Il rischio di estinzione delle specie può essere molto peggiore di quanto si stima

Più della metà delle migliaia di specie “carenti di dati” rischiano di scomparire per sempre

[10 Agosto 2022]

Per proteggere efficacemente una specie c’è bisogno di informazioni essenziali: dove vive e quali minacce deve affrontare, ma per migliaia di specie gli scienziati non dispongono di questi dati di base, il che rende loro impossibile sapere come se la stanno cavando nella sesta estinzione di massa e quali misure adottare perché queste specie presenti in tutto il mondo riescano a sopravvivere.

Secondo il nuovo studio “More than half of data deficient species predicted to be threatened by extinction”, pubblicato su Communications Biology da un team di ricercatori della Norges teknisk-naturvitenskapelige universitet (NTNU), «Il numero di specie in via di estinzione potrebbe essere molto più alto di quanto si pensasse in precedenza».

Jan Borgelt, Martin Dorber,  Marthe Alnes Høiberg e  Francesca Verones hanno esaminato i rischi che corrono più di 147.000 piante e animali per determinare quali appartengono a quelle elencate nella Lista Rossa dell’International Union for the Conservation of Nature (Iucn) e altre migliaia di specie che non vengono valutate a causa della mancanza di dati sulle minacce che potrebbero dover affrontare e dallo studio emerge che «In alcuni casi, gli scienziati devono ancora tracciare queste specie sul campo, ma in altri la mancanza di dati potrebbe riflettere il loro già precipitoso declino».

I ricercatori norvegesi hanno mappato i modelli di estinzione tra le specie per le quali esistono una buona quantità di dati, creando un modello che tiene conto dell’impatto del cambiamento climatico, della perdita di habitat, delle specie invasive e di altri rischi. Poi hanno applicato il loro modello a 7.699 specie “carenti di dati”, scoprendo che il 56% si trova ad affrontare condizioni che probabilmente le  pongono nella categoria minacciate di estinzione.

Intervistato da Scientific American,  Borgelt ha evidenziato che «I risultati sono particolarmente preoccupanti, dato che solo il 28% delle specie di cui è noto lo stato di conservazione sono considerate a rischio di scomparsa. Le cose potrebbero essere molto peggio di quanto ci rendiamo effettivamente conto».

Le specie “carenti di dati” hanno circa il doppio di probabilità di essere a rischio di estinzione rispetto alle specie con “dati sufficienti”. Tra le creature “carenti di dati” ci sono le orche (Orcinus orca), gli armadilli rosa o clamidoforo troncato (Chlamyphorus truncatus)  e quasi 200 specie di pipistrelli. Secondo i risultati dello studio_ «L’85% degli anfibi, il 62% degli insetti, il 61% dei mammiferi e il 59% dei rettili che sono carenti di dati rischiano probabilmente di scomparire». Inoltre, le specie carenti di dati in Africa centrale, Asia meridionale e Madagascar devono affrontare livelli di minaccia particolarmente elevati.

La biologa britannica Louise Mair dell’università di Newcastle, che che non è stata coinvolta nella ricerca, ha fatto notare su Smithsonian Magazine che «La nuova scoperta oubblicata su Communications Biology secondo cui le specie carenti di dati possono essere più minacciate rispetto alle specie per le quali lo stato di conservazione è noto non è necessariamente sorprendente, ma rafforza la necessità di valutazioni complete del rischio di estinzione. Le valutazioni aggiornate della Lista Rossa sono fondamentali per informare l’azione e misurare i progressi. L’ostacolo più grande per effettuare tali valutazioni non è la mancanza di competenze tecniche per valutare le specie, ma la mancanza di risorse. La conservazione deve affrontare una massiccia carenza di fondi a livello globale».

Gli autori dello sono convinti che modelli come il loro potrebbero essere utili per identificare le specie più bisognose di protezione.  Borgelt ha concluso: «I modelli predittivi potrebbero essere utilizzati per identificare e dare priorità alle specie che sembrano affrontare le maggiori minacce. Queste nuove tecnologie di machine-learning  non sostituirebbero gli esperti, ma aiuterebbero a indirizzare e ad allocare le risorse. Per alcuni gruppi di specie la situazione è davvero molto più urgenti di altri».