Gli orsi polari che mangiano delfini. Colpa del cambiamento climatico? (FOTOGALLERY)

Nel Mar Artico senza ghiaccio i cetacei sostituiranno le foche come prede degli orsi?

[15 Giugno 2015]

Un team di ricercatori norvegesi e francesi, ha pubblicato su Polar Research lo studio “White-beaked dolphins trapped in the ice and eaten by polar bears” nel quale descrivono alcuni episodidi predazione di lagenorinchi rostrobianco (Lagenorhynchus albirostris) da parte di orsi polari (Ursus maritimus).
Jon Aars e Magnus Andersen, del Norwegian Polar Institute, e Agnès Brenière e Samuel Blanc del Fram Centre ricordano che gli orsi polari dipendono dal ghiaccio marino, sul quale cacciano foche – soprattutto foche dagli anelli (Pusa hispida) e foca barbata (Erignathus barbatus) – ma che sono anche predatori opportunisti e spazzini con una lunga lista di specie nel loro menu. Ma quello che hanno visto il 23 aprile 2014 i ricercatori in un piccolo fiordo delle Svalbard, nell’Artico norvegese, è un avvistamento inedito: un orso polare maschio adulto predava due lagenorinchi rostrobianco, una delle specie di delfini più grosse – raggiungono i 3 metri di lunghezza e più di 300 kg di peso – che frequentano spesso le acque delle Svalbard in estate, ma che in precedenza in primavera non erano mai stati segnalati così a nord.
Secondo i ricercatori norvegesi e francesi i delfini potrebbero essere rimasti intrappolati nel ghiaccio a causa dei forti venti settentrionali che avevano soffiato sulle Svalbard nei giorni precedenti we probabilmente erano stati uccisi dall’orso quando erano emersi per respirare da una piccola apertura nel ghiaccio. «L’orso aveva consumato la maggior parte delle parti di un delfino – scrivono gli scienziati – Quando lo abbiamo osservato era in procinto di ricoprire di neve il secondo delfino per lo più intatto», un comportamento che «è generalmente considerato atipico per gli orsi polari». Durante l’estate e l’autunno del 2014 sono state avvistate nella stessa area almeno 7 diverse carcasse di lagenorinchi rostrobianco e secondo i ricercatori appartenevano probabilmente allo stesso branco che era rimasto intrappolato nel ghiaccio ad aprile. Successivamente 6 diversi orsi polari sono stati visti cibarsi dei resti di carcasse.
Su Polar Research il team di ricerca sottolinea che «Il riscaldamento dell’Artico sta cambiando in modo significativo l’ecosistema e le relazioni tra le specie». dato che l’habitat dell’orso polare si restringe, nei prossimi decenni, gli scienziati prevedono cambiamenti molto nell’area delle Svalbard e del Mare di Barents.
Gli orsi polari in alcune circostanze si nutrono di 5 pecie di grandi carogne di balene spiaggiate – Balaena mysticetus, Balaenoptera physalus, Eschrichtius robustus, Balaenoptera acutorostrata, Physeter macrocephalus – che frequentano l’Artico e sono noti attacchi ai beluga (Delphinapterus leucas) e narvali (Monodon Monoceros) vivi che invece hanno scelto l’Artico come loro habitat. Ma i Lagenorhynchus albirostris sono una specie che di solito si incontra nelle acque sub-artico e poco frequentemente nelle zone di mare ricoperte dai ghiacci.
Le Svalbard sono toccate da un ramo della corrente del Nord Atlantico si estende a nord lungo la costa occidentale di Spitsbergen, la più grande delle isole dell’arcipelago, che porta acqua più calda da sud, mentre le aree più orientali sono influenzate da correnti artiche fredde provenienti da nord-est, Dagli anni ’70 in poi le temperature del mare sono notevolmente aumentate nelle Svalbard nord-occidentali e negli ultimi 10 anni la copertura di ghiaccio nell’area del Mare di Barents è diminuita dal 14%.
La predazione di delfini è stata osservata e descritta nel corso di un programma di cattura e ricattura degli orsi polari e il primo episodio di aprile è stato registrato nel fiordo di Raudfjorden, con un orso che mangiava il grasso di una carcassa del lagenorinchi rostrobianco a circa 5 metri dalla riva, mentre i resti del secondo delfino erano a circa 50 metri più a sud e sempre a 5 m dalla riva. Accanto al primo delfino c’era una piccola apertura nel ghiaccio, di circa 60 per 75 centimetri. Il ghiaccio intorno al foro era spesso circa 20 cm e gli scienziati sottolineano che «Questo era l’unico luogo nel fiordo senza ghiaccio solido, e sembrava essere un foro di respirazione tenuto aperto dai delfini». Quindi anche il secondo delfino – quasi completamente divorato – potrebbe essere stato catturato nello stesso buco nel ghiaccio. L’orso bianco è stato sedato e i ricercatori hanno così visto che questo grosso maschio di circa16-20 anni, era molto magro ma si era riempito la pancia di carne di delfino e stava nascondendo il secondo esemplare sotto la neve, per diminuire la possibilità che la carcassa venisse trovata da altri orsi o da volpi polari, un comportamento strano, perché di solito gli orsi bianchi mangiano il grasso delle foche e poi abbandonano il resto agli uccelli spazzini e alle volpi.
La presenza di lagenorinchi rostrobianco in primavera alle Svalbard non era mai stata segnalata prima, perché i fiordi e lungo la costa del nord di Spitsbergen sono in un’area normalmente ricoperta di ghiaccio annuale. Quindi la presenza di delfini così a nord sarebbe dovuta alla mancanza di ghiaccio marino, poi i forti venti da nord avrebbero fatto congelare nuovamente il mare intrappolando i lagenorinchi e gli orsi ne hanno approfittato.
Quindi i branchi di questi delfini – formati in media da 6 esemplari ma che possono raggiungere anche i 200 individui – «possono localmente fornire una fonte significativa di cibo per alcuni orsi per un periodo di tempo più lungo, dopo un incidente – dicono i ricercatori – Data le dimensioni dei delfini, come prede sono più suscettibili di essere catturati dai maschi di orsi polari che dalle femmine. Un aumento di lagenorinchi rostrobianco nelle zone dove il ghiaccio marino si sposta verso nord può, data la dimensione significativa di questi animali, offrirebbe una nuova preda o carogne come fonte di cibo per gli orsi in un ambiente in cui l’accesso alle foche dagli anelli e alle foche barbate può declinare negli anni futuri».