I dinosauri non si sono estinti nel Triassico grazie alle piume: hanno resistito al freddo dell’Artico

Un nuovo studio rivela che non è stato il caldo a favorire il dominio dei dinosauri dopo un’antica estinzione di massa

[6 Luglio 2022]

Lo studio “Arctic ice and the ecological rise of the dinosaurs”, pubblicato su Science Advances da un team internazionale di ricercatori, potrebbe rivoluzionare tutto quel che pensavamo di sapere sull’origine dei dinosauri e di come avevano conquistato il mondo.

Come ricordano al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, «Molti di noi conoscono la teoria convenzionale su come i dinosauri morirono 66 milioni di anni fa: nella collisione infuocata della Terra con un meteorite e nel successivo inverno globale in cui polvere e detriti soffocarono l’atmosfera. Ma c’è stata un’estinzione precedente, molto più misteriosa e meno discussa: quella di 202 milioni di anni fa, che uccise i grandi rettili che fino ad allora governavano il pianeta e che, apparentemente, aprì la strada alla sua conquista da parte dei dinosauri». Lo studio è partito da qui e ha cercato di rispondere a due domande: «Cosa ha causato la cosiddetta estinzione del Triassico-Giurassico e perché i dinosauri prosperarono mentre le altre creature morivano?».

Quel che sappiamo è che durante il Triassico era generalmente caldo umido e che lo stesso clima doveva esserci anche durante il successivo Giurassico successivo, che diede il via all’era dei dinosauri. Ma il nuovo studio capovolge l’idea dei dinosauri amanti del caldo e presenta la prima prova fisica che le specie di dinosauri del Triassico, allora un gruppo minore in gran parte relegato nelle regioni polari, affrontavano regolarmente condizioni di gelo. A rivelarlo sarebbero le impronte di dinosauri insieme a strani frammenti di roccia che potrebbero essere stati depositati solo dal ghiaccio.

Gli autori dello studio affermano che «Durante l’estinzione, gli eventi di freddo che si erano già verificati ai poli si sono diffusi alle latitudini più basse, uccidendo i rettili a sangue freddo. I dinosauri, già adattati, sono sopravvissuti al collo di bottiglia evolutivo e si sono diffusi. Il resto è storia antica».

Il principale autore dello studio, il geologo Paul Olsen del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, sottolinea che «I dinosauri erano sempre presenti durante il Triassico, ma passavano sotto il radar. La chiave per il loro eventuale dominio è stata molto semplice. Erano animali fondamentalmente adattati al freddo. Quando faceva freddo dappertutto, loro erano pronti e gli altri animali no».

Il rivoluzionario studio si basa su recenti scavi nel remoto deserto del bacino Junggar della Cina nord-occidentale e gli scienziati spiegano che «Si pensa che i dinosauri siano apparsi per la prima volta durante il Triassico alle latitudini temperate meridionali, circa 231 milioni di anni fa, quando la maggior parte della terra del pianeta era riunita in un continente gigante che i geologi chiamano Pangea. Arrivarono all’estremo nord circa 214 milioni di anni fa. Fino all’estinzione di massa di 202 milioni di anni fa, le regioni tropicali e subtropicali più estese nel mezzo erano dominate da rettili, inclusi i parenti dei coccodrilli e altre creature spaventose».

Ma durante il Triassico, e per la maggior parte del Giurassico, le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica erano pari o superiori a 2.000 parti per milione, 5 volte i livelli odierni, quindi le temperature devono essere state calde. Non ci sono quindi prove di calotte polari e gli scavi hanno dimostrato nelle regioni polari crescevano foreste decidue. Tuttavia, alcuni modelli climatici suggeriscono che a volte le alte latitudini fossero fredde: «Anche con tutta quella CO2 – fanno notare i ricercatori – avrebbero ricevuto poca luce solare per gran parte dell’anno e le temperature sarebbero diminuite, almeno stagionalmente». Ma fino ad ora, nessuno ha prodotto alcuna prova fisica del loro congelamento.

La fine del Triassico, un periodo geologicamente breve di forse un milione di anni, vide l’estinzione di più di tre quarti di tutte le specie terrestri e marine del pianeta, comprese le creature con guscio, i coralli e tutti i grandi rettili. Alcuni animali che vivevano nelle tane, come le tartarughe e alcuni dei primi mammiferi, ce la fecero a sopravvivere. Non è chiaro cosa sia successo esattamente, ma molti scienziati lo collegano a una serie di enormi eruzioni vulcaniche che probabilmente durarono centinaia di anni di seguito. E’ il periodo in cui Pangea iniziò a dividersi, aprendo quello che oggi è l’Oceano Atlantico e separando quelle che ora sono le Americhe dall’Europa, dall’Africa e dall’Asia. Tra le altre cose, le eruzioni avrebbero fatto salire alle stelle l’anidride carbonica atmosferica oltre i suoi livelli già elevati, provocando picchi di temperature mortali sulla terraferma e rendendo le acque oceaniche troppo acide per la sopravvivenza di molte creature.

Gli autori del nuovo studio citano un terzo fattore: «Durante le fasi più violente delle eruzioni, i vulcani avrebbero eruttato aerosol di zolfo che hanno deviato così tanta luce solare da causare ripetuti inverni vulcanici globali che hanno sopraffatto gli elevati livelli di gas serra. Questi inverni potrebbero essere durati un decennio o più. Anche i tropici potrebbero aver visto condizioni di gelo sostenute. Questo uccisa i rettili non isolati termicamente, ma i dinosauri isolati e adattati al freddo sono stati in grado di resistere».

