Gli odontoceti cacciano in profondità usando il registro vocale fry

Il fantastico repertorio vocale evoluto dai cetacei dentati

[8 Marzo 2023]

Gli odontoceti – delfini, orche, focene e capodogli – sono abili predatori dal cervello grande, estremamente socievoli, cooperano e possono cacciare prede fino a 2 km di profondità (gli zifi anche oltre). Tutti questi straordinari comportamenti sono resi possibili  dal suono che viaggia lontano e velocemente in acque torbide e oscure e che permette agli odontoceti di comunicare tra loro e cacciare. Ma finora era rimasto un mistero come questi incredibili animali producano il loro ricco repertorio vocale nelle profondità marine. Il nuovo studio “Toothed whales use distinct vocal registers for echolocation and communication”, pubblicato su Science dai biologi danesi Peter Madsen ( Aarhus Universitet), , Coen Elemans (Syddansk Universitet) e dalla tedesca Ursula Siebert (Tierärztliche Hochschule Hannover), ha scoperto per la prima volta che nel loro naso hanno evoluto una nuova sorgente sonora azionata dall’aria, che è funzionalmente uguale alla laringe umana, che opera su diversi registri vocali come la voce umana.

Elemans, Madsen e la Siebert  dimostrano che «Gli odontoceti, come gli esseri umani, hanno almeno tre registri vocali; il registro vocale fry (noto anche come voce scricchiolante, che produce i toni più bassi), il registro di petto (che è la nostra normale voce parlante) e il registro in falsetto (che produce frequenze ancora più alte)». Elemans spiega che «Il vocal fry è un normale registro vocale che viene spesso utilizzato nell’inglese-americano. Kim Kardashian, Kate Perry e Scarlet Johannsen sono personaggi famosi che usano questo registro».

Secondo la nuova ricerca, gli odontoceti usano questo registro vocale per produrre i loro richiami di ecolocalizzazione per catturare la prede.

Elemans spiega ancora: «Durante il vocal fry, le corde vocali restano aperte solo per un tempo molto breve, e quindi ci vuole pochissima aria respirabile per usare questo registro». E Madsen  fa notare che «Questo risparmio  di aria lo rende particolarmente ideale per l’ecolocalizzazione. Durante le immersioni profonde, tutta l’aria viene compressa a una minuscola frazione del volume che ha in superficie»

Alcune specie di odontoceti si immegono a grandi profondità e catturano più pesci dell’industria della pesca umana. Quando cacciano nelle acque profonde e torbide, producono brevi, potenti clic di ecolocalizzazione ultrasonica a una velocità fino a 700 al secondo per localizzare, tracciare e catturare la preda.

Madsen sottolinea che «Così i vocal fry consentono ai cetacei di accedere alle nicchie di cibo più ricche sulla terra: quelle dell’oceano profondo». Elemans aggiunge che «Mentre i vocal fry possono essere controversi tra gli esseri umani e possono essere percepiti come qualsiasi cosa, da fastidiosi a autorevoli, senza dubbio hanno reso gli odontoceti una storia di successo evolutivo».

Prima si pensava che gli odontoceti emettessero suoni con la laringe proprio come gli altri mammiferi, ma 40 anni fa è diventato chiaro che non è così; in qualche modo usano il naso per produrre suoni. Nel nuovo studio, utilizzando video ad alta velocità e attraverso endoscopi, il team di ricerca danese-tedesco ha scoperto cosa succede esattamente: «Gli odontoceti hanno evoluto un sistema di produzione del suono azionato dall’aria nel loro naso, che funziona fisicamente in modo analogo alla produzione del suono della laringe e della siringe nei mammiferi e negli uccelli, ma la sua posizione è tutt’altro che la stessa». Madsen spiega ancora: «L’evoluzione l’ha spostata dalla trachea al naso, il che ha consentito di fare pressioni molto più elevate – fino a 5 volte quelle che può produrre un trombettista – senza danneggiare i tessuti polmonari». Elemans conferma che «Questa elevato driver di pressione consente ai cetacei di emettere i suoni più forti di qualsiasi animale del pianeta”, aggiunge».

A profondità superiori a 100 metri, i polmoni dei cetacei collassano per evitare i problemi da compressione/decompressione e quindi non sono utili per l’approvvigionamento d’aria, e l’aria rimanente si trova nei passaggi nasali del cranio. Questo fornisce uno spazio aereo piccolo ma sufficiente per produrre un suono di ecolocalizzazione alla sorprendente profondità di 2000 metri e oltre. Durante l’ecolocalizzazione, gli odontoceti pressurizzano l’aria nel loro naso osseo e la lasciano passare in strutture chiamate labbra foniche che vibrano proprio come le corde vocali umane. La loro accelerazione produce onde sonore che viaggiano attraverso il cranio fino alla parte anteriore della testa. Oltre all’ecolocalizzazione, gli odontoceti emettono una vasta gamma di suoni utili per la loro complessa comunicazione sociale.

Madsen ricorda che «Alcune specie, come le orche e i globicefali, emettono richiami molto complessi che vengono appresi e trasmessi culturalmente come i dialetti umani».

Nel loro studio. i ricercatori dimostrano che questi suoni sono prodotti dalle labbra foniche che vibrano nel petto e nei registri del falsetto. Hanno filmato le labbra foniche utilizzando diversi approcci, si sono avvalsi sia delfini addestrati che di animali  selvatici che si muovevano liberamente con addosso un piccolo tag che registrava i loro suoni.

Elemans conclude soddisfatto: «Ci sono voluti quasi 10 anni per sviluppare nuove tecniche, raccogliere e analizzare tutti i nostri dati».