I salmoni dell’Alaska si rimpiccioliscono. Problemi per gli ecosistemi e gli esseri umani

I fattori più importanti per il calo delle dimensioni corporee dei salmoni sono il clima e la competizione per il cibo in mare

[25 Agosto 2020]

Le specie di salmone che tornano a deporre le uova in Alaska sono di dimensioni inferiori rispetto ai salmoni di 60 anni fa. E’ quanto emerge dallo studio  “Recent declines in salmon body size impact ecosystems and fisheries” pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori statunitensi, che dimostra che le dimensioni corporee di 4 specie di salmoni del Pacifico stanno diminuendo perché i pesci che tornano in Alaska sono più giovani di prima. Al College of fisheries and ocean sciences dell’università dell’Alaska Fairbanks (UAF), che ha guidato il team di ricerca, dicono che «Le conseguenze di questa tendenza avranno un impatto sulle persone che fanno affidamento sul salmone per il cibo, sull’industria della pesca commerciale e sulla salute degli ecosistemi».

I ricercatori hanno scoperto che  i fattori più importanti per il calo delle dimensioni corporee dei salmoni sono il clima e la competizione per il cibo in mare, ma il loro impatto sul salmone varia a seconda delle specie e dell’area.

La principale autrice dello studio, la biologa Krista Oke, che all’epoca della ricerca era una borsista dell’UAF e ora è all’università della California – Santa Cruz, spiega: «Volevamo fare un passo indietro e guardare in tutto l’intero Stato, in specie diverse, e avere un’idea di cosa stava succedendo su larga scala con le dimensioni del salmone».

La Oke faceva parte di un gruppo di lavoro composto da accademici, difensori delle tribù e biologi statali e federali che hanno analizzato 12,5 milioni di campioni raccolti dal Alaska Department of Fish and Game tra il 1957 e il 2018. Un enorme database di 60 anni che comprende nformazioni sull’età e sulla lunghezza di 4 specie di salmone del Pacifico – Chinook (re), chum (keta o cane), coho (argento) e sockeye (rosso). I pesci maturi, catturati durante la deposizione delle uova, sono stati misurati individualmente durante progetti riguardanti il ripopolamento e la pesca commerciale e altri luoghi.

Un altro autore dello studio, Curry Cunningham dell’UAF, sottolinea che «Questa è un’opportunità unica in quanto siamo stati in grado di guardare attraverso le regioni, attraverso le specie e nel tempo».

Dalla sintesi dei dati su età e lunghezza dei salmoni è venuto fuori che tutte e quattro le specie studiate che stanno tornando nei corsi di acqua dolce hanno dimensioni inferiori rispetto a quelle che avevano storicamente.

Peter Westley, un altro autore dello studio e anche lui del College of fisheries and ocean sciences dell’UAF, evidenzia che «Per la prima volta, ci rendiamo conto che questo effetto è dovuto ai pesci che tendono a essere più giovani».

L’entità del declino della taglia dei salmoni selvatici varia a seconda delle regioni e delle specie. La più grande specie di salmone del Pacifico, il Chinook, ha mostrato il calo medio delle dimensioni corporee più elevato, l’8%, rispetto al calo del 3,3% per il coho, del 2,4% per il chum e del 2,1% per il sockeye. Per tutte e quattro le specie, il declino delle dimensioni si è accelerato dal 2010.

Le conseguenze del fatto che i salmioni che ritornano nei loro luoghi di origine per depositare le uova sono più piccoli potrebbero essere molto estese. Alla UAF fanno notare che «Lo studio è unico in quanto traduce i cambiamenti nelle dimensioni del salmone in qualcosa di più tangibile. Ad esempio, il salmone Chinook ha mostrato riduzioni del 16% nella produzione di uova, del 28% nel trasporto di nutrienti nei fiumi, del 21% nel valore della pesca e del 26% nei pasti per gli abitanti dell’Alaska».

Un altro autore dello studio, Gale Vick, un ex pescatore professionista che rappresenta il Tanana Chiefs Conference tribal consortium, ricorda che «L’area Arctic-Yukon-Kuskokwim è il più grande gruppo della pesca di sussistenza del Paese. La dipendenza di quel gruppo dalla risorsa è enorme. Non è solo una dipendenza commerciale, è una questione di sicurezza alimentare».

I ricercatori hanno esaminato le ipotetiche cause del calo delle dimensioni dei salmoni, compreso il riscaldamento degli oceani, l’aumento dell’abbondanza di salmoni selvatici e l’incubazione e la pesca selettiva per taglia e dicono che «Sia il clima che la concorrenza sembrano influenzare le dimensioni corporee del salmone, ma il loro impatto varia tra le specie».

I dati per testare il ruolo svolto dalla pesca selettiva erano disponibili solo per poche specie in poche regioni e, con queste informazioni limitate, lo studio non evidenziato un ruolo chiave della pesca sul calo delle dimensioni del salmone. Tuttavia, ha detto Westley, «Per lo meno, la pesca selettiva dei pesci più grandi non aiuta».

Il team di ricercatori spiega che questo nuovo studio possa aiutare a indirizzare la ricerca futura e Westley conclude: «Quel che dimostra molto chiaramente è che, da sola, la protezione degli habitat di acqua dolce non è sufficiente per evitare cambiamenti come quello che stiamo vedendo. Ci deve essere un maggiore  riconoscimento del ruolo di un oceano condiviso».