Godzilla e i girini: come gli anfibi italiani rispondono a un predatore alieno

Uno studio sulla reazione di larve e girini di 13 specie di anfibi italiani di fronte al gambero americano invasivo

[28 Settembre 2021]

Lo studio “Visual recognition and coevolutionary history drive responses of amphibians to an invasive predator”, pubblicato su Behavioral Ecology da  Andrea Melotto, Gentile Francesco Ficetola, Elisa Alari, Samuele Romagnoli e Raoul Manenti del Dipartimento di scienze e politiche ambientali dell’università degli Studi di Milano, ha  studiato la capacità delle 13 specie che compongono le comunità di anfibi delle acque dolci del Nord Italia di riconoscere un predatore non autoctono, il gambero di fiume americano (Procambarus clarkii) e di esprimere risposte comportamentali per sfuggirgli.

Le specie di studio includevano 5 caudati e 8 anuri: salamandra pezzata (Salamandra salamandra) salamandrinaa dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata), tritone punteggiato (Lissotriton vulgaris), tritone crestato italiano (Triturus carnifex), tritone alpino (Ichthyosaura alpestris), rana agile italiana (Rana latastei), Rana agile (Rana dalmatina), Rana appenninica (Rana italica), Rana alpina (Rana temporaria), Rana verde (Pelophylax kl. esculentus), raganella (Hyla intermedia), rospo comune (Bufo bufo) e rospo smeraldino (Bufo viridis complex). Tutte le specie sono state raccolte nella pianura padana o nell’Appennino settentrionale in Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, in un’area che ospita una ricca rete idrografica in cui i boschi di latifoglie si intrecciano con aree urbane e agricole.  I ricercatori sottolineano che «In queste regioni, il gambero di fiume europeo, Austropotamobius pallipes , che è un predatore anfibio che generalmente vive in piccoli corsi d’acqua, era storicamente comune. Tuttavia, il gambero europeo ha subito un rapido declino nell’ultimo secolo, a causa della modifica dell’habitat, della pesca e della diffusione di agenti patogeni, ed è ora estinto nella maggior parte del suo areale storico. Per verificare se la storia coevolutiva con il gambero autoctono consente agli anfibi di rispondere ai gamberi invasivi, abbiamo selezionato popolazioni di anfibi nidificanti in siti all’interno di bacini idrografici che hanno ospitato in passato il gambero europeo».

Tra la primavera e l’estate 2018, il team dell’università di Milano  ha raccolto 12 larve da due popolazioni per ciascuna delle 13 specie di anfibi (totale: 26 popolazioni, 312 individui) in stadi  intermedi del loro sviluppo e tutte provenienti da popolazioni in aree dove il gambero europeo è estinto da almeno un decennio  o naturalmente assente  (anfibi senza storia coevolutiva). Inoltre, tutte le larve di anfibi provenivano da popolazioni non invase dai gamberi alieni e «Questo ha permesso di escludere potenziali effetti dell’esperienza individuale nei confronti di qualsiasi predatore di gamberi, o la possibilità di una recente risposta evolutiva al gambero invasivo».

Durante i test comportamentali i ricercatori hanno monitorato la variazione dell’attività e dell’uso dello spazio da parte delle larve di anfibi ingenue esposte a una combinazione di stimoli visivi e chimici del gambero americano, che è una grave minaccia per la biodiversità di acqua dolce. Gli scienziati milanesi volevano valutare come varia la risposta al predatore alieno tra le diverse specie;   qual è il ruolo svolto dagli stimoli visivi e chimici dei predatori rispetto alla valutazione del rischio e al comportamento antipredatorio nelle prede anfibie autoctone; se la variazione interspecifica nelle risposte antipredatore può essere spiegata dall’ipotesi della generalizzazione o dall’ipotesi della risposta generica. I ricercatori spiegano ancora che «L’ipotesi della generalizzazione prevede migliori risposte antipredatore negli anfibi che si sono co-evoluti con un predatore nativo simile (cioè il gambero di fiume europeo), mentre l’ipotesi della risposta generica prevede risposte comparabili tra le specie». I modelli multivariati bayesiani hanno mostrato che i tre tratti comportamentali analizzati erano diversamente influenzati dagli stimoli dei gamberi.

Ne è venuto fuori che, come scrive efficacemente Romagnoli sulla sua pagina Facebook, «Se vedo Godzilla alla mia finestra mi spavento e scappo a nascondermi sotto il letto… Così fanno anche i girini di ben 13 specie di anfibi italiani». Intanto, tanta gioia…anche se quando si parla di invasioni biologiche la gioia di veder pubblicato il frutto di tanto lavoro è sempre offuscata dai disastri naturali in atto».

Il ricercatore riassume d i dati del lavoro fatto per realizzare lo studio: «50.000 litri d’acqua movimentati; 312 larve testate; 2,496 test analizzati (13 specie X 2 popolazioni X 12 larve X 4 trattamenti X 2 repliche); 4,368 minuti di video analizzati (come vedere 22 volte Titanic)».

Lo studio ha dimostrato che «Le larve di anfibi ingenue hanno una straordinaria capacità di alterare il loro comportamento in presenza di nuovi predatori e di far luce sui meccanismi che consentono il riconoscimento dei predatori alieni. L’eterogeneità delle risposte comportamentali tra le specie e la presenza di strategie antipredatore diverse e persino contrastanti evidenziano l’importanza di considerare più tratti quando si studiano le interazioni predatore-preda. Questa eterogeneità delle strategie antipredatori era parzialmente correlata alla coesistenza di anfibi con un predatore simile, evidenziando che la storia evolutiva delle specie può influenzare la loro reattività verso nuove pressioni selettive. Tuttavia, anche se i predatori non nativi possono innescare l’espressione di una sorprendente varietà di cambiamenti comportamentali nelle specie autoctone, resta da accertare il potenziale di queste risposte nel promuovere la persistenza delle specie durante le invasioni biologiche. Il legame tra le risposte comportamentali misurate in laboratorio e la dinamica delle popolazioni selvatiche rimane una questione importante se si vuole prevedere l’impatto a lungo termine delle specie invasive. Ulteriori ricerche dovrebbero indagare l’efficacia delle risposte comportamentali delle prede autoctone nel resistere ai predatori invasivi e verificare se le tendenze della popolazione sono correlate alla capacità delle specie di esprimere comportamenti antipredatori».