Insieme si è meno soli. L’evoluzione della coppia nei primati, fino agli esseri umani

La coppia è stata la base per creare società complesse, ma non spiega il legame sociale e cooperativo tipico degli esseri umani

[24 Dicembre 2019]

«Da soli, in coppia o in gruppo, la diversità nei sistemi sociali dei primati è interessante perché può anche fornire spunti sulla vita sociale umana». E’ da qui che sono partiti Peter M. Kappeler, un biologo evoluzionista del Deutschen Primatenzentrums – Leibniz- Institut für Primatenforschung e dell’Universität Göttingen e l’antropologo Luca Pozzi dell’università del Texas – San Antonio, per realizzare lo studio “Evolutionary transitions towards pair living in non-human primates as stepping stones towards more complex societies”, pubblicato su Science Advances, nel quale esaminano come si sono evolute le diverse società di primati e quali fattori possono essere stati responsabili delle transizioni che hanno portato alla loro evoluzione. Le ricostruzioni hanno mostrato che «L’evoluzione da un modo di vivere solitario a una vita di gruppo di solito è avvenuta attraverso la vita di coppia. Il vivere in coppia è quindi servito da trampolino di lancio per la vita di gruppo e svolge quindi un ruolo chiave nell’evoluzione dei sistemi sociali».

Al Deutschen Primatenzentrums spiegano che «Nel corso dell’evoluzione, le specie hanno dovuto adattarsi alle mutevoli condizioni ambientali. Un adattamento cruciale in questo processo è la modifica del comportamento sociale. Circa la metà di tutte le specie di primati vive in gruppi, circa un terzo in coppie, il resto vive in modo solitario. Perché queste diverse forme di complessità sociale si sono evolute, quante transizioni si sono verificate e quali fattori hanno portato alle transizioni sono state analizzate sulla base di dati genetici e osservazioni comportamentali di 362 specie di primati».

Kappeler sottolinea che «Il vivere in coppia, l’associazione di un maschio e una femmina, svolge un ruolo chiave nell’evoluzione dei sistemi sociali dei mammiferi, poiché i maschi potrebbero raggiungere un maggiore successo riproduttivo se non si legassero a una sola femmina. I biologi evoluzionisti hanno lottato a lungo per identificare i vantaggi selettivi della vita in coppia per i maschi».

A prima vista, le due ipotesi attuali sullo sviluppo del vivere in coppia, la distribuzione delle femmine e quella delle cure paterne, sembrano escludersi a vicenda, ma Kappeler evidenzia che «In effetti, i nostri risultati indicano che i due fattori possono essere complementari. Inizialmente, un presunto cambiamento ecologico nell’habitat che ha portato alla separazione spaziale delle femmine e dei maschi solitari, che in precedenza avevano diverse femmine che vivevano nel loro territorio, erano successivamente in grado di avere accesso a una sola femmina. A loro volta, le cure paterne risultanti dalla formazione della coppia hanno aumentato la probabilità di sopravvivenza della prole e quindi il rafforzamento della vita delle coppie».

L’ulteriore passaggio alla vita di gruppo è stato possibile attraverso un miglioramento della situazione ecologica, che ha permesso alle femmine imparentate di vivere in stretta vicinanza. Questi potrebbero quindi essersi unite a uno o più maschi.

Kappeler conclude facendo notare che «Tuttavia, il legame di coppia tipico degli esseri umani all’interno di unità sociali più grandi non può essere spiegato con i nostri risultati, dal momento che nessuno dei nostri antenati viveva in modo solitario. Tuttavia, i vantaggi della cura paterna potrebbero aver portato a un consolidamento della coppia che sopravvive negli esseri umani».

Insomma, siamo ed eravamo esseri sociali e cooperativi fortemente influenzati dalle femmine, anche se tendiamo a scordarcene troppo spesso.