi sugli attributi dell’ospite legati alla trasmissione della malattia piuttosto che continuare a discutere l’importanza primaria di un taxon o di un altro». E Ostfeld spiega ancora: “Dobbiamo smetterla di presumere che esista un’unica fonte animale per ogni agente patogeno emergente. I patogeni che saltano dagli animali alle persone tendono a essere trovati in molte specie animali, non solo in una. Sono saltatori, dopotutto, e di solito si spostano facilmente tra le specie».

La chiave per proteggere la salute pubblica è riuscire a distinguere le caratteristiche che rendono un animale un ospite efficace delle zoonos, come le sue strategie immunitarie, la resilienza ai disturbi e le preferenze di habitat. La previsione dei luoghi in cui queste specie prosperano e dove è probabile che possa avvenire la trasmissione e l’emergere di agenti patogeni può portare a realizzare interventi mirati preventivi.

La Keesing conclude: «Il ripristino della biodiversità è un’importante frontiera nella gestione del rischio di malattie zoonotiche. Quei patogeni che si riversano per infettare gli esseri umani – patogeni zoonotici – spesso proliferano a causa degli impatti umani. Mentre ricostruiamo le nostre comunità dopo il Covid-19, dobbiamo tenere ben presente che una delle nostre migliori strategie per prevenire future pandemie è proteggere, preservare e ripristinare la biodiversità».