In Europa l’ibridazione lupo-cane è un rischio per la biodiversità

Ma non esiste ad oggi una definizione di ibrido che sia stata accettata a livello internazionale

[18 Giugno 2020]

Lo studio “European agreements for nature conservation need to explicitly address wolf-dog hybridization”. Pubblicato su  Biological Conservation da un numeroso team internazionale di ricercatori guidato da Valeria Salvatori dell’Istituto di Ecologia Applicata di Roma e del quale facevano parte anche Luigi Boitani e Paolo Ciucci del Dipartimento di biologia e biotecnologie dell’università La Sapienza di Roma, richiama l’attenzione sul rischio di perdita dell’identità genetica delle popolazioni di lupo nei Paesi europei. Un pericolo che viene dall’ibridazione con il cane. Per questo i ricercatori chiedono di «Promuove l’adozione di misure adeguate per la corretta gestione del fenomeno».

Alla Sapienza ricordano che «Il cane è un animale domestico associato all’uomo ma in condizioni ecologiche degradate può accoppiarsi con il lupo e produrre ibridi fertili. Questo fenomeno, se diffuso e con frequenza elevata, potrebbe portare alla perdita dell’identità genetica delle popolazioni di lupo, rischiando di condizionare l’ecologia, l’aspetto esteriore e il comportamento della specie, nonché i valori socioculturali e di conservazione a essa associati. Grazie agli sforzi di conservazione che si sono susseguiti negli ultimi decenni, come la protezione legale e la tutela degli habitat naturali, il lupo ha spontaneamente ricolonizzato molte aree in Europa da cui era scomparso all’inizio del secolo scorso. Tale espansione però sta portando il lupo a stabilirsi in aree rurali in cui le probabilità d’interazione con i cani sono più elevate. Allo stesso tempo, il bracconaggio e il controllo numerico delle popolazioni di lupo, nei paesi dove consentito, possono portare alla dissoluzione sociale dei branchi, aumentando la probabilità di accoppiamenti misti.

Lo studio ha evidenziato che «Ibridi tra lupo e cane sono presenti in tutte le popolazioni lupine d’Europa e che molti Paesi, compresa l’Italia, non stanno intervenendo per monitorare né contrastare il fenomeno, come invece prescritto da trattati legalmente vincolanti a livello internazionale, come la Direttiva Habitat e la Convenzione di Berna».

Nella maggior parte dei Paesi presi in esame dal team internazionale di ricerca, «Gli ibridi rappresentano ancora una piccola porzione della popolazione di lupo e ciò rende possibile programmare e realizzare interventi efficaci di prevenzione e controllo». Ma lo studio ha messo in luce «la mancanza di protocolli o standard operativi di riferimento a livello internazionale, che sono invece necessari per indirizzare gli interventi».  E sono anche emersi altri aspetti che destano preoccupazione negli esperti: «In primo luogo, la mancanza di un monitoraggio sistematico dell’ibridazione in molti paesi europei, Italia inclusa, rende difficile la rilevazione dei casi e gli eventuali interventi per evitarne la diffusione su ampia scala. In secondo luogo, la mancanza di tecniche di analisi confrontabili tra laboratori per identificare geneticamente gli ibridi fa sì che, ad oggi, lo stesso individuo potrebbe essere riconosciuto come ibrido o come lupo a seconda del laboratorio in cui vengono svolte le analisi sui campioni biologici. Questa eterogeneità non facilita un’adeguata analisi e mitigazione del fenomeno, sia a livello nazionale che comunitario».

Ciucci, che ha svolto le funzioni di supervisore dello studio, spiega che «Gli ibridi tra lupo e cane sono fertili e a loro volta possono reincrociarsi con i lupi, diffondendo, con il progredire delle generazioni di reincrocio, varianti genetiche tipiche del cane all’interno del genoma lupino. Questo pone la questione di come stabilire una soglia oltre la quale gli ibridi non sono più da considerare come tali. In questi termini, non esiste ad oggi una definizione di ibrido che sia stata accettata a livello internazionale ed è questa la cosa più urgente da cui partire per poter dare risposte concrete sul fronte gestionale».

Gli autori dello studio concludono suggerendo di includere nei trattati internazionali indicazioni più chiare sulla gestione degli ibridi e dei cani vaganti, evidenziando che gli ibridi tra lupo e cane vanno comunque protetti per legge e la loro gestione affidata alle sole autorità competenti: il fine è di evitare che avvengano casi di bracconaggio sul lupo, camuffati da interventi gestionali sulla base dell’incerta identificazione di individui ritenuti ibridi».