Il ministro dell’ambiente Costa: un alveare sui tetti di tutte le pubbliche amministrazioni

Giornata delle api, Coldiretti: «Cala fino all’80% la raccolta di miele» Invasione di prodotti stranieri

[20 Maggio 2020]

Oggi, in occasione della giornata mondiale delle api, il ministro dell’ambiente Sergio Costa ha visitato le arnie della sede dei Carabinieri del Comando unità forestale ambientale agrolimentare a Roma che sono  quelle del progetto “Apincittà” che i Carabinieri forestali portano avanti insieme alla Federazione Italiana Apicoltori. Attraverso l’analisi della qualità del miele prodotto dalle api di città, si possono rilevare numerosi indicatori di qualità ambientale e per questo l’installazione delle arnie sui tetti delle pubbliche amministrazioni diventa uno strumento strategico e naturale di conoscenza dello stato di salute dell’ambiente che ci circonda.
Costa ha spiegato che «La mia proposta  è quella di far posizionare sui tetti degli edifici della pubblica amministrazione delle arnie con questi preziosi insetti impollinatori che sono anche straordinarie sentinelle dell’ambiente. Nella giornata mondiale delle api, vogliamo ricordare quanto questi insetti siano fondamentali per la nostra vita e per l’ecosistema. L’impollinazione è un servizio ecosistemico importante che va assolutamente preservato, in linea con le iniziative Ue a favore degli impollinatori. In questa settimana della natura che quest’anno abbiamo voluto lanciare, vogliamo tenere alta l’attenzione sulla tutela della biodiversità in tutte le sue sfaccettature, dal turismo sostenibile nei parchi alla conservazione delle api e delle tartarughe, per stimolare gli italiani a riscoprire la natura e la sua magica bellezza. La sua valorizzazione è fondamentale in questo momento di ripresa post-Covid, in cui il ritorno alla normalità passa anche attraverso l’immersione nel verde».
Il ministero dell’Ambiente ha annunciato che sta infatti «mettendo in campo un’azione unitaria insieme a tutti i parchi nazionali per affrontare le implicazioni ambientali, economiche e sociali del declino degli insetti impollinatori. Almeno il 40% degli apoidei  selvatici  (la superfamiglia di insetti che comprende anche le api da miele) è minacciato di estinzione e il 30% delle farfalle è in declino continuo da almeno trent’anni. Le proposte progettuali presentate dagli enti parco nazionali, in linea con l’ultima direttiva del ministro sulla conservazione della biodiversità, prevedono attività di monitoraggio e raccolta dati che testimonino la presenza, lo stato delle popolazioni e gli interventi sul territorio, tra cui la limitazione o l’eliminazione dell’uso di prodotti fitosanitari e di pratiche agronomiche per frenare il declino degli impollinatori».

Ma dal monitoraggio di Coldiretti i cui risultati sono stati resi noti proprio in occasione della giornata mondiale delle api, emerge una situazione è tragica: «Compromessa fino ad ora la produzione di miele Made in Italy che a macchia di leopardo crolla fino all’80% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico anomalo con una grave siccità che ha ridotto le fioriture e stressato le api.  L’inverno bollente e la pazza primavera segnata da gelate hanno creato in molte regioni gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare. Il poco miele che sono riuscite a produrre se lo mangiano per sopravvivere, anche se non mancano lungo la Penisola situazioni più positive rispetto allo scorso anno».

A coldiretti sottolineano che «Le difficoltà delle api sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape visita in genere circa 7.000 fiori al giorno e ci vogliono 4 milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao. Ma a rischio è anche il miele con un raccolto che in Italia rischia di essere anche peggiore del 2019, quando, con una produ­zione nazionale di appena 15 milioni di chili a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili importato durante l’anno dall’estero secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat dalle quali si evidenzia che il 40% arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina. In altre parole quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri».

La più grande organizzazione degli agricoltori italiani ricorda che «Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica” consiglia la Coldiretti. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE».

Coldiretti conclude: «In Italia esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo».