I pinguini potrebbero non farcela ad adattarsi ai rapidi cambiamenti climatici moderni
60 milioni di anni di evoluzione dei pinguini in ambienti marini e freddi estremi: si evolvono più lentamente degli altri uccelli
[22 Luglio 2022]
Lo studio “Genomic insights into the secondary aquatic transition of penguins”, pubblicato su Nature Communications da un team internazionale di ricercatori guidato dalla biologa danese Theresa Cole del Villum Centre for Biodiversity Genomics della Københavns Universitet, Chengran Zhou e Miaoquan Fang del BGI-Shenzhen, fa nuova luce sui percorsi evolutivi che hanno consentito ad alcuni animali terrestri come gli antenati dei pinguini di tornare negli ambienti acquatici, in particolare quelli estremamente freddi come i mari intorno all’Antartide.
Lo studio fa parte del progetto internazionale Bird Genome 10K (B10K) che mira a sequenziare i genomi di tutte le specie di uccelli esistenti. Il completamento del sequenziamento dei genomi di tutte le specie di pinguini, uno dei 41 ordini di specie di uccelli moderni, rappresenta un passo importante verso la realizzazione del progetto B10K.
Al BGI-Research di Shenzhen, che ha dato un importante contributo allo studio, spiegano che «Utilizzando i genomi di tutte le specie di pinguini viventi e recentemente estinte, nonché la morfologia delle specie estinte da tempo, i ricercatori hanno ricostruito più di 60 milioni di anni di storia evolutiva, ecologia acquatica e storia della popolazione di questi uccelli marini altamente specializzati. Lo studio rivoluziona la comprensione mondiale dei pinguini, dimostrando che hanno sviluppato una serie di tratti morfologici, fisiologici e comportamentali che consentono loro di sfruttare con successo alcuni degli ambienti più estremi della Terra, tra cui l’Antartide e l’Oceano Antartico». Le prove fossili sono importanti poiché circa tre quarti delle specie di pinguini sono estinte. «Devi guardare la documentazione sui fossili, o ottieni solo un frammento della storia – ha detto al New York Times il coautore dello studio Daniel Ksepka, un paleontologo del Bruce Museum di Greenwich.
Uno dei risultati chiave dello studio è che «Il raffreddamento globale e le principali correnti oceaniche sembrano essere stati i principali motori della diversificazione dei pinguini e dei loro modelli biogeografici. Conservati nei loro genomi, i segni del cambiamento della popolazione e dell’incrocio tra specie di pinguini strettamente imparentate, erano coerenti con le specie che si erano contratte nei refugia (luoghi che supportano una popolazione ridotta) e poi si erano espanse per ricolonizzare le masse continentali in tutto l’Oceano Antartico, mentre il clima globale oscillava tra periodi freddi e caldi».
Ma dallo studio vengono fuori alcuni risultati inaspettati: «I pinguini e il loro gruppo gemello Procellariiformes (un ordine di uccelli marini comprendente albatri e procellarie), hanno i tassi evolutivi più bassi mai rilevati negli uccelli. Questa scoperta potrebbe rappresentare il culmine di un graduale rallentamento evolutivo, associato a uno stile di vita sempre più acquatico».
Inoltre, lo studio ha dimostrato qualcosa di molto preoccupante: «Nei pinguini i tassi evolutivi e la temperatura ambientale sono correlati negativamente». Zhou ha detto che «Questo è stato un risultato sorprendente. Il pinguino imperatore, l’unica specie di pinguino che si riproduce durante l’inverno antartico, ha avuto il più alto tasso evolutivo tra tutte le specie di pinguini esistenti, seguito da altre specie di pinguini ad alta latitudine. Questi risultati suggeriscono che le pressioni selettive di un ambiente polare estremo, insieme alle passate oscillazioni dell’era glaciale e del periodo caldo, hanno guidato l’evoluzione, la diversificazione e la dispersione delle specie alle alte latitudini e potrebbero anche averle aiutate ad adattarsi agli ambienti freddi in che stavano ritornando».
L’autrice senior dello studio, Guojie Zhang, che insegna alle università di Zhejiang e di Copenaghen, ha sottolineato che «I genomi ci hanno fornito un’opportunità unica per risolvere completamente i processi che portano alla speciazione dei pinguini e agli eventi di estinzione. Questi dati ci consentono anche di rivelare il processo evolutivo dettagliato dei singoli geni e i flussi genici tra i lignaggi». Tra questi c’era una suite di geni che probabilmente sono alla base degli adattamenti acquatici secondari altamente specializzati che si vedono nei pinguini moderni, compresi quelli relativi alla termoregolazione, all’ossigenazione, alle immersioni, alla vista, alla dieta, all’immunità e alle dimensioni corporee».
Al BGI-Research sono convinti che «Questo importante studio aiuta a risolvere l’enigma di come i pinguini siano passati dall’essere uccelli terrestri a marini e di come abbiano colonizzato con successo alcuni degli ambienti più estremi della Terra. Ma altre domande su questa antica specie, incluso se le future sfide climatiche avranno un impatto simile sui pinguini a quelle affrontate dai loro antenati, richiedono indagini future».