I delfini non sono buoni: i maschi infanticidi di Tybee Island (FOTOGALLERY)

L’attacco di due tursiopi maschi ad una mamma e al suo cucciolo subito dopo il parto

[20 Luglio 2015]

Nella letteratura scientifica sono state documentate nascite di cetacei selvatici solo per alcune specie che includono diversi misticeti (balena franca, Eubalaena glacialis;  megattera, Megaptera novaeangliae;  balena grigia,  Eschrichtius robustus ) de negli e odontoceti (capodoglio, Physeter catodon : Beluga, Delphinapterus  leucas; pseudorca, Pseudorca crassidens ; orca, Orcinus orca). Sorprendentemente, anche se sono tra le specie di cetacei più studiate, non c’erano osservazioni di  nascite in natura di tursiopi (Tursiops truncatus), ma il 23 agosto 2013 questa lacuna è stata colmata da un team di ricercatori della Savannah State University e del Woods Hole Oceanographic Institution che sono stati anche testimoni per la prima volta di un possibile tentativo di infanticidio  al largo di Tybee Island, in Georgia. Nello studio “First observed wild birth and acoustic record of a possible infanticide attempt on a common bottlenose dolphin (Tursiops truncatus)” pubblicato recentemente Marine Mammal Science i ricercatori statunitensi sottolineano che il loro rapporto è unico sotto diversi aspetti: «Primo, abbiamo assistito alla nascita del cucciolo; secondo, abbiamo osservato un comportamento infanticida quasi subito dopo; terzo, abbiamo ottenuto le registrazioni acustiche in concomitanza con il possibile comportamento infanticida. Le nostre osservazioni forniscono informazioni sul un possibile comportamento aggressivo, infanticida, nei tursiopi».

L’infanticidio, in cui degli individui uccidono cuccioli conspecifici, è molto diffuso nel regno animale ed è stato descritto in diverse specie di mammiferi, compresi i  tursiopi, ma fino ad ora i pochi attacchi ai cuccioli osservati in natura riguardavano piccoli che avevano un’età variabile tra i pochi giorni e meno di un anno, quando hanno già raggiunto un terzo delle dimensioni di un adulto. Non esistevano rapporti precedenti su un attacco ad un cucciolo pochi minuti dopo la sua nascita.

Il team di ricercatori ha prima trovato un gruppo di 5 delfini e poco dopo hanno visto l’acqua tingersi di un o liquido rosso, che presumono fosse il sangue dalla placenta. Quasi immediatamente altri 4 tursiopi si sono uniti al gruppo e 4 minuti dopo la nascita gli scienziati hanno assistito ad una forte attività dei cetacei in superficie «compreso il neonato che veni spinto sott’acqua da altri animali e poi trasportato alla superficie sul dorso della madre», che aveva il cordone ombelicale ancora attaccato al cucciolo.

La femmina partoriente era stata già identificata nel 2010 durante un censimento dei tursiopi, quando era accompagnata da un altro cucciolo. Anche altri due membri del gruppo erano stati identificati ed erano insieme in 4 avvistamenti avvenuti nel 2010 e nel 2011, nel corso dei quali non era mai stato visto un cucciolo. I due tursiopi sono stati identificati come maschi e si presume siano una coppa di “amici”, alleanze che rappresentano un’unità sociale nota in altre popolazioni di delfini. I ricercatori avevano visto i due maschi fiancheggiare la femmina incinta già un’ora e mezzo prima della nascita del cucciolo, ma non si aspettavano certo quello che sarebbe successo poco dopo.

Quattro minuti dopo la nascita la femmina ha iniziato a spingere ripetutamente in superficie il cucciolo, mentre i due maschi si avvicinavano da dietro e cercavano di spingerli sotto. Ma la mamma tursiope  cercava di tenere i neonato sulla schiena, nonostante i due maschi aumentassero i tentativi di annegare il cucciolo. Nei primi 30 minuti che i due maschi si sono inseriti nel gruppo ci sono stati 5 attacchi al cucciolo e la mamma ha adottato diversi atteggiamenti difensivi per evitare che il neonato venisse affogato. Tra l’atro questo comportamento contrasta con i precedenti infanticidi noti, durante i quali i delfini adulti maschi uccidono i cuccioli a testate o lanciandoli in aria.

