I licheni rischiano di perdere la corsa evolutiva contro il cambiamento climatico

Le loro alghe simbionti non possono adattarsi ai cambiamenti delle temperature alla stessa velocità con cui la Terra si sta riscaldando

[18 Febbraio 2022]

I licheni crescono ovunque, dalle tundre nell’Artico alle cortecce degli alberi dei nostri giardini e producono sia ossigeno che cibo per animali come le renne. Sono organismi simbionti derivanti dall’associazione di due individui: un organismo autotrofo, un cianobatterio o un’alga (per lo più una clorofita), e un fungo, in genere un ascomicete o un basidiomicete.  Il nuovo studio “Contrasting Patterns of Climatic Niche Divergence in Trebouxia—A Clade of Lichen-Forming Algae” pubblicato su Frontiers in Microbiology  da da Mattew Nelsen, Kathleen Heller, Thorsten Lumbsch del Field Museum del Negaunee Integrative Research Centerdi Chicago, Steven Leavitt della Brigham Young University e Lucia Muggia del Dipartimento di scienze della vita dell’università di Trieste,  caratterizza i climi preferiti dai licheni ma evidenzia un grosso problema: la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici avviene lentamente, nel corso di milioni di anni.  Ed è un bel problema perché questo significa che le alghe dei licheni saranno colpite dai rapidi cambiamenti climatici che la Terra sta attualmente subendo e questo potrebbe portare alla scomparsa di molti licheni oggi comuni.

Nelsen spiega che «In questo studio, abbiamo deciso di comprendere  la rapidità con cui le preferenze climatiche di queste alghe si sono evolute nel tempo e di metterle in relazione con le previsioni sui tassi futuri dei cambiamenti climatici», E secondo lui i ricercatori hanno scoperto «Cose terribili, orribili. Abbiamo scoperto che il tasso previsto del cambiamento climatico moderno supera di gran lunga il tasso con cui queste alghe si sono evolute in passato. Ciò significa che è probabile che alcune parti del loro areale diventino inospitali per loro».

Il gruppo di alghe che i ricercatori  hanno esaminato sono le Trebouxia e ricordano che «Quando le minuscole alghe si stabiliscono all’interno di un lichene, convivono all’unisono con il fungo; il fungo fornisce la struttura fisica, mentre le alghe forniscono cibo attraverso la fotosintesi».

Nelsen scende nei dettagli: «Quando vediamo un lichene, si sta fondamentalmente guardando tutto il tessuto fungino, con alcune cellule algali nascoste e protette all’interno. In parole povere, è come una serra: il fungo crea un ambiente più ospitale per le alghe».

Esistono più di 7.000 tipi di licheni alimentati dalle Trebouxia, che sono il partner algale più comune nei licheni. I ricercatori sottolineano che «Se la Terra continua a riscaldarsi alle velocità previste, sarà troppo caldo per molte specie di Trebouxia in alcune parti dei loro areali, e questo potrebbe avere impatti a valle su altri organismi».

Eppure il clima della Terra ha sempre subito dei cambiamenti,  ma i licheni (comprese le alghe che li alimentano) hanno saputo sopravvivere adattandosi alle nuove temperature. La domanda che si sono fatti Nelsen e i suoi colleghi era se le Trebouxia potessero evolversi abbastanza velocemente per stare al passo con i moderni cambiamenti climatici, che stanno avvenendo molto, molto più velocemente del normale ritmo naturale.

Per capirlo, hanno confrontato tra loro le relazioni basate sul DNA di diverse specie di alghe moderne e hanno esaminato il ambienti in cui vivono. Nelsen spiega ancora: «Le specie di alghe strettamente imparentate tendono ad avere preferenze climatiche simili, come previsto dalle loro relazioni evolutive. Quelle più strettamente imparentate potrebbero vivere in climi molto simili, mentre le specie lontanamente imparentate potrebbero differire maggiormente nella loro tolleranza climatica».

