Sempre in carcere altri 7 ambientalisti iraniani accusati di essere spie di Cia e Mossad

Iran: «L’Occidente ha utilizzato lucertole e camaleonti per spiare il nostro nucleare»

Le accuse dopo il “suicidio” in carcere del noto ambientalista Emami

[20 Febbraio 2018]

Hassan Firuzabadi, ex capo di stato maggiore dell’esercito iraniano e attuale consigliere militare della guida suprema della Repubblica Islamica, l’ayatollah Ali Khamenei, ha accusato i Paesi Occidentali di aver utilizzato lucertole e camaleonti per spiare l’Iran e il suo programma nucleare.

Le fantascientifiche accuse sono arrivate dopo il “suicidio” in carcere di Kavus Seyed Emami, un noto ambientalista iraniano, direttore della Persian Wildlife Heritage Foundation (Pwhf) e sociologo dell’università Imam Sadeq, che era stato arrestato il 24 gennaio insieme ad altri 7 ambientali proprio con l’accusa di spionaggio. Gli altri arrestati sono: Morad Tahbaz, un businessman iraniano-americano; Houman Jowkar; tesoriere e direttore del Conservation of Asiatic Cheetah Project; Nilofaur Bayani,  CAPA project manager ed ex consulente dell’United Nations Environment Program; Amir-Hossein Khaleghi, del Cat specialist group Ssc/Iucn e della Pwhf, Sepideh Kashani della Pwhf, mentre altri due altri ambientalisti del Pwhf, Taher Ghadirian e Sam Rajabi,  erano stati arrestati due mesi prima.  Anche il vicepresidente dell’Organizzazione per la protezione dell’ambiente, Kaveh Madani, è stato detenuto temporaneamente durante lo scorso fine settimana.

Il 9 febbraio la famiglia era stata avvertita dalle autorità di Teheran della morte del docente ed ecologo iraniano-canadese e subito la ministra degli esteri del Canada, Chrystia Freeland, aveva chiesto al governo iraniano di chiarire la vicenda, Il 12 febbraio da diversi professori universitari che hanno scritto al presidente iraniano per chiedere spiegazioni sul presunto “suicidi”o del 63enne Emami.

Nella lettera i docenti universitari iraniani, appartenenti a 4 associazioni, scrivono: «La notizia del decesso del Dr. Kavus Seyed Emami ha sorpreso e scioccato la comunità scientifica ed ecologista» e ricordano Emami come un «professore noto, uno scienziato distinto, un veterano di guerra e un nobile essere umano. Le voci sul suo arresto e sul suo decesso in prigione non sono credibili. Ci aspettiamo che Voi agiate urgentemente per indagare seriamente su questo caso e che chiediate conto alle istituzioni coinvolte in questa perdita dolorosa».

Ma il 13 febbraio il procuratore di Teheran, Abbas Jafari-Dolatabadi, ha accusato l’ONG di  Emami di essere stata creata circa un decennio fa proprio per mascherare delle attività di raccolta «di informazioni classificate nel settore della difesa e dei missili. I sospetti in questo caso, sotto la direzione degli ufficiali dei servizi segreti della Cia e del Mossad, hanno condotto una triplice missione centrata sull’ambiente, infiltrando la comunità scientifica e raccogliendo delle informazioni dei centri (di attività) sensibili e vitali, in particolare sulle basi missilistiche».  Jafari-Dolatabadi  ha accusato la rete di “spie ambientaliste” di aver «installato delle telecamere in delle zone strategiche, sotto copertura di osservazione dell’ambiente, mentre in realtà osservavano le attività dei missili di questo Paese».

I missili però scompaiono dalle accuse di Firuzabadi, che dice che in realtà Emami e i suoi presunti complici spiavano gli impianti nucleari iraniani.

Infatti l’ex capo di stato maggiore iraniano, fedelissimo agli ambiente più conservatori, ha spiegato che «Diversi anni fa, della gente arrivava in Iran, presumibilmente per raccogliere aiuti per la Palestina. Il loro percorso e la raccolta di denaro dalle città ci sembravano sospetti. Si dirigevano verso aree deserte. Avevano con sé rettili del deserto: lucertole e camaleonti. Abbiamo appreso che la pelle di queste creature attrae le radiazioni e che questi animali sono in grado di localizzare le miniere di uranio, così come i reattori nucleari. Cioè, erano spie nucleari che volevano scoprire dove si trovano le miniere di uranio all’interno della Repubblica islamica dell’Iran e dove siamo impegnati in attività atomiche».

Firuzabadi ha aggiunto che, nonostante lucertole e camaleonti spia, le agenzie di spionaggio occidentali «hanno fallito ogni volt». Poi ha rivelato un altro caso di spionaggio che avrebbe coinvolto du tedeschi: «Li hanno portati su una barca da pesca da Dubai e dal Kuwait e li hanno mandati nel Golfo Persico per identificare i nostri sistemi di difesa. Ma quando li abbiamo arrestati, hanno detto che erano venuti a pescare e che erano turisti».