Le prove di questa teoria sono contenute nell’arenaria a grana fine e nelle formazioni di siltite lasciate dai sedimenti nei fondali poco profondi di antichi laghi nel bacino di Junggar.  Sedimenti che si sono formati 206 milioni di anni fa durante il tardo Triassico, mentre avveniva l’estinzione di massa e dopo. Allora, prima che le masse continentali si stabilizzassero, il bacino di Junggar si trovava a circa 71 gradi a nord, ben al di sopra del Circolo Polare Artico. Le impronte trovate dagli autori dello studio e da altri paleontologi dimostrano che i dinosauri erano presenti lungo le antiche coste artiche. Nel frattempo, nei laghi i ricercatori hanno trovato abbondanti ciottoli grandi fino a circa 1,5 centimetri di diametro all’interno dei sedimenti normalmente fini. Lontani da qualsiasi spiaggia, i ciottoli non avevano motivo di essere lì. L’unica spiegazione plausibile per la loro presenza e che fossero detriti trasportati dal ghiaccio (ice-rafted debris – IRD).

Gli IRD vengono creati quando il ghiaccio si forma contro una massa continentale costiera e incorpora frammenti di roccia sottostante. Ad un certo punto il ghiaccio si stacca e si allontana nel corpo idrico adiacente. Quando si scioglie, le rocce cadono sul fondo, mescolandosi ai normali sedimenti fini. I geologi hanno studiato a fondo l’antico IRD negli oceani, dove viene prodotto da iceberg glaciali, ma raramente nei letti dei laghi. Gli autori affermano che «I ciottoli sono stati probabilmente raccolti durante l’inverno, quando le acque del lago si sono congelate lungo le coste ghiaiose. Quando tornò il caldo, pezzi di quel ghiaccio galleggiarono via con campioni di ciottoli al seguito e dopo li lasciarono cadere». Per un altro autore dello studio, il geologo Dennis Kent del Lamont-Doherty, «Questo dimostra che queste aree si congelavano regolarmente e che i dinosauri se la cavavano bene».

Come hanno fatto? Dagli anni ’90 sono state raccolte prove che molti, se non tutti, i dinosauri non aviari, compresi i tirannosauri, avevano piume primitive. Se servivano a volare, alcune coperture di piume avrebbero potuto essere utilizzate per scopi di accoppiamento, ma i ricercatori ora div cono che «Il loro scopo principale era l’isolamento. Ci sono anche buone prove che, a differenza dei rettili a sangue freddo, molti dinosauri possedevano sistemi a sangue caldo e a metabolismo elevato. Entrambe qualità che avrebbero aiutato i dinosauri in condizioni di freddo».

Kent ipotizza che «Gravi episodi invernali durante le eruzioni vulcaniche potrebbero aver portato temperature gelide ai tropici, dove sembrano essersi verificate molte delle estinzioni di grandi vertebrati nudi e senza piume. Mentre i nostri begli amici pennuti si erano acclimatati a temperature più fredde alle latitudini più elevate».

I risultati dello studio mettono in dubbio l’immagine convenzionale dei dinosauri, ma alcuni eminenti specialisti dicono di condividere questa teoria rivoluzionaria. Tra loro c’è Stephen Brusatte, professore di paleontologia ed evoluzione presso l’Università di Edimburgo, che non ha partecipato allo studio ma lo ha commentato così: «C’è uno stereotipo secondo cui i dinosauri hanno sempre vissuto in lussureggianti giungle tropicali, ma questa nuova ricerca mostra che le latitudini più elevate sarebbero state gelate e persino coperte di ghiaccio durante alcune parti dell’anno. E’ capitato che i dinosauri che vivevano ad alte latitudini avessero già cappotti invernali mentre molti dei loro concorrenti del Triassico si estinsero».

Randall Irmis, curatore di paleontologia al Natural History Museum dell’Utah, è d’accordo: «Questa è la prima prova dettagliata dalle alte paleolatitudini, la prima prova per gli ultimi 10 milioni di anni del periodo Triassico e la prima prova di condizioni veramente ghiacciate. Le persone sono abituate a pensare che quello fosse un momento in cui l’intero globo era caldo e umido, ma non era proprio così».

Olsen conclude: «Il passo successivo per comprendere meglio questo periodo è che più ricercatori cerchino fossili nelle ex aree polari come il bacino di Junggar. La documentazione sui fossili è pessima e nessuno sta effettuando ricerche. Queste rocce sono grigie e nere, ed è molto più difficile cercare [fossili] in questi strati. La maggior parte dei paleontologi è attratta dal tardo Giurassico, dove è noto che ci sono molti grandi scheletri. Il paleo-artico è sostanzialmente ignorato».

Gli altri autori dello studio sono: Jingeng Sha e Yanan Fang dell’Istituto di geologia e paleontologia di Nanchino; Clara Chang e Sean Kinney del Lamont-Doherty Earth Observatory; Jessica Whiteside dell’università di Southampton; Hans-Dieter Sues della Smithsonian Institution; Morgan Schaller del Rensselaer Polytechnic Institute; e Vivi Vajda del Naturhistoriska riksmuseet svedese.