Nelle due ore e mezzo successive i ricercatori non hanno visto  altre aggressioni al neonato,    «Anche se – scrivono – sulla base delle registrazioni acustiche, abbiamo ragione di credere che l’aggressione possa essere continuata. All’inizio del avvistamento, eravamo a 10-50 m dei delfini, ma poi ci siamo trasferiti a circa 100-300 metri di distanza, in modo da non influenzare le interazioni della madre con il suo cucciolo. E’ probabile che a queste distanze maggiori fossimo troppo lontani per osservare attività aggressive, soprattutto se accadevano sotto la superficie.

Quello che è certo è che  due maschi sembrano aver pianificato l’attacco infanticida già prima della nascita e che dopo i primi violenti attacchi in superficie hanno continuato a seguire mamma e cucciolo nelle successive 2 ore e mezzo. I ricercatori dicono che «E’ possibile che l’intenzione dei maschi fosse quella di accoppiarsi con la madre anziché agire aggressivamente verso il cucciolo. Tuttavia, l’impressione immediata dei ricercatori sul  campo e l’analisi del video è stata che si trattava di un tentativo di infanticidio. Inoltre, questa ipotesi alternativa non è supportata dalle nostre osservazioni multiple di individui che stavano affogando il cucciolo, seguiti dai tentativi della madre di sollevare il cucciolo  fuori dall’acqua. E’ chiaro che, anche se i maschi stavano prendendo di mira la madre, il neonato era in pericolo immediato, visto che i maschi gli saltavano addosso e che la madre spesso è emersa con il neonato sulla testa o sulla schiena. L’accoppiamento e l’infanticidio non si escludono a vicenda; infatti, ci si aspetterebbe una loro coincidenza, poiché si può tentare di uccidere il cucciolo per rendere la madre ricettiva».

Comunque il neonato il giorno dopo, il 24 agosto 2013, era ancora vivo e si era riformato il gruppo con gli altri 4 individui del giorno precedente, due dei quali sembravano maschi.

Non si sa però se il cucciolo sia sopravvissuto a lungo all’attacco e l’unica osservazione precedente in natura di un cucciolo di tursiope sopravvissuto ad un comportamento infanticida (Robinson 2014) è finito male: al momento della sua morte prematura il piccolo mostrava una grave scoliosi, probabilmente dovuta alle lesioni subite durante l’attacco.

Comunque il violento episodio di Tybee Island ha consentito ai ricercatori di registrare i richiami dei tursiopi  circa 1 minuto dopo la nascita, interazioni che sono continuate per la maggior parte del periodo di osservazione, per un totale di circa 2 p ore e 10 minuti e dicono che «Questo evento è stato una rara opportunità di registrare i delfini in un contesto aggressivo sconosciuto. Anche se diversi studi in cattività delfini comuni hanno documentato vari suoni a impulsi associati a contesti aggressivi), è impegnativo documentare contesto specificità di suoni in delfini selvatici, data che trascorrono la maggior parte del loro tempo fuori dalla vista dei ricercatori».  Incrociando i dati con quelli di altri studi in natura e negli acquari, ne è venuto fuori che «Nel complesso, i dati acustici dall’evento dell’infanticidio sostengono l’idea che i suoni a bassa frequenza sono associati ai comportamenti aggressivi».

I ricercatori statunitensi concludono: «Il nostro studio fornisce intuizioni uniche su diversi aspetti del comportamento del tursiope. Primo, questo è l’unico rapporto pubblicato in letteratura di un parto in diretta di un tursiope selvatico, che indica che le nascite tursiope sono poco appariscenti. Secondo,  i maschi possono monitorare lo stato riproduttivo delle femmine, come evidenziato dal fatto che i maschi sono stati osservati con la madre 1,5 h prima della nascita del cucciolo, in combinazione con l’immediatezza del comportamento infanticida. Terzo, gli attacchi possono svolgersi sott’acqua, senza scagliare i cuccioli in aria; in tal modo, il comportamento infanticida può verificarsi ad un tasso superiore a quello precedentemente indicato in  letteratura. Dal momento che abbiamo osservato un’interazione aggressiva e la sommersione del cucciolo  quasi subito dopo la nascita, riteniamo che era fosse più probabile un tentativo di infanticidio che un evento di accoppiamento. Anche se non vi è alcun modo di sapere quale fosse l’intenzione dei maschi, il risultato è stato un pericolo imminente per il neonato».