Il riscaldamento e l’acidificazione degli oceani minacciano gli organismi marini calcificanti

I briozoi sono la chiave per comprendere l'impatto del cambiamento climatico globale sugli organismi marini calcificanti

[6 Dicembre 2022]

L’aumento delle emissioni di CO2 sta modificando gli oceani, causando un aumento della temperatura e cambiamenti nella composizione chimica dell’acqua. Quando gli oceani assorbono CO2, si acidificano, un fenomeno che conosciamo come “acidificazione degli oceani”. Allo stesso tempo, la CO2 disciolta reagisce con l’acqua di mare formando acido carbonico, che riduce la concentrazione di carbonati nell’acqua. Di conseguenza, gli organismi calcificanti, che utilizzano carbonato e ioni calcio disciolti nell’acqua di mare per costruire i loro gusci e scheletri, devono far fronte a una ridotta disponibilità di carbonato e a una maggiore acidità. La misura in cui le specie calcificanti sono in grado di regolare la loro chimica scheletrica in risposta alla combinazione di temperatura, pH e altri fattori di stress è attualmente sconosciuta.

Lo studio “Temperature as a likely driver shaping global patterns in mineralogical composition in bryozoans: implications for marine calcifiers under global change”, pubblicato su Ecography  da un team di ricercatori catalani, britannici e polacchi  guidato da Blanca Figuerola dell’Institut de Ciències del Mar (ICM-CSIC)

Un nuovo studio condotto dall’Institute of Marine Sciences (ICM-CSIC), ha rivelato che «Il riscaldamento globale e  l’acidificazione degli oceani stanno mettendo in pericolo gli organismi marini che costruiscono i loro scheletri e gusci di carbonato di calcio, come coralli, briozoi, molluschi, ricci di mare e crostacei».

Lo studio si concentra su organismi con scheletri di carbonato di calcio provenienti dall’Oceano Antartico perché «Il carbonato di calcio è più solubile in acque più acide che contengono più anidride carbonica (CO2), come nel caso delle acque più fredde delle regioni polari, il che rende difficile per queste creature costruire i loro scheletri».

Per preparare lo studio, il team di ricerca ha analizzato lo scheletro dei briozoi, piccoli invertebrati marini he si nutrono per filtrazione, vivono sui fondali e possono fornire habitat complessi essenziali per molte spezie.

La Figuerola spiega che «Come i coralli, i briozoi possono vivere in colonie e costruire scheletri a base di carbonato di calcio, ma sono geograficamente più distribuiti, soprattutto nelle acque antartiche. Inoltre, hanno scheletri dalla composizione molto varia e sono importanti produttori di carbonato nell’emisfero australe , che li rende perfetti organismi modello per studiare gli effetti del cambiamento climatico globale. Gli scheletri dei briozoi sono costituiti da due tipi principali di carbonato di calcio, calcite e aragonite, sebbene possano contenere anche magnesio, che può rendere gli scheletri più vulnerabili all’acidificazione».

Grazie ad analisi mineralogiche, il team ha identificato i minerali e determinato i livelli di magnesio trovati negli scheletri dei briozoi antartici, creando il più grande dataset dei briozoi nell’Oceano Antartico. Poi i ricercatori hanno confrontato queste composizioni minerali con i dati esistenti di quasi 500 specie trovate nell’emisfero australe e hanno studiato se esistesse una relazione tra il tipo di minerali e livelli di magnesio nei loro scheletri e la temperatura dell’acqua di mare in cui vivevano. Uno studio di così ampia portata di questo studio è stata resa possibile grazie alla collaborazione con  l’International Association of Bryozooy, che ha permesso di aumentare i dati sulla mineralogia degli  scheletri dei briozoi in una vasta gamma di specie viventi dai poli a i tropici.

Uno degli autori dello studio, Huw Griffiths del British Antarctic Survey, sottolinea che «Abbiamo identificato un modello chiaro che si estende su scala globale: maggiore è la temperatura dell’acqua di mare, più specie comuni hanno scheletri contenenti concentrazioni più elevate di magnesio».

La Figuerola aggiunge: «Questo suggerisce che. Man mano che le temperature dell’acqua di mare aumentano, molte specie marine con alti livelli di magnesio nei loro scheletri saranno più vulnerabili all’acidificazione degli oceani e, dati i rapidi cambiamenti osservati e previsti nella temperatura e nella chimica dei nostri oceani, questi gli organismi potrebbero non avere il tempo di adattarsi a queste nuove condizioni».

Per la ricerca futura, Figuerola, in collaborazione con i membri del team MedRecover e altri ricercatori, amplierà questo lavoro, svolto nell’ambito del progetto MedCalRes, con l’obiettivo di «Studiare le possibili risposte morfologiche, metaboliche e del microbioma degli organismi calcificanti, inclusi briozoi e coralli,  all’acidificazione e al riscaldamento degli oceani».