Quindi, ci vuole molto tempo prima che le preferenze climatiche delle alghe cambino. Per determinare quanto tempo impiegano le alghe a compiere questi grandi salti evolutivi, i ricercatori hanno creato alberi genealogici che mostrano come le diverse alghe sono correlate tra loro e hanno calibrato l’albero utilizzando le stime dell’età desunte da studi precedenti. Nelsen fa notare che «Per questo gruppo, ci mancano fossili utili, quindi abbiamo dovuto utilizzare le stime dell’età di questo gruppo da uno studio precedente che includeva alcune piante e fossili di alghe per arrivare a un gruppo più grande (piante e alghe verdi) che include le Trebouxia».

Dopo una serie completa di analisi statistiche, il risultato è stato che «Potrebbero essere necessarie centinaia di migliaia, se non milioni di anni, perché Trebouxia si adatti ai cambiamenti di temperatura che vedremo nel prossimo secolo».

Un risultato che ha scioccato Nelsen: «Avrei dovuto saperlo meglio dagli altri studi che ho letto, ma sono rimasto turbato nel vederlo. E’ così vicino a noi, su un gruppo di organismi vicini e cari al mio cuore. Inoltre, i licheni (o qualsiasi organismo) che sopravvivono al cambiamento climatico non riguardano solo l’essere fisicamente in grado di tollerare nuove temperature, diverse quantità di precipitazioni o cambiamenti nelle stagioni estreme. Quando il clima cambia, animali e piante possono diffondersi in nuovi ambienti, dove competono con le specie autoctone. Potrebbe entrare un’altra nuova specie che è competitivamente più dominante di loro e potrebbero  essere sconfitti in quell’ambiente. E questo potrebbe anche portare alla loro scomparsa da quella zona».

Questo non significa necessariamente che le 7.000 specie di licheni di Trebouxia siano tutte destinate all’estinzione. «Penso che vedremo cambiare la portata di queste cose e ciò potrebbe portare a un rimescolamento delle relazioni con i funghi: potremmo avere collaborazioni che prima non c’erano – afferma Nelsen – Dato che le alghe sono la fonte di cibo per il fungo, sono quelle che fotosintetizzano e producono zuccheri da dare al fungo. Se sono costrette a trasferirsi, anche il partner fungino dovrebbe trasferirsi o sviluppare una nuova partnership».

Nelsen però è molto preoccupato perché «La perdita di licheni potrebbe avere un profondo effetto sui loro ecosistemi. I licheni sono la vegetazione dominante sul 7% della superficie terrestre. Svolgono un ruolo nell’idrologia dell’ecosistema trattenendo l’umidità. Svolgono anche ruoli nel ciclo del carbonio e dell’azoto e alcuni di essi sono utilizzati dagli animali per il cibo o come materiali per la nidificazione».

Nonostante le cupe previsioniche emergono dallo studio, Nelsen spera che sia un passo nella giusta direzione per imparare a prevedere gli effetti del cambiamento climatico, il che a sua volta può aiutare gli scienziati a cercare soluzioni: «Molti studi che esaminano la risposta ai cambiamenti climatici stanno occupandosi dell’attuale areale di un organismo, stimando la sua attuale preferenza climatica e proiettandola nel futuro. Invece, noi abbiamo stimato la velocità con cui questi organismi sono cambiati in passato e l’abbiamo confrontata con la velocità prevista del futuro cambiamento climatico per fare previsioni sul fatto che sarebbero stati in grado di evolversi abbastanza rapidamente senza spostarsi, cosa che non molte persone hanno fatto. E penso che siamo i primi a guardare i licheni in questo modo. Spero che lo studio fornisca a tutti noi la motivazione per prendere sul serio il cambiamento climatico e lavorare per il cambiamento sistemico per frenarne gli effetti peggiori. Per riassumere, dobbiamo essere migliori».