Indonesia, gli incendi appiccati dai produttori di olio di palma? L’accusa di Greenpeace

Da mesi il Paese brucia: in 3 settimane le emissioni di gas serra sono state superiori a quelle prodotte dalla Germania in 1 anno

[19 Novembre 2015]

Da mesi il vastissimo territorio dell’Indonesia è piagato da numerosi incendi, che hanno incenerito vaste porzioni delle foreste torbiere del Borneo e immesso in atmosfera una quantità ciclopica di gas serra, CO2 ma anche metano: sole tre settimane di questi incendi hanno provocato, secondo le più recenti stime, l’emissione di una quantità di gas serra superiore a quella che l’intera Germania produce in un anno.

Una tragedia per i boschi indonesiani dunque, ma anche per il resto del Pianeta. Tragedia che, secondo Greenpeace, ha alle spalle dei colpevoli. I ricercatori di Greenpeace hanno esaminato tre piantagioni della regione occidentale e centrale del Kalimantan (Borneo indonesiano), dove sono stati registrati gli incendi più gravi durante la crisi ambientale e sanitaria ancora in corso. Queste piantagioni – afferma l’ong – sono di proprietà delle compagnie indonesiane IOI Group, Bumitama Agri Ltd e Alas Kusuma group. Aziende che fanno parte di importanti enti di certificazione di sostenibilità, tra cui la Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO) e il Forest Stewardship Council (FSC). L’olio di palma ricavato da queste piantagioni viene poi immesso sul mercato da commercianti di materie prime come Wilmar International, IOI Loders Croklaan e Golden Agri Resources, e arriva anche nei prodotti di quei marchi internazionali che hanno adottato politiche di  “No deforestazione”.

Poche settimane fa, il presidente indonesiano Joko Widodo ha promesso di bandire ogni ulteriore sviluppo delle attività produttive che vadano a discapito delle torbiere, anche all’interno di concessioni già esistenti. Nonostante da diversi anni sia in vigore una moratoria sulle nuove concessioni di torbiere, questa sospensione non viene applicata con rigore dai governi locali e nei distretti, dove l’assegnazione delle terre è spesso legata alla corruzione.

«Dal 1990 ad oggi, l’Indonesia ha perso un quarto delle sue foreste a causa dell’espansione indiscriminata delle piantagioni di palma da olio e cellulosa. Oggi tutti parlano della necessità di porre fine alla deforestazione, ma abbiamo bisogno di azioni urgenti, non solo di parole. Chiediamo ad RSPO e FSC – dichiara Martina Borghi, campagna Foreste di Greenpeace Italia – di agire tempestivamente per fare chiarezza su quanto accaduto ed espellere le aziende complici del dilagare degli incendi che distruggono le foreste torbiere e soffocano il Sud-est asiatico». Non è la prima volta che Greenpeace punta il dito contro la coltura delle palme da olio, in riferimento agli incendi che avvolgono l’Indonesia. Pochi giorni fa Greenpeace ha diffuso nuove foto e video che «mostrano il recente impianto di piantagioni di palma da olio al posto delle foreste torbiere distrutte dagli incendi che divampano da settimane nella regione Kalimantan», ma la replica dell’Associazione indonesiana di produttori di olio di palma non si è fatta attendere: un portavoce ha dichiarato che l’industria di settore è vittima di una campagna diffamatoria, e ha suggerito che gli incendi siano stati orchestrati per danneggiare l’immagine dell’industria dell’olio di palma in Indonesia. Ulteriori indagini da parte delle istituzioni preposte sono dunque necessarie (e auspicabili) per circostanziare – o accantonare – l’infamante accusa.