I conflitti uomo – fauna selvatica e la vulnerabilità di fronte al cambiamento climatico

Il caso degli elefanti e delle persone della Kavango Zambezi Transfrontier Conservation Area

[28 Dicembre 2021]

Lo studio “Wildlife impacts and changing climate pose compounding threats to human food security”. Pubblicato recentemente su  Current Biology da un team di ricercatori statunitensi e africani affronta una  questione centrale nelle scienze della conservazione: Il conflitto uomo-fauna selvatica. Alla Northern Arizona University (NAU) sottolineano: «Che si tratti di reintrodurre i lupi negli ecosistemi chiave degli Stati Uniti sud-occidentali, che stanno avendo un impatto sul bestiame e sugli allevatori di bestiame, o la sfida continua degli elefanti che vivono accanto alle comunità della savana africana, gli effetti di questo conflitto sui mezzi di sussistenza delle persone possono essere significativi. Nei territori africani in cui le popolazioni umane in crescita ed elefanti competono per risorse limitate, ad esempio, il conflitto uomo-elefante provoca la perdita del raccolto e può persino provocare lesioni e morte umane e la conseguente uccisione di rappresaglia della fauna selvatica». Però, nonostante tutto ciò che si sa sulle sfide del conflitto uomo-fauna selvatica misurare il suo impatto sui mezzi di sussistenza umani è complicato. Il team internazionale ha studiato per 3 anni le dinamiche tra fauna selvatica, persone e ambiente nella Kavango Zambezi Transfrontier Conservation Area, la più grande area di conservazione transfrontaliera terrestre del mondo, che si estende in 5 Paesi africani: Angola, Zambia, Namibia, Botswana e Zimbabwe.

Lo studio, condotto dal team guidato da Jonathan Salerno della Colorado State University e finanziato dalla National Science Foundation, ha coinvolto scienziati delle università del Colorado – Boulder, Louisville, California – Berkeley, North Carolina – Wilmington, Botswana, Namibia, Stellenbosch e Griffith University e di The Nature Conservancy South Africa e  Department of National Parks and Wildlife of Zambia ha utilizzato approcci interdisciplinari in un’ampia area di studio per comprendere meglio come il cambiamento climatico interagisce con il conflitto uomo-elefante per influenzare insicurezza alimentare domestica ed è arrivato alla conclusione che «Gli impatti della fauna selvatica e il cambiamento climatico pongono minacce aggravanti alla sicurezza alimentare umana».

I ricercatori spiegano che «Gli obiettivi del progetto erano identificare le condizioni e i modelli socioecologici che influenzano la vulnerabilità delle famiglie e della comunità e determinare i punti cruciali che possono aiutare a mitigare il modo in cui le decisioni sull’uso del suolo e il cambiamento della copertura del suolo influenzano la vulnerabilità nell’area di conservazione transfrontaliera dello Zambesi di Kavango nel sud dell’Africa».

Per caratterizzare come gli indicatori di vulnerabilità modellano le decisioni sull’uso del suolo da parte dei piccoli proprietari terrieri, gli scienziati statunitensi e africani hanno messo insieme sondaggi realizzati tra le famiglie e mappatura partecipativa. Poi hanno integrato dati su ambiente, fattori di mercato, politiche e sussidi governativi, cultura ed etnia e presenza e intervento di organizzazioni non governative con le immagini telerilevate per confrontare i trend dell’utilizzo del suolo e del cambiamento della copertura del suolo con i fattori socioecologici, migliorando così la comprensione della vulnerabilità,

Salerno  spiega che «Il progetto nel suo insieme è focalizzato sulla comprensione della vulnerabilità umana e della capacità di adattamento nel contesto del cambiamento ambientale. Avere una visione a livello di sistema di questo problema è importante perché stiamo studiando la vulnerabilità umana, che può essere definita e influenzata da molte cose diverse».

Un’altra importante scoperta dello studio è stata che le persone che vivono all’interno delle comunità colpite hanno la capacità di adattamento per raccogliere risorse alimentari e attutire gli impatti del conflitto con gli elefanti e delle stagioni delle piogge sempre più brevi. Ma i ricercatori avvertono: «Sebbene le singole comunità possano essere resilienti, le istituzioni più grandi come i governi e le organizzazioni umanitarie non supportano attualmente in modo sufficiente strategie efficaci di mitigazione o riduzione del rischio per le famiglie». Inoltre, il team sostiene che «Per sostenere la conservazione degli elefanti della savana africana, oltre alla protezione dell’habitat, occorrono risorse e finanziamenti appropriati destinati a programmi di mitigazione dei conflitti uomo-fauna selvatica».

Uno degli autori dello studio è Duan Biggs della School of Earth and Sustainability, della NAU, nato e cresciuto nell’Africa meridionale, è un leader internazionale per la conservazione della fauna selvatica ed è il fondatore di Resilient Conservation, un gruppo di ricercatori che lavorano attivamente nell’interfaccia tra scienza, politica e pratica per consentire risultati di conservazione innovativi nel nostro mondo multiculturale in rapida evoluzione, concentrandosi sullo sviluppo di partenariati tra ricercatori e ONG, governi e settore privato per una scienza che informi lo sviluppo di azioni e politiche di conservazione realizzate con e dalle comunità locali ed è proprio lui a concludere: «I nostri risultati che evidenziano la dipendenza di uomini ed elefanti dalle stesse risorse, specialmente durante la siccità, mostrano che dobbiamo affrontare contemporaneamente la sfida della coesistenza uomo-elefante e degli adattamenti locali ai cambiamenti climatici».