Nell’ottobre 2008 le forze di sicurezza iraniane arrestarono anche due colombi sospettati di spiare le installazioni nucleari. Gli uccelli furono catturati vicino al sorvegliatissimo bunker che ospita l’impianto di arricchimento dell’uranio a Natanz e all’epoca un giornale iraniano citò una fonte che asseriva che uno dei due piccioni era dotato di «un anello di metallo blu con corde invisibili», ma nessuno ha mai spiegato cosa dovevano spiare i piccioni, per quale Paese lavoravano e quale sia stato il loro destino.

Ma sono credibili le accuse rivolte agli ambientalisti iraniani di utilizzare lucertole e rettili per spiare i loro impianti nucleari? Ria Novosti/sputnik  (che non può essere certo accusata di avere pregiudizi anti-iraniani) lo ha chiesto all’erpetologo Vladislav Starkov, ricercatore dell’Istituto di chimica biorganica dell’Accademia russa delle scienze, che ha partecipato a numerose spedizioni scientifiche in Asia Centrale, Iran e  Afghanistan, che ha risposto: «Nella mia lunga esperienza di attività scientifica nel campo dell’erpetologia, questa è la prima volta che ne ho sentito parlare. Primo, le lucertole, specialmente i camaleonti, non vivrebbero a lungo in Iran. L’Iran non è un paese tropicale. E questi rettili a sangue freddo sono alla ricerca di luoghi caldi in cui vivere, soprattutto i camaleonti abitano la parte meridionale dell’Oman. Non possono essere interessati alle fredde miniere di uranio. In secondo luogo, è assurdo. Se in teoria ipotizziamo che il rettile percepisca la radioattività, allora qui vale il principio “dell’opposto”. Cioè, i rettili sono insensibili a questa radioattività, tollerano dosi più elevate di mammiferi e umani. Inoltre questi rettili dovrebbero in qualche modo trasmettere informazioni per scopi di spionaggio! Ma non possono farlo da soli. Sensori o dispositivi speciali dovrebbero essere installati su di essi. Pertanto, le conclusioni sulla capacità delle lucertole di essere spie sono illogiche e in nessun modo scientificamente fondate. Se ci fossero altri animali, e fosse possibile ad esempio in certe aree registrare la loro morte, si potrebbe allora supporre che in questi luoghi ci siano depositi di minerali radioattivi. Questo può essere considerato un elemento di spionaggio. Ma questo non può essere fatto con le lucertole. Questi rettili sono insensibili alle radiazioni e se installati su di loro sensori speciali e venissero portati in una zona radioattiva nota, allora le lucertole vivrebbero più a lungo delle altre creature. Questo è un fatto scientificamente provato. inoltre, la pelle della lucertola è costituita da proteine ​​simili alle proteine ​​della pelle umana: cheratina A e B. Nessuno di questi due tipi di cheratina ha la capacità di assorbire o rilevare l’uranio o altre sostanze radioattive».

Insomma, o  Firuzabadi  ha detto molte stupidaggini o come scrive ironicamente Ria Novosti, «gli erpetologi iraniani hanno un altro punto di vista scientifico per dimostrare le “abilità di spionaggio” dei rettili, ma si sono rifiutati di confermarli in un’intervista con Sputnik».

Tornando al presunto “suicidio” di  Madani la ministra Freeland ha protestato vivamente con Teheran: «Un Canadese è morto. Ci aspettiamo che il governo dell’Iran fornisca delle risposte sulle circostanze riguardanti questa tragedia. Siamo seriamente preoccupati per la situazione riguardante la detenzione e la morte di Kavus Seyed Emani. Abbiamo espresso a più riprese le nostre preoccupazioni e continueremo a farlo, Il mio governo proseguirà con ogni mezzo a sua disposizione la ricerca di informazione supplementari».

Il problema è che l’Iran non riconosce la doppia nazionalità e quindi si rifiuta di dare informazioni su chi la ha. Il portavoce del ministero della giustizia dell’Iran, il riformatore Gholamhossein Mohseni Ejeie, ha detto all’agenzia iraniana Ilna che «Emami si è dato la morte, ma non dispongo di informazioni dettagliate su questo incidente che è oggetto di un’inchiesta» e il procuratore Jafari-Dolatabadi ha confermato che l’ambientalista «Si è sfortunatamente ucciso in prigione».  Emani è il secondo cittadino iraniano-canadese a morire in una prigione iraniana: nel 2003 venne trovato “suicida” il foto-giornalista Zahra Kazemi e la sua morte ha resi difficili per diversi anni le relazioni tra Canada e Iran. Emami è stato subito sepolto in un villaggio vicino alla prigione dove si sarebbe ucciso, ma la sua famiglia chiede di riavere il suo corpo e che venga sottoposto a un’autopsia per determinare le cause della morte.

Forse il commento più vero e amaro a su questa tragica vicenda viene dal militante iraniano per i diritti umani Emameddin Baghi, che è stato imprigionato più volte e che rimpiange di non aver denunciato pubblicamente gli abusi commessi nelle prigioni iraniane: «Quando ho appreso la notizia [della morte di Emami], mi sono sentito colpevole perché, per evitare ogni strumentalizzazione da parte dei nemici dell’Iran (…), ho rifiutato di rivelare i cattivi trattamenti che ho subito durante la mia detenzione, Se tutti avessimo parlato, si saprebbe perché nelle prigioni si producono catastrofi di questo tipo».