Gli alberi vampiro della Nuova Zelanda e la foresta come “superorganismo”

I ceppi dei Kauri più vecchi sopravvivono succhiando risorse agli alberi più giovani

[30 Luglio 2019]

Nello studio “Hydraulic Coupling of a Leafless Kauri Tree Remnant to Conspecific Hosts”, pubblicato su iScience,  Martin Bader e  Sebastian Leuzinger dell’Institute for applied eEcology New Zealand, School of Science dell’Auckland University of Technology (AUT) descrivono come un ceppo di kauri (Agathis australis) si mantiene in vita parassitando le radici degli alberi vicini, scambiando acqua e risorse attraverso il sistema radicale innestato. Lo studio descrive dettagliatamente come gli alberi più giovani mantengano vivi i ceppi tagliati di vecchi alberi, probabilmente in cambio dell’accesso a sistemi radicali più grandi e i due ricercatori neozelandesi dicono che «I risultati suggeriscono un passaggio dalla percezione degli alberi come individui alla comprensione degli ecosistemi forestali come “superorganismi”».

Leuzinger spiega: «Il mio collega Martin Bader e io ci siamo imbattuti in questo ceppo di albero di kauri mentre stavamo facendo un’escursione a West Auckland. Era strano, perché anche se il moncone non aveva fogliame, era vivo». Così Leuzinger e Bader hanno cercato di capire se e come gli alberi vicini tenessero in vita il tronco d’albero misurando il flusso d’acqua sia nel ceppo che negli alberi circostanti appartenenti alla stessa specie. E hanno scoperto che «Il movimento dell’acqua nel ceppo di albero era fortemente correlato negativamente con quello degli altri alberi».

Secondo Leuzinger, «Queste misurazioni suggeriscono che le radici del moncone e gli alberi cospecifici circostanti sono innestati insieme- Gli innesti radicali possono formarsi tra gli alberi quando un albero riconosce che un tessuto radicale vicino, sebbene geneticamente diverso, è abbastanza simile da consentire lo scambio di risorse. Questo è diverso da come funzionano gli alberi normali, nei quali il flusso d’acqua è determinato dal potenziale idrico atmosferico. In questo caso, il moncone deve seguire ciò che fanno gli altri alberi oppure utilizzare la pressione osmotica per indirizzare il flusso d’acqua, perché. poiché manca di foglie traspiranti, sfugge alla spinta atmosferica».

Ma mentre gli innesti di radice sono comuni tra alberi vivi della stessa specie, I ricercatori dell’AUT erano interessati a capire perché un albero di kauri vivo mantenga in vita un ceppo vicino. E Leuzinger sottolinea: «Per il moncone, i vantaggi sono evidenti: senza gli innesti sarebbe morto, perché non ha alcun tessuto verde di per sé. Ma perché gli alberi verdi dovrebbero mantenere vivo il loro nonno sul suolo della foresta mentre non sembra fornire nulla ai suoi alberi ospiti? Una spiegazione è che gli innesti radicali si siano formati prima che uno degli alberi perdesse le foglie e diventasse un moncone. Le radici innestate espandono i sistemi radicali degli alberi, consentendo loro di accedere a più risorse come acqua e sostanze nutritive. Aumentano anche la stabilità degli alberi sul pendio ripido della foresta. Quando uno degli alberi perde le sue foglie e smette di fornire carboidrati, questo può passare inosservato e quindi il “pensionato” è in grado di continuare la sua vita alle spalle degli alberi circostanti e intatti. Questo ha conseguenze di vasta portata per la nostra percezione degli alberi: forse non abbiamo davvero a che fare con gli alberi come individui, ma con la foresta come un superorganismo. Per esempio, durante una siccità, gli alberi con meno accesso all’acqua potrebbero essere collegati a quelli con più accesso all’acqua, consentendo loro di condividere l’acqua e aumentare le loro possibilità di sopravvivenza. Tuttavia, questa interconnettività potrebbe anche consentire la rapida diffusione di malattie come il dieback del kauri».

Per capire meglio come si formano i sistemi di radici tra ceppi di kauri tagliati e gli alberi vivi, Leuzinger afferma che spera di trovare più casi di questi tipi di ceppi e di poter studiare l’innesto delle loro radici negli alberi intatti, il che aiuterebbe ad espandere il campo di ricerca dell’AUT.

«Questo è un appello per ulteriori ricerche in questo settore, in particolare con  un clima che cambia e un rischio di siccità più frequenti e più gravi – conclude a Leuzinger – Questo cambia il modo in cui guardiamo alla sopravvivenza degli alberi e all’ecologia delle foreste».