I dinosauri avevano la bronchite e il raffreddore

Una scoperta che rivela nuove ipotesi sulla respirazione dei dinosauri e sull’origine di malattie presenti ancora oggi negli uccelli moderni

[11 Febbraio 2022]

Le ossa del collo fossilizzate di un sauropode hanno mostrato per la prima volta che i dinosauri potrebbero aver sofferto di malattie respiratorie, i brontosauri potevano avere la bronchite e i Coelophysis prendersi il raffreddore.  A rivelarlo è stato Lo studio “The first occurrence of an avian-style respiratory infection in a non-avian dinosaur”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori statunitensi e canadesi che hanno scoperto un’antica infezione che ha consentito loro di capire di più su come respiravano questi giganti e su come le malattie si siano evolute per trarne vantaggio.

La nuova ricerca suggerisce che i dinosauri potrebbero essere stati vulnerabili alle malattie trasmesse dall’aria e gli scienziati lo hanno scoperto esaminando le ossa di un giovane dinosauro diplodocide, soprannominato Dolly, appartenete a una famiglia di animali tra le  più grandi che abbiano mai camminato sulla Terra ma che non erano immuni da malattie respiratorie.   I fossili di questo sauropode dal collo lungo, rinvenuti nel Montana, mostravano lesioni insolite che sono state interpretate come prove dell’airsacculite, una malattia infiammatoria causata da un’infezione che colpisce ancora oggi gli uccelli.

Il principale autore dello studio, Cary Woodruff dell’università di Toronto e della Montana State University-Bozeman, spiega: «Dati i probabili sintomi di cui soffriva questo animale, non puoi fare a meno di sentirti dispiaciuto per Dolly quando tieni tra le mani queste ossa infette.   Abbiamo tutti sperimentato questi stessi sintomi – tosse, difficoltà respiratorie, febbre – ed ecco un dinosauro di 150 milioni di anni che probabilmente si sentiva infelice come tutti noi quando siamo malati».

Sebbene non possa essere confermato, i ricercatori ipotizzano che «La malattia potrebbe essere stata causata da una grave infezione fungina, simile all’aspergillosi». Comprendere le malattie che hanno colpito i dinosauri può dare agli scienziati un’idea migliore di come si sono evolute le malattie odierne, fornendo nuove opzioni per combatterle.

La nostra conoscenza dei dinosauri proviene da una varietà di fonti. Oltre alle ossa, le impronte di dinosauro conservate, le feci fossili e persino la pelle possono essere utilizzate per capire che aspetto avevano gli animali estinti e come avrebbero potuto comportarsi. Gli scienziati possono anche fare paragoni con gli uccelli moderni, che discendono dai dinosauri e che per genetica,  scheletri e comportamento possono fornire indizi sui loro antichi parenti 66 milioni di anni dopo l’estinzione dei dinosauri.

Ma lo studio delle malattie che hanno colpito i dinosauri è più difficile: solo molto raramente si trovano  organi interni conservati nei fossili, la maggior parte delle conoscenze sulla malattia dei dinosauri proviene dalle ossa fossili che hanno tracce della malattia che li ha colpiti.

Nel 2020 i fossili di un Centrosaurus apertus, un parente del Triceratopo, hanno dimostrato che i dinosauri potevano avere un cancro osseo e precedenti scoperte che hanno evidenziato che potevano sviluppare neoplasie o crescita cellulare incontrollata. Dopo, è stato scoperto che l’osso della gamba di un titanosauro brasiliano conteneva parassiti fossilizzati, consentendo di dare uno sguardo al comportamento degli organismi patogeni nel Cretaceo.  Nel 2021, un gruppo di scienziati brasiliani ha trovato le prime prove di un’infezione respiratoria in un titanosauro eolosaurinide, il cui osso costale mostrava segni di polmonite, probabilmente a causa di un’infezione da tubercolosi. La struttura dell’osso ha mostrato somiglianze con l’osso midollare, una struttura che si forma nelle femmine degli uccelli quando sono pronte a deporre le uova. Sebbene la presenza dell’osso midollare nei dinosauri sia ancora dibattuta, è difficile sapere con certezza se quel titanosauro soffrisse o meno di polmonite.

I fossili di Dolly, costituiti da un teschio e parti del collo, sono stati scoperti nella Formazione Morrison, una sequenza distinta di rocce sedimentarie risalenti al Giurassico nel West Usa dove sono state ritrovate molte famose specie di dinosauri, tra cui Diplodocus carnegii. Anche se la specie alla quale apparteneva Dolly non è ancora nota, si ritiene fosse un diplodocidae, come Diplodocus, Apatosaurus e Brontosaurus, dinosauri che probabilmente avevano un sistema respiratorio simele a quello degli uccelli moderni, con sacche d’aria e ossa cave che consentivano loro di assorbire l’ossigeno durante l’inalazione e l’espirazione.

Durante l’esame delle vertebre di Dolly, gli scienziati hanno notato danni nelle aree dell’osso legate alla respirazione e  dicono che «Le lesioni non sembravano essere associate alla fossilizzazione, in quanto il danno non si estendeva oltre queste strutture ossee pneumatiche».

Poiché le ossa non mostravano segni di guarigione, i ricercatori credono che «La struttura anormale fosse associata a una malattia respiratoria cronica» e hanno ristretto a tre le possibili cause: neoplasia, airsacculite o pneumoconiosi, una malattia causata dall’inalazione di quantità significative di polvere o altro particolato. Tra queste,  credono che «L’airsacculite sia la causa più probabile. Le prove di neoplasia si sarebbero probabilmente estese oltre le strutture ossee pneumatiche, mentre vi sono prove limitate di eventi come eruzioni vulcaniche che avrebbero causato la pneumoconiosi».

In particolare, gli scienziati canadesi e statunitensi ipotizzano che «L’infezione della sacca d’aria possa essere stata causata da un fungo come l’Aspergillus , che prospera in ambienti umidi come quelli che probabilmente esistevano nell’area che oggi appartiene allo Stati Usa del Montana. Inoltre, è noto che le spore di Aspergillus esistevano già circa 50 milioni di anni fa, anche se mancano ancora 100 milioni di anni per arrivare a quando Dolly era in vita.

Dato che Dolly era ancora una giovane quando è morta, è possibile che l’infezione possa essere stata la causa della morte.  Oltre a confermare la presenza di malattie respiratorie, questo giovane dinosauro aiuta i paleontologi a capire meglio come respiravano i sui simili e come si sono evolute le malattie che colpiscono ancora oggi gli animali e che possono essere trasmesse agli esseri umani.

Woodruff conclude: «Questa infezione fossile di Dolly non solo ci aiuta a ripercorrere indietro nel tempo la storia evolutiva delle malattie respiratorie, ma ci dà una migliore comprensione di quali fossero i tipi di malattie ai quali erano suscettibili ai dinosauri».