Gli ecosistemi marini sono entrati nell’Antropocene, lo dice lo zooplancton fossile

Cambiamenti nella composizione delle comunità di foraminiferi e probabilmente in alti biomi marini

[23 Maggio 2019]

I cambiamenti climatici causati dall’uomo influiscono sulla diversità delle specie e sugli ecosistemi, e gli ecosistemi marini non fanno eccezione. Per valutare esattamente come i cambiamenti climatici influenzano gli ecosistemi, il loro stato attuale deve essere confrontato con la situazione precedente agli impatti derivanti dalle attività antropiche. E’ quel che ha fatto lo studio “Global change drives modern plankton communities away from the pre-industrial state” pubblicato su Nature da un team di ricercatori del MARUM – Zen­trum für Ma­ri­ne Um­welt­wis­sen­schaf­ten dell’Uni­ver­si­tät Bre­men e dell’In­sti­tuts für Che­mie und Bio­lo­gie des Mee­res dell’Uni­ver­si­tät Ol­den­burg, dimostrando che le attuali associazioni di plancton marino nel presente sono nettamente diverse da quelle dell’epoca preindustriale. Secondo gli scienziati tedeschi, «Si può dire che il plancton marino è ora entrato nell’epoca dell’Antropocene».

I ricercatori hanno confrontato le composizioni dell’assemblaggi dei plancton fossili (foraminiferi) nei sedimenti dell’era preindustriale con quelli di epoche più recenti e spiegano che «I foraminiferi planctonici sono microrganismi che vivono sulla superficie degli oceani. Se muoiono, i loro involucri di calcio si depositano nei sedimenti del fondo marino. Questi foraminiferi fossili documentano lo stato degli oceani prima che gli esseri umani abbiano iniziato a influenzare il clima». Invece, lo stato delle cose odierno è deducibile dai campioni intrappolati nei sedimenti risalenti agli ultimi 50 anni. Confrontando le comunità di foraminiferi fossili e moderni, i ricercatori possono stimare quanto è cambiato il plancton in seguito all’industrializzazione.

I tre autori dello studio, Lukas Jonkers e Michal Kucera del MARUM ed Helmut Hillebrand dell’Università di Oldenburg, hanno confrontato oltre 3.700 dati provenienti dai sedimenti di epoca pre-industriale con campioni di plancton intrappolati nei sedimenti accumulatisi nel periodo 1978 – 2013 spettacolo e sono giunti alla conclusione che «L’attuale composizione della specie differisce sistematicamente da quella dell’era preindustriale». Jonkers spiega: «Possiamo davvero confrontare molto bene la distribuzione delle specie nell’era moderna con il passato. Non ci sono così tanti gruppi di zooplancton in cui i reperti fossili sono così ben conservati. In effetti, non penso che ce ne siano. La cosa sorprendente è che questa differenza non è casuale ma mostra un segno del riscaldamento globale: le comunità odierne nelle regioni in via di riscaldamento sono in linea con le comunità preindustriali delle regioni più calde, Ciò significa anche che le comunità di specie moderne nello stesso sito sono diverse dal quelle del periodo pre-industriale. Sappiamo da tempo che le comunità delle specie stanno cambiando, ma per molte comunità non ci sono dati comparabili affidabili e, soprattutto, dati globali a causa di osservazioni troppo brevi».  Ora questo è cambiato grazie ai dati analizzati: «Il dataset è grande e rappresentativo a livello globale – conferma Jonkers – La cosa allarmante è la constatazione che in molte regioni oceaniche le comunità di plancton sono ovviamente migrate “in acque straniere”, Lì devono adattarsi alle nuove condizioni e possibilmente riformare le loro reti alimentari. La domanda è, se possono farlo rapidamente, o se il cambiamento climatico è troppo veloce perché le comunità si adeguino. Mi aspettavo di vedere una differenza e un effetto di cambiamento globale, ma non mi aspettavo che il segnale sarebbe stato così chiaro».

Secondo Hillebrand, «La nostra cooperazione dimostra quanto sia importante lavorare insieme per la paleoecologia e la moderna ricerca sulla biodiversità. Il nostro studio aiuta a capire come i cambiamenti climatici influenzano la biodiversità. Questa è una delle principali domande poste dal recente rapporto globale del World Biodiversity Council».

Per David Field dell’Hawaii Pacific University che ha svolto ricerche sui foraminiferi planctonici ma non è stato coinvolto in questo studio, i risultati ottenuti dai ricercatori tedeschi indicano  che «Il riscaldamento ha iniziato ad avere un effetto sugli ecosistemi marini molto tempo fa, anche prima che stessimo ottenendo buoni risultati su di esso. In futuro dovremmo aspettarci molto più impatto del riscaldamento degli oceani sugli ecosistemi. Gli oceani continueranno a cambiare in modi che non abbiamo mai visto prima».

Jonkers è d’accordo e conclude: «La domanda è: cosa accadrà con il progredire del cambiamento climatico? Anche ad un grado [di cambiamento di temperatura], vediamo già grandi cambiamenti nei foraminiferi planctonici e probabilmente anche in altri biomi marini. Ciò significa che tutte queste specie devono adattarsi e, al momento, non sappiamo se possono, o se possono farlo abbastanza velocemente».

Le reazioni degli ecosistemi marini ai cambiamenti climatici saranno ulteriormente investigate dai ricercatori di Oldenburg e Brema nel cluster di eccellenza “Der Oze­an­bo­den – un­er­forsch­te Schnitt­stel­le der Erde”.