Il bipedismo umano potrebbe essersi evoluto sugli alberi, non nella savana

Lo dimostrerebbero gli scimpanzé di Issa, che pur vivendo nella savana scendono poco dagli alberi

[16 Dicembre 2022]

Il nuovo studio “‘Wild chimpanzee behavior suggests that a savanna-mosaic habitat did not support the emergence of hominin terrestrial bipedalism”, pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori  britannici e statunitensi guidato da Rhianna Drummond-Clarke dell’università Kent, suggerisce che sarebbe stato l’ambiente aperto e seccitoso della savana a spingere i nostri antichi parenti umani fossili a camminare eretti.

All’università del Kent  ricordano che «Il bipedismo, o camminare su due piedi, è una caratteristica distintiva degli esseri umani rispetto ad altre grandi scimmie come scimpanzé, gorilla e oranghi, che camminano a quattro zampe. E’ anche un tratto distintivo dei nostri primi antenati fossili, scientificamente chiamati ominidi. Tuttavia, il motivo per cui noi soli tra le scimmie abbiamo iniziato a camminare su due piedi rimane un mistero».

Sono state proposte numerose ipotesi sul motivo sul perché i nostri remoti antenati hanno iniziato a camminare su due gambe: per risparmiare energia durante gli spostamenti, per trasportare oggetti, per raggiungere la frutta o per vedere sopra l’erba alta. Ma tutte queste ipotesi hanno una cosa in comune: si basano sulla convinzione che i nostri antenati siano scesi dagli alberi per poi arrivare a camminare eretti sul terreno man mano che i loro habitat diventavano più aperti e asciutti e gli alberi diventavano più radi.

Per capire il “perché” il bipedismo potrebbe essersi evoluto per la prima volta sul terreno, la Drummond-Clarke – studentessa di dottorato in antropologia sociale e conservazione, che lavora con la professoressa Tracy Kivell, una paleo-antropologa che studia l’evoluzione dello scheletro postcraniale nei primati viventi e fossili, compresi i nostri antenati umani, gli ominidi  – e i suoi colleghi della School of Anthropology and Conservation dell’università del Kent, dell’University College di Londra e  della Duke University hanno studiato i comportamenti degli scimpanzé orientali (Pan troglodytes schweinfurthii) selvatici che in Tanzania vivono in un ambiente simile a quello dei nostri primi antenati umani: un habitat “savana-mosaico” più arido, con meno alberi e mescolato a una foresta più fitta. La nuova ricerca è la prima a studiare se un habitat di savana a mosaico spiegherebbe l’aumento del tempo passato sul terreno dal nostro parente vivente più stretto: lo scimpanzé.

Mentre altri ricercatori hanno condotti studi simili su come gli scimpanzé si spostano all’interno dei loro habitat, tutti questi studi riguardavano solo gli scimpanzé che vivono nelle foreste fitte. Il team anglo-statunitense ha invece studiato il comportamento degli scimpanzé selvatici che vivono nell’habitat savana-mosaico nella valle di Issa, nella Tanzania occidentale, un habitat molto simile aagli habitat dei primi ominini.

I ricercatori raccontano che «Ci aspettavamo che gli scimpanzé di Issa trascorressero più tempo a terra e camminassero eretti su due piedi nella vegetazione aperta della savana dove non possono spostarsi facilmente attraverso la chioma degli alberi, come possono fare nelle foreste. Inoltre, rispetto ai loro cugini che vivono nelle foreste in altre parti dell’Africa, ci si aspettava che gli scimpanzé di Issa sarebbero stati complessivamente più terricoli. Invece, rispetto agli scimpanzé che vivono nei siti forestali, gli scimpanzé di Issa non hanno trascorso più tempo sul terreno. Gli scimpanzé di Issa trascorrevano tanto tempo, se non di più, sugli alberi quanto gli scimpanzé che vivono nella foresta. Inoltre, quando usavano il bipedismo, era quasi sempre sugli alberi, piuttosto che, come previsto, a terra».

Lo studio rivela che «Non una regola che meno alberi portino a più tempo passato a terra». Sebbene non sia chiaro il motivo per cui gli scimpanzé di Issa trascorrono così tanto tempo sugli alberi, nonostante il loro habitat sia più aperto, lo studio suggerisce che «I primi ominidi potrebbero aver iniziato a camminare su due piedi prima sugli alberi» e che «Un habitat più aperto e asciutto non era necessario affinché il bipedismo si evolvesse nella storia evolutiva umana».