Il 30% non basta: per salvare la biodiversità bisogna tutelare il 44% di terra e mare

Agire in fretta: rischiamo di perdere 1,3 milioni di Km2 di territori importanti per la biodiversità

[3 Giugno 2022]

Secondo lo studio “The minimum land area requiring conservation attention to safeguard biodiversity” appena pubblicato su Science da un team internazionale di ricercatori del quale fa parte anche Moreno Di Marco dell’università La Sapienza di Roma, per tutelare davvero la biodiversità della Terra  bisogna proteggere il 44% della superficie terrestre e marina, circa 64 milioni di chilometri quadrati, ben il 14% in più di quanto chiesto dalla Convention on biological diversity e approvato dall’Unione europea e dall’Italia, e il 6% in meno di quanto teorizzato da Edward O. Wilson.

Il team di ricercatori, guidato da James Allan dell’Universiteit von Amsterdam e dell’ University of Queensland, ha utilizzato algoritmi geospaziali avanzati per mappare le aree ottimali per la conservazione delle specie terrestri e degli ecosistemi in tutto il mondo e ha anche utilizzato scenari di utilizzo del per quantificare quanto territorio sarà a rischio a causa delle attività umane entro il 2030.

Allan spiega che «Il nostro studio è la migliore stima attuale di quanta terra dobbiamo conservare per fermare la crisi della biodiversità: è essenzialmente un piano di conservazione per il pianeta. Dobbiamo agire in fretta, i nostri modelli dimostrano che in oltre 1,3 milioni di chilometri quadrati di questi territori importanti – un’area più grande del Sud Africa – è probabile che gli habitat verranno azzerati per usi umani entro il 2030, il che sarebbe devastante per la fauna selvatica».

Secondo la Wildlife Conservation Society (WCS) il nuovo studio  ha importanti implicazioni politiche, «Perché i governi stanno attualmente negoziando un  post-2020 global biodiversity framework nell’ambito della Convention on biological diversity, con nuovi obiettivi e target  per la biodiversità che si spera entreranno in vigore entro la fine dell’anno. Questo stabilirà l’agenda della conservazione per almeno il prossimo decennio e i governi dovranno riferire regolarmente i progressi rispetto a questi obiettivi».

Uno degli autori dello studio, Kendall Jones, conservation planning specialist della WCS, ricorda che «Più di un decennio fa, i governi avevano fissato l’obiettivo globale di conservare almeno il 17% delle aree terrestri attraverso aree protette e altri approcci site-based  per migliorare lo stato della biodiversità e degli ecosistemi. Tuttavia, entro il 2020 era chiaro che questo non era sufficiente per fermare il declino della biodiversità e scongiurare la crisi della biodiversità».

Il nuovo obiettivo della CBD – ancora in discussione – per il 2030 è che i Paesi del mondo  dovrebbero conservare il 30% della loro terra attraverso aree protette e altri approcci site-based  e il 30% degli oceani. Per Jones, «Sebbene questo sia un grande passo nella giusta direzione, il nostro studio suggerisce che obiettivi e politiche più ambiziosi per mantenere l’integrità ecologica che vadano oltre questo obiettivo del 30% sono cruciali. Se le nazioni sono seriamente intenzionate a salvaguardare la biodiversità e i servizi ecosistemici che sono alla base della vita sulla Terra, allora devono immediatamente intensificare i loro sforzi di conservazione, non solo in estensione e intensità, ma anche in efficacia».

Il team internazionale di scienziati sottolinea che «Lo studio fornisce informazioni essenziali per la conservazione e la pianificazione dello sviluppo e può aiutare a guidare i futuri programmi di conservazione nazionali e globali» e che «Tutti i territori identificati non dovrebbero essere necessariamente designati come aree protette, ma piuttosto gestiti attraverso un’ampia gamma di strategie per la conservazione delle specie e degli ecosistemi, comprese altre misure di conservazione efficaci area-based e, quando adeguate, politiche efficaci di utilizzo  sostenibile del suolo».

Allan conclude: «Le azioni di conservazione che promuovono l’autonomia e l’autodeterminazione delle persone che vivono su questi territori, mantenendo allo stesso tempo l’integrità ecologica sono cruciali. Sono disponibili molti strumenti di conservazione efficaci, dal conferire ai popoli indigeni il potere di gestire il loro ambiente naturale, alle politiche che limitano la deforestazione o forniscono opzioni di sostentamento sostenibili e, naturalmente, le aree protette».