Grave degrado politico-amministrativo dell’Ente di gestione Aree protette del Ticino e del Lago Maggiore

Le associazioni ambientaliste e animaliste piemontesi: «Situazione inaccettabile a cui va posto al più presto rimedio»

[17 Settembre 2021]

L’Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore gestisce oggi 31 tra aree protette e siti Natura 2000 del quadrante nordorientale del Piemonte, nel territorio di 4 provincie (Biella, Novara, Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola) in 60 Comuni posti lungo la riva piemontese del Lago Maggiore e del Ticino fino al confine regionale. In un comunicato congiunto, Club Alpino Italiano Tutela Ambiente Montano (Cai – TAM), Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra, LAV, Lega per l’abolizione della caccia (Lac), Legambiente, Lida, Lipu, Mountain Wilderness Piemonte, OIPA, Pro Natura Piemonte, SOS Gaia, Wwf «esprimono grande preoccupazione di Gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore, che comprende anche le aree del Biellese e del Vercellese: una situazione che riteniamo inaccettabile ed a cui va posto al più presto rimedio».

Le associazioni ambientaliste e animaliste piemontesi ricordano che «Le attuali difficoltà nell’Ente di Gestione del parco sono cominciate con l’accorpamento voluto dalla Regione Piemonte nel 2015, quando un unico Ente di Gestione è stato chiamato ad amministrare aree protette molto diverse tra loro e quindi con specifiche necessità di protezione e gestione. In particolare, i nuovi meccanismi di voto non sono stati in grado di assicurare la rappresentanza nel Consiglio Direttivo delle varie comunità, al punto che all’esito delle elezioni del dicembre 2019 il Parco del Ticino (che da solo rappresenta quasi il 50 % della superficie protetta) non ha avuto nemmeno un consigliere su otto (nel 2015 ne aveva avuto solo 1). E le conseguenze, negative, si sono immediatamente viste. Per porre rimedio a questa situazione, numerosi Comuni ed Associazioni del territorio hanno predisposto la proposta di legge n. 133/2021 attualmente all’esame del Consiglio Regionale, proposta di legge che prevede nuovamente la separazione e che auspichiamo venga al più presto accolta».

Intanto, all’inizio del 2020 è entrata in carica la nuova dirigenza dell’Ente e negli ultimi 18 mesi le associazioni hanno monitorato l’attività dell’Ente e dicono che «Non è stato in grado di far fronte a tutti i propri compiti istituzionali o lo stia facendo con grave ritardo. Il Consiglio Direttivo nel corso del 2020 si è riunito solo 10 volte, nel 2021 – e siamo a fine agosto – solo 4, ha emesso pochissime delibere e non è stato in grado di assumere nessuna decisione su molti dei grandi dossier aperti, decidendo in molti casi “di non decidere“  in particolare sulle questioni riguardanti il Parco del Ticino, trattato come la Cenerentola tra le aree protette gestite».

Gli ambientalisti e animalisti piemontesi fanno notare che «Se la dirigenza è poco presente e non agisce in prima persona dando impulso all’attività dell’Ente, con l’emissione degli atti di propria competenza (i decreti presidenziali assimilabili alle delibere della Giunta nei comuni) e non convoca i consigli direttivi, portando le varie questioni all’attenzione dei consiglieri, tutta la macchina si ferma. Riteniamo che per guidare un parco siano necessarie – oltre alla conoscenza del territorio –  competenza, impegno e passione: fino all’inizio degli anni 2000 le comunità dei parchi sono state in grado di selezionare e proporre amministratori con queste caratteristiche, poi con gli accorpamenti ha prevalso la logica dello spoils system e dell’appartenenza politica con nomine spesso calate esclusivamente dall’alto. E se le cose non vanno nella governance dell’Ente è compito della Regione e dei Comuni che compongono la Comunità del Parco intervenire per porvi rimedio (negli Enti di gestione dei parchi non esiste una minoranza politica che svolga funzioni di controllo). La nuova dirigenza, nell’anno e mezzo appena trascorso, si è purtroppo dimostrata non completamente all’altezza di condurre una macchina complessa come quella dell’Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino, del Lago Maggiore, del Biellese e del Vercellese, non raggiungendo quasi nessuno degli obiettivi più importanti: non ha ancora provveduto a avviare le procedure per nuove assunzioni, non ha portato avanti importanti dossier (Montelame, Villa Picchetta, Bosco Vedro, Garzaia di Rio Druma), non ha bandito alcune importanti gare d’appalto».

Le 12 associazioni piemontesi sottolineano che «A fine 2021 scadrà l’incarico e il Consiglio di Amministrazione avrà l’occasione per riaffermare la propria centralità nella gestione dell’Ente e recuperare efficienza non rinnovando l’incarico. Ricordiamo che tra le varie finalità di un Ente di Gestione delle Aree protette, vi sono compiti fondamentali per la tutela e la gestione, come ad esempio, la Pianificazione e definizione dei Piani d’Area, la Vigilanza, la Gestione della rete Natura 2000 attraverso la redazione di appositi piani di conservazione della biodiversità e verifica del loro rispetto, il censimento della fauna selvatica ai fini di tutela e/o contenimento anche rispetto alle attività agricole e silvo-pastorali, la ricerca e la divulgazione delle specificità delle aree tutelate».

Gli ambientalisti e animalisti concludono: «La forte criticità in cui versa l’attuale gestione dell’Ente delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore è sintomatica di una situazione diffusa nel panorama Piemontese: diversi altri analoghi enti, a causa principalmente della carenza di personale incrementata dai pensionamenti degli ultimi anni, mostrano purtroppo difficoltà nel mantenere ed incrementare realmente gli obiettivi costitutivi per cui sono nati. Le associazioni chiedono quindi un generale deciso cambio di passo per riportare gli Enti di gestione ad essere nuovamente il motore della tutela e conservazione di tutte le aree protette della Regione, rispondendo al meglio a tutti gli importanti compiti per cui sono stati pensati ed attuati».