Il primo cuore dell’evoluzione

Un cuore di 380 milioni di anni (il più antico mai trovato) di un pesce fa nuova luce sull'evoluzione dei nostri corpi

[19 Settembre 2022]

Lo studio “Exceptional preservation of organs in Devonian placoderms from the Gogo lagerstätte”, pubblicato su Science da un team internazionale di ricercatori  rivela che «La posizione degli organi nel corpo degli artrodiri – una classe estinta di pesci corazzati che fiorì durante il periodo Devoniano da 419,2 milioni di anni fa a 358,9 milioni di anni fa – è simile allanatomia di uno squalo moderno, fornendo nuovi indizi evolutivi vitali». La Gogo Formation, nella regione di Kimberley, nella Western Australia, dove è stato trovato lo straordinario fossile, originariamente u era na grande barriera corallina.

La principale autrice dello studio, Kate Trinajstic, della School of Molecular and Life Sciences della Curtin University e del Western Australian Museum, ha sottolineato che «La scoperta è stata notevole, dato che i tessuti molli di specie antiche sono stati raramente preservati ed è ancora più raro trovare la conservazione in 3D. Come paleontologa che ha studiato fossili per più di 20 anni, sono rimasta davvero stupita di trovare un cuore 3D e ben conservato in un antenato di 380 milioni di anni fa. L’evoluzione è spesso considerata come una serie di piccoli passi, ma questi antichi fossili suggeriscono che ci sia stato un salto più ampio tra i vertebrati senza mascelle e quelli con mascelle. Questi pesci hanno letteralmente il cuore in bocca e sotto le branchie, proprio come gli squali di oggi»,

Lo studio presenta – per la prima volta – il modello 3D di un cuore complesso a forma di S in un artrodiretto, costituito da due camere con la camera più piccola situata in cima. Secondo la  Trinajstic  «Queste caratteristiche erano già avanzate in questi primi vertebrati, fornendo una finestra unica su come la regione della testa e del collo iniziava a cambiare per accogliere le mascelle, una fase critica nell’evoluzione dei nostri corpi. Per la prima volta, abbiamo potuto vedere tutti gli organi insieme in un pesce primitivo con mascelle, e siamo rimasti particolarmente sorpresi nell’apprendere che non erano così diversi da noi. Tuttavia, c’era una differenza fondamentale: il fegato era grande e permetteva al pesce di rimanere in galleggiamento, proprio come gli squali oggi. Alcuni degli odierni pesci ossei come il lungfish e il bichir hanno polmoni che si sono evoluti dalle vesciche natatorie, ma è significativo che non abbiamo trovato prove di polmoni in nessuno dei pesci corazzati estinti che abbiamo esaminato, il che suggerisce che si siano evoluti indipendentemente nei pesci ossei, in un’epoca successiva».

Grazie all’aiuto degli scienziati dell’Australian Nuclear Science and Technology Organization di Sydney e dell’European Synchrotron Radiation Facility, i ricercatori hanno potuto utilizzare fasci di neutroni sincrotrone a raggi X per scansionare i campioni, ancora incorporati nelle concrezioni calcaree, e hanno così ottenuto  immagini tridimensionali dei tessuti molli in base alle diverse densità di minerali depositati dai batteri e dalla matrice rocciosa circostante. I ricercatori dicono che «Questa nuova scoperta di organi mineralizzati, oltre ai precedenti ritrovamenti di muscoli ed embrioni, rende il Gogo arthrodires il più pienamente compreso di tutti i vertebrati staminali mascellari e chiarisce una transizione evolutiva sulla linea dei vertebrati mascellari viventi, che include i mammiferi e gli esseri umani».

Uno degli autori dello studio, John Long, della Flinders University, aggiunge: «Queste nuove scoperte di organi molli in questi antichi pesci sono davvero la materia dei sogni dei paleontologi, perché senza dubbio questi fossili sono i meglio conservati al mondo per quest’epoca. Dimostrano il valore dei fossili di Gogo per comprendere i grandi passi della nostra lontana evoluzione. Gogo ci ha regalato primati mondiali, dalle origini del sesso al più antico cuore di vertebrati, ed è ora uno dei siti fossili più significativi al mondo. E’ ora che il sito venga seriamente preso in considerazione per ottenere lo status di patrimonio mondiale».

Un  co-autore, Ahlberg, dell’Uppsala Universitet, conclude: «La cosa davvero eccezionale dei pesci Gogo è che i loro tessuti molli sono preservati in tre dimensioni. La maggior parte dei casi di conservazione dei tessuti molli si trova in fossili appiattiti, dove l’anatomia molle è poco più di una macchia sulla roccia. Siamo stati anche molto fortunati in quanto le moderne tecniche di scansione ci consentono di studiare questi fragili tessuti molli senza distruggerli. Un paio di decenni fa, il progetto sarebbe stato impossibile».